«Rappresenta un orgoglio per l’intera comunità Hip-Hop» – Alsogood racconta J Dilla

In occasione dell’anniversario della scomparsa di uno dei più grandi beatmaker statunitensi mai conosciuti, abbiamo contattato Alsogood dei Figùra affinché ci descrivesse al meglio ciò che rappresenta James Yancey a.k.a. J Dilla.

Jay Dee, classe 1974, è considerato tra i più innovativi ed importanti produttori del panorama hip-hop, e fonte di ispirazione per tantissimi artisti nel corso degli anni. Nasce e cresce nell’East Side di Detroit. Primo di quattro figli, Dilla ha una famiglia già dedita alla musica grazie al papà contrabbassista e alla madre cantante d’opera.

Si forma musicalmente ascoltando quel che la radio passa e andando a scovare ciò che la sua famiglia e il negozio di dischi nel quartiere gli propongono. Si appassiona ovviamente alla black music, diventa un fan coraggioso del funk e del soul, dedicando ore e ore al giorno al diggin’. Timido e taciturno, autoalimenta la propria sete di conoscenza musicale e acquista quasi compulsivamente musica aumentando giorno dopo giorno il bacino a cui attingere.

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A diciotto anni incontra Amp Fiddler (un musicista di Detroit) che lo avvicina per la prima volta all’Akai MPC, campionatore che diventerà suo simbolo. Nel giro di tre anni collabora con i The Pharcydee e produce per i A Tribe Called Quest, tra cui Q-TipAli Shaeed Muhammad con cui forma il collettivo The Ummah.

Uno dei suoi tratti distintivi è sempre stato esplorare a fondo le sonorità a cui si avvicinava, ma senza mai fossilizzarvisi per troppo tempo. Quindi l’asse della sua attenzione si sposta, dopo poco tempo, sulla composizione ex-novo e non più sull’utilizzo del campionamento, regalando un’impronta fondamentale allo sviluppo del nu-soul che in quegli anni cresceva sempre di più.

Gli ultimi anni 90 e l’inizio del nuovo millennio vedono Dilla cercare nuove forme stilistiche e musicali, che lo portarono a sperimentare e produrre autonomamente album ricercatissimi come Welcome 2 Detroit (2001) e Champion Sound (nel 2003, prodotto come partner del duo Jaylib). Inoltre impreziosì la sua carriera con collaborazioni di fama mondiale come Busta Rhymes, la regina del nu-soul Erykah BaduD’Angelo, i De La Soul e il suo caro amico Common.

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Tuttavia, nel 2004 dopo essere stato in tour con Madlib, si sottopone ad alcuni esami medici che confermano una grave forma di Lupus che condizionò il resto della sua vita. Ma il genio di James va oltre la malattia.

Nel 2005 partecipa all’album di Common Be, che molti ricorderanno, producendo due tracce (Love Is.. e It’s Your World). Infine, costretto al letto per cure mediche, si dedica alla chiusura del suo ultimo capolavoro.

Donuts è il titolo di questo suo ultimo album “in studio” (completato addirittura in ospedale). Fu pubblicato il 7 febbraio del 2006: giorno del suo trentaduesimo compleanno. La storia, i pensieri e le sensazioni che si celano dietro la creazione di questo album sono spiegate, in maniera approfondita, dallo scrittore  Jordan Ferguson (pubblicista canadese di Wire), in un libro dal titolo J Dilla’s Donuts (edito da 33 1/3).

“Traendo ispirazione dalla filosofia, dalla teoria critica e dalla musicologia, così come dal catalogo musicale di Dilla, Jordan Ferguson mostra che la musica contraddittoria, irascibile e conflittuale che si trova su Donuts è il risultato della salute declinante di un artista. In quanto, è un esempio di ciò che gli studiosi chiamano “late style”. Ovvero inserire l’album in una tradizione musicale che risale a secoli fa”.

(tratto da Goodreads, ndr)

Tre giorni dopo l’uscita, muore per attacco cardiaco nella sua casa a Los Angeles dove si era trasferito con la madre a causa della malattia. E tredici anni dopo c’è ancora in Italia chi ricorda con orgoglio il genio musicale originario di Detroit.

Nel giorno del suo compleanno, per esempio il nostro Ghemon, nonostante l’impegno sanremese, ha voluto omaggiare J Dilla con questo tweet:


Vorrei portare la vostra attenzione anche su una bellissima iniziativa, purtroppo non andata a buon fine per problemi legati al copyright, ma comunque apprezzatissima, da parte di Godblesscomputers qui su Facebook:

Ed infine, con mia enorme soddisfazione ed orgoglio, sono riuscito a contattare un amico, ma soprattutto un esperto beatmaker italiano (di sicuro più competente di me in materia).

Francesco Lo Giudice, in arte Alsogood, racconta J Dilla

Francesco Lo Giudice, in arte Alsogood, è un producer/deejay, tra i più prolifici nella scena italiana. Dal 2006 al 2012 colleziona, sotto l’acronimo di Mastro prod., diverse collaborazioni con moltissimi artisti della scena rap italiana (Rocco Hunt, Esa, Lord Madness, Inoki, Kento, Oyoshe etc.) ma anche internazionali (Willie Rage, SD. Entertainment, Prince Po, KLH Music, Maikeru X) oltre ad accumulare diverse esperienze sui palchi di tutta italia come deejay per diversi artisti.

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Nel 2014 crea il progetto Alsogood, un nuovo modo di mettere in risalto le musiche che mette temporaneamente da parte i vocals, lasciando spazio ad una musica strumentale dalle sfumature jazz ma fortemente radicata nell’ Hip-Hop. Attualmente è impegnato in un nuovo progetto trio con Emanuele Triglia (bassista per Ainè, Davide Shorty) e Alessandro Pollio (tastierista) che prende il nome di Figùra (cliccate qui per saperne di più).

Qui per la prima volta su Rapologia, Francesco ci spiegherà cosa ha provocato, in sintesi, il fenomeno Dilla e cosa ha rappresentato per lui e per tutte le nuove generazioni di artisti appartenenti al nostro amato Hip Hop. Vi lascio con quello che ci ha raccontato:

«Parlare di Dilla risulta veramente difficile senza scadere nel banale.

Rappresenta sicuramente un orgoglio per l’intera comunità Hip Hop, non solo musicalmente ma anche come persona, avendo contribuito alla ‘scalata’ sociale di un posto come Detroit, difficile da vivere e da dove sono usciti alcuni tra i migliori di dischi rap di tutti i tempi.

J Dilla era un musicista prima che un beatmaker, e non tutti i beatmakers sono musicisti.

Lo definisco tale perché con le sue skill è riuscito a coinvolgere alcuni tra i migliori musicisti/turnisti di sempre, il suo modo originale di programmare le drums , di lavorare i samples lo ha reso unico e richiesto in sessioni studio nonostante i suoi studi musicali (Piano, Cello etc.) risalgano all’infanzia.

Per quel che mi riguarda, sono arrivato un po’ in ritardo alla sua musica (intorno al 2010). Ai tempi lavoravo a stretto contatto con uno staff americano per una produzione e furono loro a farmi sentire J Dilla. Ovviamente avevo già consumato dischi come Stakes is High’dei De La Soul ma quando sei giovane e hai voglia di fare , dei credits dietro il disco ti interessa ben poco (ride, ndr.). Ricordo che il primo disco che mi capitò sotto mano fu Jay Love Japan (2007) e rimasi completamente folgorato dalla sezione ritmica, totalmente fuori da ogni convenzione.

Oggi James Yancey rimane una fonte d’ispirazione consolidata non solo per me ma soprattutto per i musicisti, batteristi in particolar modo. E non ti nascondo che questa ‘piccolezza’ mi fa sorridere e sentire orgoglioso di quello che il rap ed i beats di Dilla hanno contribuito a realizzare».

Alsogood.

Grafica di Lorenzo Alaia e Ciro Maria Molaro.