Tedua e la sua Divina Commedia – Recensione

Tedua
Foto di David Lachapelle

Tra i dischi usciti nel corso di questo inizio 2023 ce ne è uno in particolare che ha catalizzato l’attenzione, un po’ perché era atteso da tempo, un po’ perché si tratta di un progetto articolato e difficile da interpretare per una fetta di pubblico. Stiamo parlando de La Divina Commedia, l’ultimo album di Tedua, che nonostante alcune critiche ricevute sta avendo un ottimo riscontro dal punto di vista commerciale, confermandosi al primo posto della classifica F.I.M.I. per la seconda settimana di fila. Appunto perché si tratta di un disco così complesso, può risultare interessante approfondirlo attraverso una recensione.

La Divina Commedia secondo Tedua: un viaggio per arrivare al sognato paradiso – Recensione

Tedua è uno degli artisti più originali della scena e anche per questo nuovo disco è riuscito a spiazzare un po’ gli ascoltatori: sia chi si aspettava un progetto prettamente pop scala-classifiche, sia chi sperava in una maggiore percentuale di brani rappati. Allo stesso modo è rimasto un po’ deluso chi si aspettava più riferimenti e legami all’opera di Dante, mentre sembra che siano rimasti tutti entusiasti dal livello delle strofe dei featuring.

Un disco sorprendente, quindi, sotto diversi punti di vista. Gli unici non sorpresi da La Divina Commedia sono stati forse i fan più accaniti, chi ha seguito la vita di Tedua ancor prima della sua musica.

In ogni caso si tratta di un disco curatissimo in ogni dettaglio, dal concept alle cover. Magari non è piaciuto a tutti ma, è altrettanto vero, che questo disco ci ha dato una nuova conferma delle potenzialità del rapper.

Tutti i generi del rap di Tedua

Se diamo un’occhiata alle sedici tracce che compongono La Divina Commedia troviamo vari sottogeneri della così definita musica Urban. Tracce prettamente rap, trap, slam-poetry fino ad arrivare a brani pop e melodici. Anche per quanto riguarda il mood, riconosciamo immediatamente brani crudi, hit, testi profondi e pezzi d’amore. Non manca nulla. Anche dal punto di vista musicale – curato principalmente da ShuneChris Nolan e Dibla – troviamo producer che si cimentano con tipologie di beat radicalmente diversi tra loro, sempre in linea con i testi dell’artista.

Questa scelta da parte di Tedua mette in mostra innanzitutto la sua versatilità e serve a comporre un album articolato, come le logiche di mercato impongono. Nel complesso ogni categoria di ascoltatore riuscirà probabilmente a trovare uno o più brani di suo gradimento, che si tratti di una hit o di un brano riflessivo.

Chiaramente questa scelta rischia di rendere il disco un po’ disomogeneo dal punto di vista musicale. Nonostante l’ottima cura su tutte le tracce, a volte si ha la percezione che alcuni brani risultino un po’ fuori luogo o superflui, magari meno coesi con il resto delle tracce.

La Divina Commedia rimane però un disco estremamente curato dove ogni brano nel suo piccolo serve a comporre il quadro completo del progetto.

La risalita dall’inferno di Tedua: la tracklist

Per valutare un disco, ci piace ascoltarlo dall’inizio alla fine, così come l’artista lo ha realizzato.

Se guardiamo la distribuzione dei brani, troviamo le prime otto tracce estremamente eterogenee, con mood e sonorità completamente diverse tra loro, che rischiano quasi di confondere l’ascoltatore.

Analizzando il disco track by track, troviamo in apertura una Intro che riassume tutto quello che sarà il disco a seguire, nonché una delle più apprezzate dell’album. Dopo di che ci addentriamo nell’Inferno di Tedua: Paradiso Artificiale è uno dei brani più crudi e rap del disco. A questo segue Malamente, che a primo impatto può sembrare un brano estraneo a quello che ci eravamo immaginati con le prime due tracce, come dicevamo poco fa. Si tratta di un pezzo con una forte componente melodica ma arricchito da una seconda strofa e una skit usata come outro che ci fanno capire, dopo qualche ascolto, che questo brano è assolutamente necessario esattamente lì dove sta.

L’autocritica pretende consapevolezza
Auguro a tutti voi che la vostra umiltà non si trasformi in insicurezza
E che la vostra sicurezza non si trasformi in arroganza

Alla quarta traccia, l’ascoltatore viene spiazzato di nuovo da un cambio di genere: Hoe con Sfera è una hit da club, ancora una volta completamente diversa dalle tracce precedenti. Segue Angelo All’Inferno dove invece troviamo un’influenza musicale quasi rock, seguito da Mancanze Affettive, con un ritorno al rap e un approccio più pessimista.

Red Light è invece un brano pop puro, sia come beat che come testo. Forse il brano meno necessario dal nostro punto di vista. A questo fa seguito un’altra hit, Volgare, su un beat che suona molto UK.

A queste fanno seguito tracce consecutive molto coese, che compongono il fulcro del disco e dei concetti che vuole lasciare: Scala di Milano, Diluvio a Luglio, Soffierà e La Verità. In tutte e quattro troviamo un rap melodico (che poi è il cavallo di battaglia della musica di Tedua) con testi profondi e intensi. Non è un caso che siano stati messi l’uno di fila all’altro: facendo così, si invoglia ad un ascolto filato, come se la parte più fonda dell’Inferno di Tedua fosse un unico brano.

Una volta attraversato l’Inferno qualcosa però cambia.

Anime Libere è un brano difficile da inquadrare: puramente pop e come dicevamo per Red Light, forse non del tutto necessario, se non a spezzare il mood pesante delle quattro tracce appena citate. Serve infatti per introdurre il Purgatorio di Tedua ovvero la parte conclusiva del disco, le ultime tre tracce, nonché le più ricche di contenuti.

Lo-Fi For U, Bagagli (Improvvisazione) e Outro Purgatorio sono forse i tre brani migliori del disco. Tutti e tre caratterizzati da rap intimo, quasi al limite dello Slam-Poetry, con beat delicatissimi (a volte drumless) per dare maggiore enfasi al flow spiazzante di Tedua. Sono tracce molto profonde e magari pesanti al primo ascolto, ma accomunate da un barlume di speranza sempre presente in fondo a ogni testo (speranza che per esempio manca nelle tracce precedenti come Mancanze Affettive).

Questi brani, a differenza dei tredici precedenti, si riferiscono al passato. Sembrano proprio ricordi di Tedua che guarda alle spalle l’inferno appena superato, messi su carta probabilmente nel bel mezzo di un periodo buio della sua vita, con la consapevolezza di esserci dentro.

Una volta rialzata la testa da questo momento cupo, con maggiore lucidità è riuscito ad analizzare il suo passato (personale e artistico) e a sfogarsi con questi tre pezzi. Un po’ come Dante nel Purgatorio, quando si rende conto di non essere ancora arrivato alla meta, ma al contempo di essersi lasciato il peggio alle spalle.

Tedua La divina commedia

I featuring

Così come Virgilio accompagna Dante nel suo viaggio, Tedua si fa accompagnare da tanti ospiti nel suo disco.

Quando è stata annunciata la tracklist del disco, tuttavia, siamo rimasti un po’ delusi. Guè, Lazza, Geolier… nomi di altissimo calibro ma obiettivamente fin troppo inflazionati. Nel 2023 troviamo questi nomi in quasi tutti i dischi major e, visto il potenziale del disco, ci aspettavamo qualcosa di più sorprendente e originale, soprattutto da parte di un artista eclettico come Tedua.

Ad ogni modo, bisogna soffermarsi sul contributo offerto al disco da ognuno di loro. Ad esempio Guè, uno dei nomi più in voga come featuring in quest’anno (dato che ne ha già realizzati una decina) si presenta in Scala di Milano con una strofa di livello altissimo, facendo capire per quale motivo sia così richiesto come ospite nei dischi. Obiettivamente non sempre riesce a mantenere il livello così alto, ma in questo specifico caso sì, arricchendo il disco di Tedua in maniera importante. Stesso discorso vale per Geolier, un altro molto in auge ultimamente: ascoltando Mancanze Affettive, ci si rende conto che il suo featuring non è stato inserito solo per moda, donando al contrario  un effetto al brano che pochi altri avrebbero potuto dare.

Se dovessimo dare dei premi, il Best Featuring del disco probabilmente dovrebbe andare a Kid Yugi che realizza una strofa perfettamente in linea con il concept del disco, in un brano che si arricchisce anche del ritornello killer di Baby Gang.

Se invece guardiamo il numero di ascolti per brano, capiamo subito qual è il featuring che sposta gli equilibri: Sfera Ebbasta. Il brano realizzato con lui è in vetta alle classifiche e obiettivamente buona parte del merito è sua.

Per quanto riguarda Marracash e Salmo invece sembra quasi che Tedua abbia costruito i brani apposta per loro come mood, beat e approccio sulla base. Prendono loro il centro della scena, rendendo Tedua ospite in casa propria. Questo è molto apprezzato nel caso di Diluvio a Luglio con Marra, un po’ meno con Angelo All’Inferno con Salmo, che rischia di risultare un corpo estraneo al disco nonostante la bellissima voce di Federica Abbate.

Anche Lazza, da sempre sinonimo di qualità, non lascia il segno come avremmo voluto: Volgare non è il brano migliore del disco, ma neanche il peggiore. Possiamo solo dire che la loro ultima collaborazione, Party HH ci era parsa molto più riuscita di questa.

La rimpatriata con i soci Bresh e Rkomi invece è una vera e propria operazione nostalgia, lasciando in realtà poco il segno, soprattutto Rkomi, dal quale ci aspettavamo qualcosa di diverso.

Per chiudere la carrellata di featuring e assegnare un’altra ipotetica statuetta, il Premio Rivelazione va ai BNRK44, che riescono ad arricchire La Verità. Forse siamo un po’ prevenuti, ma non avevamo grandi aspettative su questo brano. Invece ascolto dopo ascolto non possiamo fare altro che constatare la qualità del loro apporto a una delle tracce più sorprendenti dell’album.

Ma cosa c’entra la Divina Commedia con questo disco? Le critiche

La critica più ricorrente a questo disco è stata: ma cosa c’entra la Divina Commedia di Dante con questo disco?

La risposta? Poco o nulla. I riferimenti a Dante, ai tre regni e le citazioni sono pochi e poco contestualizzati. Chi si aspettava che Tedua facesse un disco come Infernum di Murubutu e Claver Gold è rimasto deluso. Però ci viene da dire che quel lavoro era già stato fatto e sarebbe stato un passo falso da parte di Tedua andare a copiare o emulare un lavoro compiuto da altri, seppur annunciato poco dopo la sua uscita.

La Divina Commedia per Tedua non è altro che un pretesto per parlare del percorso della sua vita. Del passaggio attraverso il suo inferno, la risalita in una sorta di purgatorio, da dove si può guardare indietro in attesa di arrivare all’agognato paradiso. Tedua non parla della Divina Commedia di Dante, ma della Divina Commedia della sua vita.

Il filo logico rimane quindi saldo, l’errore di Tedua è stato forse quello di enfatizzare troppo questo nome così iconico come lo scritto di Dante. Sarebbe stato opportuno, a nostro parere, che Tedua spiegasse questo concetto in maniera esplicita, magari con uno skit o una dichiarazione di qualsiasi tipo, vista la portata dell’opera.

La Divina Commedia è usata invece come figura retorica per descrivere il percorso di Tedua attraverso l’inferno che ha attraversato, in attesa di un paradiso, più o meno idealizzato. Questo tipo di comunicazione esplicativa è venuta meno e per questo il pubblico si aspettava un disco che ruotasse attorno al poema allegorico, immaginando numerosi riferimenti che la cultura di Tedua avrebbe potuto mettere in rima. La strofa più attinente al capolavoro di Dante, invece, è quella realizzata da un ospite: Kid Yugi.

Occorre però fare una puntualizzazione, che sicuramente i fan più attenti hanno constatato da subito. La musica di Tedua, già dagli esordi è stata pubblicata sfruttando questo tipo di hype. Rendere iconico un titolo e creare attesa intorno ad esso. Era stato fatto già con il primo album Orange County California, anticipato dal mixtape Orange County a sua volta anticipato da Aspettando Orange County. Anche in quel caso si era andati avanti per quasi tre anni parlando di Orange County, aspettandosi riferimenti alla serie TV o allo stato della California, ma il riferimento si era poi limitato al campionamento della siglia di The OC e alla similitudine tra Tedua e il protagonista della serie TV, Ryan Atwood, entrambi trasferiti dalla provincia (Cogoleto) alla città (Milano).

Anche analizzando il secondo album Mowgli, obiettivamente i riferimenti al romanzo di Kipling sono limitatissimi. L’ispirazione in quel caso veniva dal giovane Tedua che provava a sopravvivere nella giungla urbana di Milano.

Il concetto di Divina Commedia è portato avanti da diversi anni da parte di Tedua anche attraverso il mixtape Aspettando la Divina Commedia, quindi era legittimo aspettarsi qualche riferimento in più. Ma conoscendo l’artista era altrettanto giusto immaginarsi anche questo tipo di logica.

Tedua

Cosa ci lascia, quindi, La Divina Commedia di Tedua?

La risposta è semplice: ci lascia Tedua. Dal punto di vista dei contenuti La Divina Commedia non è altro che una fotografia della vita di Mario Molinari. Nulla di costruito, nessuna divagazione, nessuna traccia che si distacchi dal concept. Tedua si sfoga dell’inferno passato e lo analizza con la lucidità di un purgatorio appena raggiunto.

Se guardiamo il suo rap, non è snaturato: è esattamente come è sempre stato. Caratterizzato da un flow unico e non sempre appetibile, talvolta molto melodico o addirittura cantato. Come sempre nei suoi testi non mancano le citazioni al rap italiano che lo hanno formato, omaggiando barre di Ghemon, Dargen D’Amico, Gemello, Jake la Furia e molti altri.

Non mancano neanche i legami di continuità con la sua musica del passato. Più o meno ovunque troviamo rimandi a un suo pezzo vecchio o un frame di storia sua personale, un ricordo di un amore passato o comunque una citazione da cogliere per i fan veri. Sembra che Tedua ascolti la sua musica del passato e che da essa voglia imparare. É terapia per tanti ascoltatori, ma in primo luogo per lui stesso.

Sono sempre presenti nei testi moniti ed esortazioni a sé stesso per la sua crescita e il suo impegno nell’arte così come nella vita. Esemplare è anche la sua “ammissione di colpa” in Bagagli facendo chiarezza sulla questione dell’andare a tempo o meno che ha segnato l’inizio della sua carriera.

Cosa farà seguito alla Divina Commedia?

La Divina Commedia di Tedua viene presentata come Inferno-Purgatorio. Dopo aver ascoltato lo skit in chiusura all’Outro, tuttavia, pare legittimo ora aspettarsi un sequel:

Perché c’è chi artista lo fa, c’è chi artista lo è
L’attesa in Purgatorio ci ha stremati, ma
Siete cresciuti e io sono cresciuto con voi
Grazie per la fiducia, ora mi spetta il Paradiso

Non sappiamo se questo possa essere un nuovo album futuro o piuttosto una sorta di Deluxe Edition, un po’ come successo nel doppio mixtape Vita Vera – Aspettando la Divina Commedia. Staremo a vedere.

Come sappiamo, la discografia di Tedua è caratterizzata da dischi che servono da preludio ad altri dischi, rendendoli di fatto tutti collegati l’uno con l’altro. Paradossalmente, per come Tedua ha sviluppato il concetto di Inferno e Purgatorio nel corso di queste sedici tracce, il disco avrebbe potuto chiamarsi “Aspettando il Paradiso”. Ogni volta aggiunto un tassello alla sua discografia, sembra voler spostare l’obbiettivo più avanti, rendendo il suo percorso artistico sempre in crescita.

Questo atteggiamento è assolutamente originale nella musica ed è il mindset predominante degli sportivi: mai accontentarsi dei risultati ottenuti ma alzare sempre l’asticella. La musica di Tedua è costruita in questo modo.

Non ci fermiamo troppo a contemplare questa Divina Commedia, perché il Paradiso è alle porte e siamo curiosi di raggiungerlo assieme a lui.