Hype Aura dei Coma_Cose è un inno generazionale

I Coma_Cose hanno fatto un disco generazionale - Rapologia.it

L’Hype dopo l’Inverno.

L’altra sera ero in un bar, non uno di quelli sofisticati, con le luci offuscate in cui anche i cubetti di ghiaccio sembrano non sciogliersi per una voglia snob di non mischiarsi col resto. No, era un bar normale dove puoi fare un aperitivo sostanzioso spendendo poco. Tra un chiacchiericcio domenicale e l’altro, all’improvviso, dalle casse del locale parte una chitarra nota a tutti, come il resto della canzone che la segue. Il pezzo è Gente che spera degli Articolo 31 e, quando parte il ritornello, pur non essendoci tra di noi nessun fan di Ax e Jad, tutti cantiamo. Il pezzo, nella sua semplicità, è tremendamente generazionale. Anzi, attraversa generazioni tra loro successive: passa da quella del walk-man a quella dei lettori mp3 fino allo streaming. Anche con delle semplici frasi riprende dei motivi nei quali si può identificare chiunque abbia passato da poco l’adolescenza. Subito dopo, riprodotto solo per pochi istanti da qualche playlist di Spotify, parte Via Gola da Hype Aura, il nuovo e primo disco dei Coma_Cose.

Nella testa mi si preme immediatamente un interruttore. Anche l’album del duo di Porta Ticinese parla specificamente a una generazione. Ne descrive i modi di fare, le tendenze, gli stati emotivi e i riferimenti culturali, pur non partendo con la pretesa di fare quello. Non c’è uno spirito “documentaristico” dietro, ma il tutto nasce in maniera spontanea – e per questo più veritiera. Ironia della sorte e anomalia del caso vogliono che il grosso della scrittura sia da attribuire a Fausto Lama, che di anni, in realtà, ne ha 37. È nostalgia? È l’età che è solo un numero? O è la descrizione perfetta di chi è riuscito a venire a capo di certe questioni perché non le vive più?

coma_cose Inverno Ticinese

Concettismo

I Coma_Cose arrivano ad Hype Aura dopo due anni ricchi di singoli e con un EP – Inverno Ticinese – che ha attirato molte attenzioni sul duo milanese. Lo stile è sempre quello, un po’ rap, un po’ pop, un po’ indie, e trova il suo equilibrio dinamico una volta in un genere, una volta in un altro, senza dover mai precisare cosa si sta facendo in quel momento.

Al centro del disco ci sono loro due, Fausto e California, ma potrebbe esserci chiunque altro. È la generazione dei kebab a fine serata, delle birre al minimarket straniero perché costano di meno e della voglia di crescere, diventare adulti, in un tipo di società che ti dà sempre meno la possibilità di farlo. I Coma_Cose raccontano una generazione sostanzialmente in crisi, soprattutto dal punto di vista delle prospettive future, ma ne prendono la parte più leggera, a tratti quasi divertente.

Hype Aura ha però una particolarità che ha sempre contraddistinto il duo uscito per Asian Fake e che rende il disco ancora più iconico. È un racconto, una descrizione, ma non ha un andamento narrativo. Tutto procede per immagini, così particolari e ben delineate che colpiscono. Quello dei Coma_Cose non è nient’altro che concettismo. Di che si tratta? Durante il Barocco i poeti, rifiutando i canoni ormai esausti del classicismo, iniziarono a comporre versi in un’altra maniera. Lo stile non era più piano, misurato, ma irrequieto, incalzante, fatto di metafore e giochi di parole. La necessità era quella di ricorrere ai concetti, cioè immagini letterarie che con la loro artificiosità colpissero il lettore. Hype Aura è composto esattamente in questa maniera: usa questi meccanismi per insinuarsi nella mente dell’ascoltatore, per trovare un aggancio con la sua attenzione e restarvici aggrappato per tutti e ventinove i minuti. Non è più il tempo dei racconti, ma delle immagini che devono colpire necessariamente in un tempo immediato.

Loro sembrano anche saperlo e giocarci. Lo fanno proprio in A lametta con “Andare ai concetti/Capire i concerti”. È il concettismo nel concertismo, le immagini nella musica. Sinestesia pura.

Mancarsi

Il brano più puramente generazionale di tutto il disco è Mancarsi, che già da ora è battezzabile come hit conclamata. È pieno di immagini che appartengono all’universo dei vent’anni. Ci sono i rapporti personali confusi, le incertezze economiche, le aspettative, il sesso, i social. È un tutto che quasi soffoca e sembra ingombrante per una sola vita, un’ombra spaventosa che attende tutti subito dopo l’adolescenza. Proprio la paura – che è quella evocata dal gioco di parole del titolo – diventa però qualcosa di positivo.

“Che schifo avere vent’anni, però quant’è bello avere paura”.

La nostra, come detto prima, è la generazione più precaria tra tutte quelle venute su dalla metà del ‘900 in poi. Eppure, con questo disco, i Coma_Cose riescono a prendere quel terrore, quell’immobilità pietrificante, e a lucidarlo trasformandolo in un semplice brivido, che però non fa altro che dare più gusto alle cose. Quello che poteva essere un lamento si trasforma, invece, in un inno pop spavaldo e romantico, capace di racchiudere l’immaginario di una generazione tra giochi di parole ed espressioni deformate.

Le punch-lines tornano di moda

Sì, ma il rap? HYPE AURA non lo si può definire un disco rap, assolutamente. Fa uso del rap come “mezzo”, ma non è ascrivibile al genere. Ammesso che abbia senso nel 2019 cercare sempre di inserire sempre un disco in una categoria fissa. È proprio in Mancarsi, il pezzo meno rap dell’album, però, che paradossalmente viene fuori il legame con il nostro genere. Come? Anche qui in un’ottica generazionale. Quella dei ventenni, in Italia, è la generazione del rap. Siamo noi, quelli che da Applausi per Fibra in poi hanno assorbito in pieno la nuova esplosione di attenzione mediatica intorno a questo tipo di musica e al suo universo. I Coma_Cose non sono assolutamente da meno. Al di là dell’ironico “Fammi fare i soldi come i rapper che poi dividiamo”, il richiamo vero è proprio è nella seconda strofa. È Fausto a farlo, lui che nel suo passato musicale un po’ con questo genere c’ha avuto a che fare – era nell’etichetta di Dargen D’Amico. Il rimando è allusivo, ma neanche troppo.

Ci hanno dato il piombo, ci hanno dato il fango, ci hanno chiesto “quando diventate grandi?”.

La citazione è, manco a dirlo, presa da Cani Sciolti dei Sangue Misto, che i Coma_Cose hanno portato live, come cover, in tour l’anno scorso. Dai Sangue Misto a “Quando diventate grandi?” come a dire che, per filiazione diretta, l’universo da cui provengono è quello, ma poi, si sa, col tempo si cresce e si cambia, ma i vecchi ricordi non li si accantona mai del tutto.

Dopo due anni di singoli ed HYPE i Coma_Cose sono riusciti a prendere la (P)AURA e trasformarla in una gemma generazionale. Lo ricorderemo questo disco, magari pensando a un viaggio, a una storia iniziata con mille speranze e poi finita, o a un semplice periodo della nostra vita. In mezzo a tanta musica che passa innocua, i Coma_Cose hanno tirato una Granata, perché in fondo «Ci hanno detto “Niente dura per sempre, tranne la musica, quella rimane”».