Vi presentiamo My solo di Easyman

Easyman

My Solo è un disco semplice: senza troppe pretese, senza una particolare strategia di marketing, lontano da una direzione monetizzabile. Pieno solo di quelle sane pippe mentali che rendono un uomo qualunque un rapper. Easyman, brianzolo (come Ape), vera testa Hip Hop (come pochi), è fuori con l’album giusto.

Easyman presenta My Solo: rap milanese lontano dai riflettori

Milano, anni 20. Nella città dei Ferragnez e del Bosco Verticale – l’ex città del Derby, di Jannacci, di Balestrini… – non tutto è colorato e pulito. Oscuro e sporco, l’Underground locale resiste e persiste, e a questo giro ci presenta un disco corposo, classico senza suonare ripetitivo, un buon prodotto che vale la pena ascoltare.

My solo di Easyman – un “tipo conscious che skilla” – è un disco auto-terapeutico, un tentativo di rispondere a quella crisi d’identità collettiva che ci fa raccontare spesso in maniera sbagliata, auto-rappresentandoci in maniera diversa da quello che siamo.

Nel disco si racconta, senza filtri o schermi protettivi, del sé. Il piatto principale è l’individuo e il suo mondo interiore. La tanto abusata triade (Soldi, Droga, Sesso) rimane marginale, come una spezia che arricchisce il piatto, ma non ne sovrasta il sapore.

Per questo si potrebbe anche parlare di Conscious-rap, sottogenere (etichetta di comodo) individuabile in un approccio più serio (ma non serioso) alla disciplina, mosso da temi come

l’analisi della società e dei rapporti sociali, il desiderio di uguaglianza, i problemi economici della gente comune

Tematiche generiche, forse, ma fondamentali, che in My Solo emergono a sprazzi, in brevi istantanee. Con la sua voce ‘blu’ (calma, profonda, notturna) Easyman racconta l’altro mondo, quello difficile e reale. E lo fa attestandosi su un buon livello generale.

Piacere, Easy

Difficile analizzare un disco vivisezionandolo, scomponendolo asetticamente nelle sue parti per individuarne costanti ed eccezioni. Un disco – checché ne dica il web e la frenesia da ‘tocca e fuggi’ dei social – va ascoltato dall’inizio alla fine.

Come un libro, ha una sua storia, una sua coerenza interna, una sua evoluzione. E My solo si preannuncia come una sorta di carta d’identità. Un modo per l’artista di presentarsi (nonostante l’esperienza e gli anni 34) a una possibile platea. Un curriculum vitae artistico.

Tra pezzi hardcore e pezzi ‘de core’, i molteplici interessi del rapper convergono entro una cifra stilistica che definiremmo conscious per comodità, perché non si limita a parlare del rap; ma utilizza il linguaggio del rap (linguaggio semplice e diretto) per affrontare temi e situazioni universali. Come un palombaro nei fondali dell’esistenza, scavando fa emergere Lolita.

Ispirata forse da Lisa dei Club Dogo (citata nella strofa di Rabbit), Lolita racconta la triste storia di una ragazza plagiata. Dalla società. Dagli uomini. Dalla vita. Una presa d’auto-coscienza sulla brutalità, l’insensibilità e la pochezza umana. Un pezzo che va ascoltato e non descritto.

Without You

un’altra cosa che manca è l’attaccamento all’aspetto culturale dell’Hip Hop che adesso non c’è più. L’Hip Hop è musica di massa, è la musica del momento, è una musica completamente globalizzata che non parla più solo un linguaggio, parla i linguaggi di tutti il mondo nello stesso modo, con la stessa forma, e la stessa formula soprattutto…

Il pezzo che tuttavia riassume al meglio il disco è Without You. Insieme a Barf, Easyman dedica un’ode all’Hip Hop, sentita e sincera, dove si citano Parole di Mistaman, Fibra, Flycat, le murate con gli spray; si possono ascoltare gli inserti vocali di Bassi, Kaos, Primo

Con l’attitudine e la consapevolezza del fan che ha atteso anni prima di prendere seriamente il microfono, salire sul palco (o entrare in uno studio) e spaccare tutto; con il disincanto e l’amarezza di chi ormai conosce certi meccanismi, e sa che non potrà mai entrarci, Easyman è fuori con My Solo.

Un disco dalla cultura, per la cultura. Ma non è un disco di rap per il rap. È l’ennesima prova che il rap, se fatto in un certo modo, è paragonabile alla psicoanalisi: aiuta a capirsi, a conoscersi e riconoscersi in quello che si scrive. Quando scrivere è un bisogno.

posso anche smettere col fumo, restare a digiuno giuro ma non posso stare Without you…