«Come Bassi Maestro non ho più niente da dire» – Intervista a North of Loreto

Bassi Maestro

In occasione del live di North of Loreto insieme a Godblesscomputers, abbiamo avuto l’onore di fare quattro chiacchiere con Davide Bassi, conosciuto ai più come Bassi Maestro.

Proprio prima di iniziare l’intervista, Bassi ci conferma che al momento non ha più intenzione di esporsi pubblicamente in veste di “Bassi Maestro”, perché come ci ha raccontato lui stesso:

Come Bassi Maestro non ho più niente da dire. Di recente mi hanno chiesto un’intervista a Bassi Maestro come esperto della scena hip-hop old-school… ma io ho detto di no. Queste cose al momento sono decontestualizzate, non mi rappresentano più e non ho più nulla da promuovere come Bassi Maestro, non vedo perché lo dovrei fare. Magari faccio una serata, metto 45 giri come Bassi Maestro in un contesto particolare (come è successo recentemente a Milano in fiera), in quel caso l’intervista è contestualizzata e ci sta.

Davide Bassi ha le idee molto chiare su quello che vuole fare con la sua musica.

Di seguito trovate il resto delle domande a cui molto gentilmente ci ha risposto prima dell’esibizione a Bologna:

L’intervista a North of Loreto, navigando tra presente, passato e soprattutto futuro di Davide Bassi

Mentre come col personaggio di Bassi Maestro sei stato presente nella scena hip hop per 25-30 anni, il progetto North of Loreto invece esiste solo dal 2019. Dopo questo paio d’anni, nonostante le difficoltà legate al periodo, come valuti l’esperienza? Ritieni che dal pubblico questo tuo nuovo genere sia stato capito e apprezzato?

«È ancora un po’ presto per parlare di esperienza, non è ancora successo nulla in realtà. Sono tutti dei piccoli primi passi per cercare di canalizzare bene tutto questo lavoro artistico che in realtà spesso e volentieri magari rimane nel computer. Non c’è ancora una direzione definitiva per l’anno che viene. Ormai sappiamo che non possiamo pianificare. Ad esempio, questo evento di stasera lo abbiamo pianificato un anno fa non sapevo ancora cosa avrei fatto durante quest’anno. Ecco, diciamo che non è sufficiente il lavoro che è stato fatto in questi due anni per capire dove si poteva andare. Mi spiace solo di aver dovuto interrompere tutto l’aspetto live su cui avevo puntato il primo anno, col gruppo, che è stato un bell’inizio per quello che abbiamo potuto testare sul campo. Funzionava molto bene! Purtroppo al momento non si può più fare, ma anche perché c’è stato un cambio di traiettoria musicale che è andato più spostato un po’ più verso la roba “dritta”, verso la roba più “House” rispetto alle produzioni del primo disco che erano più Funk-elettronica, anche se è roba che comunque suono tanto nei set. Però a livello di discografia, l’ultimo anno e mezzo per ovvi motivi mi sono fatto le robe in casa ed è venuta fuori quella roba lì.»

In queste in queste due stagioni, secondo te, quanto è cambiata l’industria musicale? Cioè quanto ne ha risentito a livello economico? Sotto un certo punto di vista è ovvio che ci siano state delle rimesse per gli artisti soprattutto per via dei concerti vietati, però si sono anche aperti altri tipi di canali o altri tipi di modi per usufruire della musica. Uno di questi, che tu hai usato anche molte volte, è Twitch…

 «Secondo me sta alle persone cercare di capire in ogni situazione cosa si può fare. Per me quelli che si fermano completamente e dicono “adesso tanto non si può fare nulla” è una cazzata. Si può sempre fare qualcosa!

Nella scena hip hop in tanti tra l’altro hanno fatto proprio questo discorso molto plateale: “finché non ci fanno fare concerti, io non pubblico musica…”

«Per me la musica, soprattutto in questo periodo, non vive solamente di esibizioni dal vivo ma vive di tutta una serie di altre dinamiche. Twitch è stato uno sfogo. Per ovvi motivi, non potendolo fare dal vivo, lo fai in diretta per la gente a casa. In realtà quello mi è servito per costruire tutta una serie di altri concetti e di altri format che altrimenti non sarei riuscito a coltivare e a costruire. Non ultimo il fatto di riscoprire e di mettermi in relazione al 100% con tutta la mia collezione di dischi. Il mio di fatto è un Vinyl Channel

Perché nel 2021 azzardare una scelta di questo tipo e buttarsi sul vinile?

«Innanzi tutto perché mi piace. Ormai è da tantissimi anni che ho iniziato a suonare quasi esclusivamente col vinile. Uso il digitale solo in pochissime situazioni, come quella di questa sera dove secondo me il digitale per quello che faccio funziona meglio da un punto di vista della performance. Secondo me non ha non ha più senso usare delle vie di mezzo. Io per tanti anni ho suonato come tutti i dj con Serato. Secondo me un ibrido di questo senso, a livello di espressività musicale mia, non ha più senso. Quindi o esci con tutte le limitazioni del vinile e quindi con una scelta ben precisa e lì chiaramente devi decidere cosa metti e devi sapere bene cosa stai facendo. Oppure, fai una scelta come quella di questa sera, dove sei completamente digitale per fare un altro tipo di lavoro sulla musica. Parlo di riediting, di live, di cose che chiaramente con i vinili non si possono fare. Queste sono le due formule che mi affascinano al momento. Coi vinili suono ormai da 7-8 anni: ho ricominciato a suonare quasi esclusivamente vinili nelle serate. Mi sono detto, perché non portare questa realtà online? Anche perché in Italia sono l’unico a farlo. Per cui si è creato un bel circuito di gente a livello internazionale che si riconosce in questa cosa. Più o meno ci siamo conosciuti tutti, anche quelli che non si conoscevano già. Per lo meno siamo entrati in contatto, giorno dopo giorno. Ci sono stati anche tanti scambi interessanti: so che adesso in tanti posti ho dei riferimenti che magari prima non avevo.»

Per quanto riguarda il pubblico, tu sei passato da Bassi Maestro a North of Loreto. Il pubblico pensi che sia gente che ti seguiva come Bassi Maestro che ha seguito questo tuo cambiamento di traiettoria o sono persone nuove più affascinante magari dalla musica elettronica che ti hanno conosciuto direttamente come North of Loreto?

«Qualcuno, che mi è capitato anche recentemente di incontrare, conosce il progetto North of Loreto ma non ha mai sentito parlare di Bassi Maestro. Questa ovviamente è una piccola parte delle persone. La maggior parte della gente che mi seguiva (e mi segue ancora), è gente molto simile a me. Molto aperta mentalmente, che musicalmente ha voglia di ascoltare un po’ di tutto e non si dà dei grandi limiti. Probabilmente abbiamo dei gusti in comune e molta della roba che faccio, anche elettronica, probabilmente gli piace. Una buona fetta di pubblico che viene qua, è anche incuriosita di sentire delle cose diverse. Magari anche stufa di avere sempre la stessa roba: ricicli quella roba lì che sempre la stessa.»

Parliamo di musica elettronica. Noi sapevamo di te come un grande conoscitore di hip-hop, ma la musica elettronica l’hai sempre seguita o è una cosa che hai scoperto più avanti?

«Io l’ho sempre seguita. Quando ero ragazzino ho iniziato mettendo molta più roba elettronica e House che hip-hop, soprattutto alle serate. Questo fino ai primi anni 90. In realtà, ho sempre seguito quello che mi interessava quindi non ho mai seguito proprio tutti i movimenti. Come sentirete anche da stasera, io ho una selezione musicale molto precisa. Come ero molto chiuso nell’hip-hop, lo sono anche nella musica elettronica. Nella house music ci sono delle cose precise che mi piacciono e suono proprio quelle. Se si sfora un po’, non mi piacciono più. Per dirti, a me il Broken, tutta la roba inglese, la roba troppo “spezzettata”, troppo morbida, troppo “spostata”… non mi piace. Mi piace roba dritta, la House Classic, 909, Deep House, roba con dei bei sample. E poi chiaramente, negli anni 90 ho seguito tanto la scena francese perché era molto legata all’hip-hop. La French Touch con l’hip-hop è sempre andata a braccetto quindi quella parte l’ho seguita molto.»

Hai degli artisti di riferimento anche nella musica elettronica, magari dei giorni nostri?

«È come nell’hip-hop. Tutto quello che mi piace adesso è un riciclo di roba di 30 anni fa che si fa in versione 2.0. Non voglio spendere dei nomi attuali perché non mi sento di dire c’è un artista particolarmente rappresentativo della nuova scuola, che conosco poco. Però, posso dirti che tra produttori storici e leggendari c’è tutta la scena di Chicago. Oppure tutto quella parte di produzione della East Coast che può essere Steve Harley piuttosto che la scena di primi/mid 90 con Todd Terry… tutta gente comunque ancora attuale. Se tu dici Todd Terry o, non lo so, Kenny Dope non dici gente che è rimasta a 30 anni fa. Questi sono i miei riferimenti storici. È chiaro che nel mondo musicale di adesso sono tante le robe che mi piacciono. Però magari mi piace il pezzo e non mi piace la release o magari l’album nell’interezza.»

Con Godblesscomputers come vi siete conosciuti? Come nasce questa serata realizzata nel contesto di RoBOt (RBT-Lab)?

«Questa serata nasce come scommessa un anno fa. Una proposta che è stata poi accettata, che racchiude un sacco di realtà, possiamo definirla così, che appunto messe assieme hanno dato vita a questa residenza e queste produzioni. In realtà ci conosciamo da tanti anni per ovvi motivi anche se non abbiamo mai fatto assieme niente. Abbiamo tante conoscenze e tante radici comuni. Abbiamo fatto un po’ due percorsi opposti. Perché lui in realtà è partito dall’hip hop, è andato sull’elettronica ed è ritornato col progetto nuovo più sull’hip hop e sul sample. Io ho fatto la cosa opposta. Sono partito dal Djing più elettronico o pop degli anni 80 arrivando all’hip-hop, ho fatto tanti anni hip-hop, adesso sono tornato. Ci compensiamo, è veramente interessante il percorso.»

Quello di stasera è quindi un evento unico? Non avete in progetto di un tour assieme o qualcosa del genere?

«Per adesso è unico. Vediamo innanzi tutto la reazione di questa sera e soprattutto vediamo se c’è alchimia sul tipo di selezione che facciamo e se funziona quello che abbiamo preparato. Sicuramente c’è molta affinità musicale su tante cose e poi ci sono anche tante diversità e questo verrà fuori sicuramente soprattutto nella parte finale della serata»

Bassi-Maestro-Godblesscomputers-2

Come ci hai detto e ribadito, il progetto North of Loreto prende le distanze dalla scena hip-hop italiana più o meno…

«Si e no, ni.»

Nell’album c’era Ghemon, che comunque ha provenienza anche lui dall’hip-hop. La cosa che a noi è piaciuta moltissimo è la produzione per Gué Pequeno in Fastlife 4. È un tipo di collaborazione dove tu, non ti sei esposto proprio come Bassi Maestro…

«È stata una cosa così di partenza: io ho detto così o niente. Lui prima cosa mi ha chiesto una roba classica. Io gli ho detto: la roba classica no. Ho sempre detto di no in questi anni… Però con Guè ho potuto fare un altro tipo di discorso, perché è uno dei pochi che può capire quel mondo conoscendo molto bene sia gli anni 80 che tutti i riferimenti musicali americani che sono stati utilizzati negli anni 90. L’idea era proprio quella di rifare una roba di modern-soul elettronico, come hanno fatto Nas e Kool G Rap sostanzialmente con Fast Life ed è un po’ un tributo. Però il pezzo è completamente prodotto da zero, è tutto completamente suonato con le macchine originali. Quindi c’è un tributo che è nato con l’idea e la consapevolezza di entrambi di fare una roba di quel tipo lì, anche rappata in un certo modo. Però appunto, con lui posso fare una cosa tipo non potrei farla con tutti…»

Pensi di poter collaborare con altri artisti in questo modo?

«Sono pochissimi gli artisti con cui mi sentirei di collaborare adesso. Però non escludo di continuare a fare a delle produzioni che riguardino l’Italia non necessariamente con la scena hip-hop ma con anche magari la scena pop…»

Infatti in America The Weeknd sta spaccando, con queste sonorità anni 80…

«Il problema è che da noi The Weeknd non c’è, abbiamo Mahmood come tipo di rappresentanza di quel mondo un po’ R’n’B. Il problema è che purtroppo ci muoviamo su altre dimensioni. È brutto dirlo ma i riferimenti sono sempre quella roba lì. Alla fine, la scrittura, l’impostazione vocale, sono cose che arrivano dall’hip hop, non si scappa. Sono pochissimi i casi in cui si ha qualcosa di diverso a livello melodico o di scrittura. Anche nel pop. Il pop è l’hip-hop tradotto, scritto chiaramente dai rapper e cantato dei cantanti pop. Purtroppo in America questa cosa funziona meglio perché c’è un altro tipo di tradizione musicale. In Italia funziona meno secondo me. Alla gente però sembra che piaccia questa cosa per cui io non riesco a trovare un legame tra quello che c’è adesso in classifica e i miei gusti personali. C’è veramente poco che mi piace a parte pochissimi casi magari di roba indie-elettronica. Magari c’è il pezzo di Frah Quintale che mi fa volare per la produzione elettronica e lui che fa delle melodie pazzesche però son pochi i casi di italiani che mi piacciono veramente al momento. Cioè non c’è molto che mi interessa. Però non escludo in realtà collaborazioni di questo tipo.»

Dicevo solo che è un peccato che le tue produzioni, anche con questi riferimenti anni 80, non riescano a raggiungere un pubblico ampio come accade in America…

«Magari non è il momento. Magari non ce n’è bisogno in Italia. E io non ho più quel tipo di interesse, personalmente. Nel senso che voglio fare musica che mi piace. Cioè, anche se avessi la possibilità di collaborare forzatamente con degli artisti che non mi piacciono ma che mi portano visibilità piuttosto non lo faccio.»

Il futuro di North of Loreto?

«Eh bella domanda Non lo so…»

Volevamo sapere a livello di gestione delle pubblicazioni. Abbiamo visto fare un album intero e anche dei singoli…

«La pubblicazione di singoli continuerà. A breve uscirà un altro piccolo EP perché sono cose che comunque mi mantengono attivo. La cosa che mi piace moltissimo di North of Loreto è che sono arrivato nella condizione di poter fare un set completo praticamente suonando quasi esclusivamente materiale mio. Poi ovviamente questa sera sarà back-to-back, andando avanti metteremo su di tutto e di più. Però in realtà, tra ri-edit, remix, roba che ho nel computer, un po’ di ore di materiale esclusivo ce le ho. E questa cosa vorrei continuare a svilupparla. L’idea di poter fare dei set suonando della roba che non suona nessuno e che però ha lo stesso appeal di roba già sentita funziona. L’ho testato per la prima volta al Jazz ReFound. Ho fatto questa cosa e avevo anche un po’ paura: in realtà funziona e l’idea è sostanzialmente di integrare questo tipo di produzione lavorando anche dal vivo. Quindi lavorando sempre di più sul live making delle strutture dei beat. Quella è la direzione per quest’anno. Ovviamente mi piacerebbe lavorare su un disco, però devo ancora capire un po’ di cose, è un po’ presto per parlarne. Avevo delle idee e che poi mi sono completamente cambiate, ho fatto un passo indietro. Sto seguendo troppe cose al momento non riesco ad avere un’idea chiara su quello che devo fare.»

Noi non sapevamo che la tua decisione di uscire dalla scena hip-hop fosse così ferrea, quindi avrei avuto una serie di altre domande riguardanti progetti futuri in veste di Bassi Maestro, che a questo punto non ti sto neanche a fare…

«Assolutamente no, con l’eccezione della parte musicale che comunque non ho abbandonato. Il beatmaking hip hop rimane una parte viva e vitale delle della mia vita artistica perché per ovvi motivi lo continuo a fare in una serie di situazioni che possono essere il workshop, nelle scuole di musica… In quei contesti chiaramente si parla di beat, si parla di Hip Hop, si parla di storia dell’hip-hop, si lavora con i sample… Non è che posso dire “non lo faccio più”, però lo faccio con molti meno stimoli con cui faccio la roba invece di North of Loreto. È una roba che ho fatto per talmente tanti anni, che lo faccio un po’ ad occhi chiusi e non ho più quella passione di farlo. Però appunto non escludo che escano magari delle cose strumentali o delle produzioni down beat ma assolutamente non più legate al panorama hip hop ufficiale. Non faccio più la produzione rap per Gué Pequeno. Quella roba lì al momento non è calcolata anche se so che sarebbe il momento giusto per farla. Io arrivo sempre sfasato: adesso c’è il ritorno al boom-bap…»

Infatti quando il rap italiano andava in classifica, nel 2019, tu ti eri già allontanato dalla scena. Le tue ultime produzioni risalgono al 2017, con CVDM e Money For Dope, che comunque erano spaziali!

«Sì, era il 2017 perché ho smesso esattamente quattro anni fa, quando ho preso la decisione di smettere completamente concerti e poi pochi mesi dopo con le esibizione dal vivo che riguardassero l’hip-hop.»

Diciamo che però hai chiuso col botto, se posso dire la mia…

«Diciamo che ho chiuso prima di fare una brutta figura come tanti altri colleghi. A un certo punto, piuttosto che fare over exposing meglio fare un passo indietro, secondo me. Oppure rimani sul tuo come fanno dignitosamente tanti colleghi che non escono dal loro. Dj Shocca è Dj Shocca. Lo era 20 anni fa e lo sarà tra 10 anni. Rappresenta quello sempre in modo eccellente però è sempre lì.»

Proprio in una recente intervista infatti gli ho chiesto di questa cosa mi ha risposto: «Gli altri sono invecchiati bene. Ed io sono rimasto giovane»…

«E infatti è proprio quello il segreto. Poi appunto, io non ho più niente da dimostrare. A me non me ne fotte un c*zzo, faccio un po’ quello che mi piace. Quindi se domani non c’ho più voglia di fare North of Loreto e voglio fare un’altra roba, faccio un’altra roba. Nessuno mi deve dire niente. Se magari domani invece faccio il disco pop è svolto con North of Loreto e però il disco mi piace tanto meglio! Cioè Mark Ronson per me è una grande figura di riferimento in tutto questo. Mi sembra uno che ha sempre fatto roba che gli piace, che si sia sempre divertito, è un ottimo produttore, penso che abbia fatto i soldoni e che può fare tutto quello che vuole, sempre con un sacco di gusto. Sono delle figure che per me sono sempre dei bei riferimenti. Fai Uptown Funk: è brutto il pezzo? È una bomba! Ok hai vinto tu, perché il pezzo è figo! Tutta quella gente lì vincerà sempre, perché fa roba di qualità però con un appeal internazionale. Il contrario invece di quello che facciamo in Italia: facciamo roba di bassa qualità con un appeal nazionale»

Cogliamo l’occasione per ringraziare Davide Bassi ancora una volta per questa bella chiacchierata ricca di spunti di riflessioni e vi lasciamo il link per ascoltare Cruel Summer, ultimo brano prodotto come North of Loreto.