«Volevamo fare un disco hip-hop come si deve» – Intervista a Jack The Smoker e Big Joe

Jack The Smoker Big Joe Sedicinoni
Foto di Roberto Graziano Moro

Essere in major e voler realizzare un album 100% hip-hop, senza alcuna presenza di singoli catchy o featuring messi lì esclusivamente per accappiare qualche streaming in più, non è un avvenimento così frequente dalle nostre parti, anzi. Jack The Smoker e Big Joe non solo l’hanno fatto, ma hanno anche alzato il  livello, sia in termini di profondità delle lyrics che di performance del sound.

Parlando direttamente con loro due il giorno prima della release, abbiamo potuto addentrarci maggiormente all’interno di SEDICINONI, dal concept ai singoli brani, passando per specifici barre e sample, a testimonianza di quanti piccoli dettagli siano da apprezzare e valorizzare in un disco “importantissimo” tanto per Jack e Jojo quanto per tutti noi fan del genere.

La narrazione di SEDICINONI di Jack The Smoker e Big Joe raccontata in questa intervista

SEDICINONI. Parto con una domanda semplice per rompere il ghiaccio. Come è nata l’idea del concept dietro questo album?

Jack The Smoker: «Vengo spesso aiutato da qualcuno di esterno per “dare il titolo”. Io chiaramente metto tutta la ciccia, i contenuti, i titoli dei pezzi, però a volte faccio fatica a trovare il titolo del disco. Stavolta è venuto fuori assieme ai miei grafici, che mi conoscono bene e hanno lo studio con me. Già io e Joe ci dicevamo che il disco sembrava un film, una roba un po’ noir, solo che “Noir” come titolo era brutto secondo me, anche perché noir è solo una componente dei primi pezzi. Poi in questo summit con i miei grafici è uscita la roba dei sedicinoni. La copertina poi rappresenta a pieno il disco: è il filtro del cinema che racconta una colomba che vuole spiccare il volo, ma anche la storia di un ragazzo che vive nei palazzoni. L’album è questa roba qua».

Io l’ho trovato un disco bello compatto, a partire dalle strumentali, tutte accomunate da qualcosa, e passando ovviamente per le lyrics, per la maggioranza profonde. Non c’è stato troppo spazio per le strofe, mettiamola così, goliardiche, seppur qualche perla l’hai tirata, Jack. È tutto frutto del concept? 

JTS: «Allora, parlando di testi e sound, posso dirti che sono nati assieme. Nel senso, non è che lui mi ha mandato quindici strumentali, me ne mandava una alla volta. Quello che dico spesso è che i suoi beat aprono dei mondi. Cioè, non è quel beat freddo che suona tanto e basta o quel beat precisissimo, impeccabile: qui stiamo parlando di quei beat con l’anima dentro. Probabilmente questa cosa ha riaperto una parentesi in me che era un po’ iniziata in Ho Fatto Tardi. Sto crescendo o ho più responsabilità interiore per quello che dico, capisco il peso delle mie parole. Ho voglia di raccontare con uno sguardo diverso le cose e in me c’era voglia di fare un disco importantissimo, capito? Ho Fatto Tardi è un bel disco, però questo è un progetto importantissimo per me e per il rap italiano. Adesso farò lo statement sbruffone, però, secondo me questo è un album rap che serviva anche all’Italia in un momento in cui sembra che stia esplodendo il rap in un certo modo. Io e Joe con SEDICINONI vi stiamo proponendo questa formula che comunque può essere credibile. È una narrativa vera e non stereotipata, è fatta di racconti di quotidianità, ma non è il solito raccontino di strada fine a se stesso…»

Big Joe: «Confermo tutto quello che ha detto. Per quanto riguarda il lato sonoro è stato semplice, io mandavo la produzione e un paio d’ore dopo mi rispondeva Jack con la strofa pronta».

JTS: «Eh sì, perché c’è mega fotta. A me le strumentali devono parlare. Come dicevi tu, a me piacciono sempre le punchline e anche qui ci sono, ma sono tutte piegate alla narrativa del disco. Anche i pezzi più ignoranti hanno comunque un racconto. Ad esempio anche The Show ce l’ha e non è fine a se stesso, così come quello con Conway che, paradossalmente, è il pezzo un po’ per rilassare gli animi. C’è comunque un racconto, sempre».

Okay e questa, secondo me, è stata una scelta un po’ “rischiosa”, nel senso che non avete fatto robe da grande pubblico ma vi siete proprio sbattuti sia a livello di beat che di barre. Ascoltandolo in questi due giorni non ho trovato il banger alla Mister con Lazza e Jake in Ho Fatto Tardi. Avete fatto una roba prettamente hip hop e, personalmente, vi ringrazio.

JTS: «Esattamente, volevamo fare un disco hip-hop come si deve e far vedere che in Italia si possono fare dei dischi hip-hop che non siano intellettualoidi, ma neanche caproni, capito? Secondo me rappresenta quello che rappresenta la nostra generazione, cresciuta con i dischi classici dei Mobb Deep, Nas, ma anche la roba West Coast soprattutto da parte di Joe. Però il rap deve essere sempre un’evoluzione, un percorso, non una roba con autocitazioni fine a sè stesse. Non è detto che poi – non dico il grande pubblico, però una fetta di pubblico più ampia di quello che ci si aspetta – non possa apprezzare questo tipo di musica, perché comunque, scusami se insisto, per me può rappresentare un racconto credibile e interessante per tante persone. Poi, ovvio, non è un calcolo che ci siamo fatti a priori ed è il motivo per cui la musica viene bene».

Avete citato The Show, non posso quindi che chiedevi due cose: dove è nata a Jack l’idea di impostare così la seconda parte, con il commento delle barre mentre le dice, e a Joe dei due campioni scelti, fighissimi.

BJ: «Per quanto riguarda i sample, devo dirti che mi giravano da un po’, soprattutto la prima parte, con tutto l’intro, canticchiato. Quando poi mi sono messo a produrre questo pezzo, la prima persona a cui ho pensato è stato mio fratello Jack. È stato molto semplice. La seconda parte invece è un beat che ho da tipo cinque, sei anni. Ogni tanto me lo ascoltavo e dicevo: “cazzo, è incredibile“. Però vedevo poca gente che potesse spaccarlo sul serio. Quando l’ho fatto sentire a Jack era impazzito, mi ha mandato quello che ha fatto e mi son detto “ho fatto la scelta migliore che potevo fare nella mia vita” e quindi va benissimo. È stato comunque molto semplice, il mio approccio ai beat è molto freestyle, cioè, io non calcolo mai, non è che mi dico: “ok ora mi ci metto e faccio quella determinata cosa“. No, io sento la mia anima, il mio cuore, quello che mi dice il sample. Se viene quello, viene quello, altrimenti non calcolo mai la produzione in generale».

JTS: «No, tu devi sapere che Joe ha tipo diciotto album potenzialmente pronti nei suoi hard disk. Ogni tanto dice “Cazzo, ho aperto l’hard disk e ho altri settecento beat“. E io aggiungo: tutti bellissimi (ride, ndr). Comunque, per quanto riguarda The Show devi sapere che la prima parte mi piaceva di brutto, però ho pensato che forse un’altra strofa su quel beat avrebbe potuto scocciare. E allora ho detto. “Facciamo questo bello switch” che è una roba molto TDE, che gli americani fanno spesso. L’ho fatto anche ne La Créme, a testimonianza di come sia una roba che mi ha sempre preso bene. Insomma, non ti dico che è andata esattamente come è ora nel pezzo, però avevo tutte queste rime sul cellulare e non riuscivo a trovare un canovaccio intero che rendesse la strofa lineare. Allora dicevo “questa non va bene, questa no...”, e mi son detto: “ma perché non faccio proprio il pezzo così?” ed è venuta fuori questa strofa che è mega divertente, mega isterica, mega spontanea, dove appunto mi fermo un po’ a riflettere su quello che sto facendo, la barra che non mi piace etc. etc.».

BJ: «È come se ha messo l’ascoltatore accanto a lui che sta registrando. Te lo ascolti, con le sue pause…»

Ed è un risultato figo. Sempre nello stesso pezzo, tiri fuori la perla “Non ho studiato i versi del Decameron ma Cam’ron”, mi ricordo che l’avevi spammata su IG dopo che al Marrageddon avevi sentito quella di Marra “Frate ho già cento tracce, Decameron, Nuovo disco, ho più budget di Cameron”. Hai mai pensato di toglierla? (ridiamo tutti, ndr).

JTS: «Col cazzo, col cazzo (ride, ndr). Allora, secondo me è una roba che condividiamo io e Marra, ossia che ogni tanto mi chiama qualche rapper e mi dice “ma tu questa rima l’hai fatta?!“»

Sei il metro di paragone!

JTS: «No, non voglio dire questo, voglio dire che semplicemente faccio talmente tanti giochi di parole e uso talmente tante parole che ho coperto in questi vent’anni uno spettro molto ampio di frasi, di concetti e quindi ogni tanto mi arriva questo tipo di chiamata. Non avrei mai voluto togliere quella barra perché mi gasava. Per tutti quelli che ci leggeranno, spiego come è andata: il giorno stesso che Marra ha fatto quel pezzo al Marrageddon, sento la sua strofa e dico: “Noooo, non ci credo, vaffanculo“! Allora, il giorno stesso ho pubblicato una storia, con la barra mia e scritto “questo è l’audio, non mi rompete i coglioni quando esce il disco, perché lo sto mettendo qua il giorno stesso“, Magari la ripubblico se la trovo».

E ti era mai capitata una cosa del genere, dove magari un altro rapper aveva usato prima di te una rima che avevi già scritto?

JTS: «Sì sì, mi è successo. Se tu vedi The People Vs. Jack The Smoker, mi accusavano di aver copiato una rima a Shade e una rima a qualcun altro, per il pezzo Sogni D’Odio. Cioè, ne sono capitate due o tre nello stesso pezzo. Ho detto: “vabbè, sì, raga, ho copiato Shade. mi sembra una mossa intelligente“. Dai, può capitare, la lingua per quanto sia ampia, può succedere».

Ne hai fatti un botto tu di questi giochi parole. In Sedicinoni mi son piaciuti molto ad esempio “parte il riso quando passi, ma non siamo sul sagrato” oppure “lo stipendio troppo basso è pure lordo non netto/Io grido al mondo e il mondo pare sordo nonnetto“.

JTS: (ride, ndr). «Questa pensavo fosse un po’ cringe, però Joe mi ha detto: “Ho fatto il giro e l’hanno apprezzata“. Forse perché poi è inserita in un contesto serio e quindi ho detto “va bene, lasciamola“. Comunque in questo disco ho cercato di essere più chiaro possibile. Per quanto possa essere chiaro il mio modo di scrivere, mi rendo conto che non è immediato».

Mentre il banger del disco secondo me è No Problema RMX, dove avete messo dentro tre altri MC della madonna. Louis Dee mi ha gasato un botto perché adesso sta facendo robe più chill invece qui…che manata!

BJ: «Sì, tra le cose che sta facendo con me c’è qualcosa che sta seguendo quel trend lì. Siamo contenti del remix in generale. Ci stava perché, comunque, quando abbiamo fatto No Problema ci siamo resi conto che era bellissimo e dovevamo fare un remix per forza».

JTS: «Dai, alla fine noi ci facciamo proprio i fan a vicenda. È divertente anche questa dinamica fra di noi, perché siamo proprio fan l’uno dell’altro da sempre, veramente. Quindi è stato troppo bello fare questo remix assieme»

È stato bello anche ascoltarti mentre tiri fuori le storie di quei giovani che non hanno speranza del futuro, come te stesso in Da 0 a 18. Sono passati un po’ di anni ma la situa non è cambiata, anzi, forse peggiorata da questo punto di vista, con giovani che proprio non credono nello Stato italiano. Questo si sta ripercuotendo anche nel rap o sbaglio? Con giovani disillusi che alla fine nel rap parlano di questo e di poco altro…

JTS: «Le periferie degli anni Novanta assomigliano molto a come stanno ritornando adesso le periferie. La precarietà e l’abbandono di chi non è classe agiata o semplicemente di chi non ha prospettive per il futuro è molto simile a quello della mia generazione. C’è stato un momento dove sembrava che ci si stesse muovendo verso un nuovo benessere o comunque la situazione stesse migliorando da quel punto di vista, poi il Covid o le contingenze economiche hanno riportato le periferie al loro vecchio “non splendore”. È una roba che racconto tanto in questo disco, motivo per cui mi rivedo anche in una chiave non stilistica, ma di certi argomenti, in alcune cose che raccontano i ragazzi di oggi. Ovviamente con un’esperienza diversa, con un approccio diverso perché loro la stanno vivendo nel presente. Io racconto le cose che mi sono successe. Racconto le cose che succedono a mio nipote che è piccolo. Racconto le cose che succedono alle persone che conosco. Però, secondo me, appunto, c’è un brutto punto d’incontro fra la società degli anni Novanta e quella che di adesso e, dall’altra parte, c’è un buon punto di incontro fra il rap dei primi anni Duemila – tipo i racconti di periferia che facevamo noi come La Créme o i Dogo – e la roba che sta uscendo adesso, che la vedo molto più compatibile alla roba mia rispetto al boom di sette, otto, anni fa. Ok tecnicamente quelli di adesso non mi fanno tutti impazzire, ma perché abbiamo degli ascolti diversi, cioè farebbe anche ridere se loro facessero quello che facciamo noi, però ci accomuna il fatto di voler raccontare la cosa reale e in maniera molto grezza».

Jack The Smoker Big Joe Sedicinoni
Foto di Roberto Graziano Moro

Rimanendo in Da 0 a 18:  “è stato un flash” è di Bassi, giusto? 

JTS: «Certo! L’ho voluto proprio fare, ero troppo contento che ci fosse Bassi nel nostro disco in un certo senso, perché tu lo sai cosa rappresenta per me Bassi, e spero che quando lo sentirà dirà “Guarda quel coglione lì..“».

Ancora non l’ha sentita?!?

JTS: «No, ma io non faccio sentire niente a nessuno. Io sono tipo l’F.B.I .in queste situazioni. Per farti capire, mi ha cazziato mia moglie oggi dicendo “Esce il tuo disco domani e mi hai fatto sentire solo un pezzo tu…“. Ieri è venuto Dani Faiv in studio e mi ha chiesto di fargli sentire qualcosa e io gli ho detto di no, ricevendo subito vari insulti (ride, ndr). Mi dispiace ma sono fatto così»

Mentre, da fan di Fifty come te, in P.I.M.P. o Don’t Push Me mi aspettavo una roba alla G-Unit. Le hai messe anche una dietro all’altra. Pura casualità? Tra l’altro figata i vari acronimi di P.I.M.P.

JTS: «Ah, non mi ricordavo che Fifty avesse fatto un pezzo intitolato Don’t Push Me, probabilmente è uno dei pochi che skippavo in Get Rich Or Die Tryin’, perché mi sa che non mi piaceva il beat..»

BJ: «Forse era di Eminem»

JTS: «Ah ecco, allora sì mi aveva fatto cacare (ride, ndr). Invece in P.I.M.P. mi immaginavo la trollata seria che stavo facendo. Però non so come mi è venuto, perché nel ritornello volevo proprio dire “se potessi incontrare me piccolo“… poi ho detto “cazzo, ma è P.I.M.P.” e allora ho deciso di darle questo titolo così la gente magari quando lo sente si aspetta di sentire una roba mega pappone, invece è proprio l’opposto. Tra l’altro è una delle mie tracce preferite, anche per la strumentale, che è il classico di Jojo, anche se le batterie sono diverse. Secondo me qua ha fatto il “suono Jojo” ma non in maniera classica, ha portato la roba a un livello più alto del suo solito, che è già altissimo. Non sei stato nel nella tua comfort zone, capito?»

BJ: «Io mi sono divertito frate, perché mi sono sentito libero con te».

JTS: «Eh, però non c’è quel classico tuo rimando, che è bellissimissimo, a quel tipo di note. È ancora più figo…»

BJ: «It’s classic, bro!»

JTS: «Yea, classic (ride, ndr)»

Joe, l’impronta tua all’inizio nelle prime due o tre tracce si sente subito. Dove hai fatto qualcosa di diverso forse è quella con Conway, no?

BJ: «Il beat di quella l’ho fatto col cellulare, l’ho prodotto con Koala. Jack è sceso a Palermo perché dovevamo fare delle foto e altro, gli ho fatto sentire questa bozza che avevo preparato ed è impazzito. Sono andato in studio, l’ho completato, ho aggiunto il mio flavour. Jack è tornato in studio e gliel’ho pompato, ci siamo esaltati e ci siamo resi conto di aver il beat per Conway (ride, ndr)».

JTS: «Io ti ho detto solo di aggiungere o togliere qualche BPM, che è una roba che ti faccio sempre fare (ride, ndr)»

BJ: «Sì, è andata proprio così, nato comunque tutto da un cellulare, che bomba».

JTS:  «Tra l’altro, ora che mi ci fai pensare, in questo disco ho capito che rappo meglio su ottantacinque BPM che su ottanta. Non so, ho capito alcune cose che non avevo mai considerato»

E il feat invece com è che è nato?

JTS: «È chiaramente una cosa che non potevo visualizzare e non potevo pensare possibile, però se devo dirti come è andata è che a fine disco io ho detto “cazzo, qua ci starebbe bene Conway“, ma quasi per ridere. In realtà ho ricevuto un ottimo supporto in questo disco. Veramente a tutti i livelli, anche di etichetta e tutto: ho proposto questa cosa che non credevo possibile perché comunque, ovviamente, come puoi immaginare non è for free, ma loro me l’hanno appoggiata. Abbiamo provato a prendere contatti, la cosa si è concretizzata. Che dire, per me Conway è proprio il Gesù delle barre, il tipo di tono che usa lui mi fa gasare, non è uno che grida perché poi a me quella tipologia di rapper americani mi fa proprio vomitare. A me piace proprio la roba alla Fifty, Prodigy, Sean Price, Roc Marciano, e Conway è ora il più forte a fare questa roba. Pensare che questa cosa potesse succedere e poi sentire questa strofa è stata proprio un’esplosione di goduria».

BJ: «Le prime cinque barre dove fa solamente “brrrrr” è un volare altissimo (ride, ndr)»

Madonna, che poi tra l’altro l’avete ripreso nel ritornello.

BJ: «Sì l’ha messo Jack nel mix e master del disco e quando l’ho sentito ero sorpreso perché è una figata come l’ha costruito».

JTS: «Per assurdo, il ritornello l’avevo fatto prima che ci fosse la sua strofa e facevo un verso simile, poi dentro di me pensavo “Cazzo, sembra che voglio fare l’emulazione di Griselda“. Sento che me lo fa lui nel nel pezzo ho detto “perfetto, ce lo piazzo” ed è fighissimo».

Eri venuto a vederlo a Milano lo scorso gennaio?

JTS: «Sì, certo, certo. Impeccabile in quel live. Sono purtroppo abituato agli americani che spesso sono deludenti, lui invece perfetto, un mostro, Poi quella roba lì non è facile, senza mezza doppia. Ho goduto, mi è piaciuto tanto».

Visto che parliamo di America: un feedback al volo sul beef incredibile del momento tra Drake, Kendrick, J Cole e via dicendo?

BJ: «Sono deluso da J. Cole, cioè non è che tiri la pietra e poi hai timore per quello che hai detto. È poco rap e mi ha sorpreso proprio lui che, invece, è totalmente rap. Drake secondo me ha fatto un’ottima risposta, però la risposta del ragazzo di Compton deve arrivare ancora, quella sarà la croce per qualcuno. Anche perché ora non mi sto esaltando moltissimo…»

JTS: «Cazzo quando Fifty ti dissava ti distruggeva la vita, poi ti compra i posti del concerto di Ja Rule per farlo suonare da solo. Cioè è così che si fanno i dissing, questo è hip-hop, tipo Nas Vs Jay-Z. Se devi fare sta roba la devi fare così, non è che due giorni dopo chiedi scusa, ma sei scemo? (ride, ndr)»

BJ: «Sono molto soft, mi aspettavo molto di più. Vediamo come si evolve, anche perché comunque i dissing rendono la scena un po’ più frizzante…»

Tu Jack invece non hai mai avuto diss o sbaglio?

BJ: «Dai, ma chi è che si mette contro Jack The Smoker?».

JTS: «Mi piacerebbe eh (ride, ndr). Se ho avuto degli scazzi con qualcuno, comunque, li ho avuti di persona e non c’ho mai fatto pace devo dire, perché comunque non mi piace questa roba che la gente litiga e poi si diventa di nuovo amici così dal nulla. Io sono veramente una persona molto pacifica di base con gli altri colleghi, non mi pongo mai come artista, mi pongo sempre come persona, alla pari, mentre alcuni colleghi vogliono essere col mantello e la maschera da rapper anche quando parlano coi colleghi. Mi fa un po’ ridere come cosa».

BJ: «Sono d’accordo».

Come ultima domanda prendo in prestito la barra di No Problemasangue sul palco chi mi seguirà nei tour saprà”: ci sarà un SEDICINONI tour? Classic hip hop live o state studiando qualcosa di particolare?

JTS: «No, fottutamente rap bro».

BJ: «Il disco penso che parli da solo, quindi il live deve essere rap a 360 gradi, con rap dal vivo, fatto da Cristo e con beat enormi»

JTS:« E Jojo che mi fa un po’ di doppie accanto. Che tra l’altro non ho mai avuto questa esperienza del dj che mi fa le doppie perché comunque io giro con MS che non è uno che le fa, quindi magari ora Joe..»

BJ: «Si ma io mi diverto, perché sono un rapper mancato».

JTS: «Beh ma tu hai fatto qualche intervento nella tua carriera, no?»

BJ: «Ho anche delle strofe mai uscite nel mio computer, un giorno te le farò sentire».

JTS: «Grande, bellissimo (ride, ndr)»

È stato tutto bellissimo.  È stato tutto molto hip-hop. Ascoltate SEDICINONI, se siete arrivate fin qui non ve ne pentirete affatto.