Finding SZA – Recensione di SOS

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Le aspettative in merito a SOS di SZA – oggetto di questa recensione – erano altissime. La pressione aveva raggiunto dei livelli tali per i quali l’artista stessa, per lungo tempo, ha faticato a trovare la giusta direzione musicale.

Tuttavia, il percorso intrapreso ha dato i propri frutti e il nuovo album di Solana aggiunge un brillante tassello ad una carriera proiettata verso i piani alti del successo.

SZA, SOS è un album del cambiamento: la nostra recensione.

CTRL, l’album di debutto, si fondava sulle paure dell’artista e sul controllo che – per lungo tempo – aveva cercato di imporre sulle sue emozioni. Il follow-up rompe radicalmente con questa narrativa ponendo il cambiamento di Solana – come persona ed artista – al proprio centro.

SOS propone all’ascoltatore gran parte dei temi già propri del predecessore, ma lo fa in una prospettiva differente: sia l’approccio lirico che quello vocale provano, infatti, la maturità di SZA che è riuscita a liberarsi delle prigioni mentali di CTRL.

Questa maturità è il traguardo raggiunto dopo un percorso interiore di evoluzione, durante il quale Solana ha deciso di riappropriarsi della propria identità e rivendicare la propria indipendenza. Ce lo dice subito – in apertura – la title track con la quale SZA proclama:

“And all the petty shit aside/All the funny shit aside/I just want what’s mine/Mine, oh/I just want what’s mine”

L’artista prosegue ad approfondire questa emancipazione in Kill Bill e in Seek & Destroy. Attraverso le immagini dell’omicidio e di un attacco missilistico, SZA incanala la propria rabbia buttandosi alle spalle tristezza e commiserazione per abbracciare una ritrovata libertà. Le illusioni di CTRL cadono definitivamente con Low, dedicata alla riscoperta di una nuova parte di sé che la cantante preferisce mantenere riservata:

“Fuck you, real shit/I wasn’t even on “fuck you”/But you tryna make me look stupid/I’ll slap the dog shit out of you, stop playin’ with me”

Il cammino non è stato facile e prova di ciò sono le diverse tracce che si fondano sui temi cari al primo album. Brani come Love Language e Snooze restituiscono un conflitto con il passato che SZA sembra – a tratti – perdere. Tuttavia, sullo sfondo rimane sempre e comunque la conquista del proprio spazio e del proprio io.

“You caught in the maze, I/Thought it’d be easy to get myself what I needed, but it takes some time/And I’m out of patience, I burned it with you/Can’t lose myself to your ego, I wanna say”

Una raccolta di istantanee.

SOS conferma il talento di SZA come autrice. Nel corso dell’album, l’artista condivide con il pubblico il percorso fatto negli ultimi cinque anni. La capacità evocativa della sua penna fa assumere al disco l’aspetto di una raccolta di fotografie: un collage di momenti in cui ad essere protagonista è l’umanità della cantante.

Blind, ad esempio, ben dipinge l’epifania di SZA, arrivata a capire di non avere bisogno di altro se non di sé stessa. Snooze cattura l’intimità con il partner, mentre Special vede l’artista misurarsi con una sensazione di inadeguatezza fisica.

“I wish I was that girl from that Gucci store/She never wore any makeup and she owns couture/I got pimples where my beauty marks should be/I got dry skin on my elbows and knees/I never liked her, wanted to be like her”

La vocazione pop di SZA.

La forza travolgente di SOS sta però nella sua vocazione essenzialmente pop. L’estrema eterogeneità musicale del progetto ha aiutato, infatti, SZA a puntare ad un pubblico molto più ampio. Pur nella sua unicità, CTRL portava con sé un rischio enorme: una monotonia e ripetitività in termini di produzione.

Il secondo album di SZA è, invece, tutt’altro. Accanto a brani più tradizionali come Shirt, Used e Open Arms, Solana ci propone qualcosa di più che rende il risultato finale un progetto degno di nota. Anzitutto, Ghost in the Machine in cui SZA si dedica a tinte indie. Ancora F2F, bomba musicale del progetto, e il crossover country-pop Nobody Gets Me. Infine, Forgiveless contenente un freestyle di Ol’ Dirty Bastard.

Con quest’ultima canzone, l’artista si cimenta con il rap incorporando nel beat un freestyle del compianto artista. Nel corso di un’intervista, Solana ha avuto modo di confermare il valore della traccia, realizzata di comune accordo con l’estate di ODB.

Un disco imperfetto.

SOS non è un album perfetto, ma non lo voleva essere nemmeno nelle intenzioni di SZA. Il progetto dà voce alle difficoltà di una giovane ragazza che mai si è abituata al peso della fama e che ha rischiato varie volte di rimanere schiacciata dai propri fantasmi.

Il secondo sforzo discografico di Solana è il testamento di un cammino, alla cui base si trova una straordinaria autoconsapevolezza sia come persona che come artista. Purtroppo, stando ad alcune sue vecchie dichiarazioni, potrebbe essere il suo ultimo lavoro musicale.

Godiamoci allora l’arte di SZA finché ne abbiamo la possibilità.