Cosa ci lascia la “fine” di MRGA?

MRGA Make Rap Great Again

Avete presente quando vi chiedono “ma ti ricordi cosa stavi facendo mentre Schumi vinceva il primo titolo in Ferrari” o altri avvenimenti storici/culturali che hanno lasciato il segno? Io spesso non me lo ricordo, è più forte di me, mi ricordo il fatto ma non sempre la situazione in cui l’ho visto/sentito/scoperto.

Con la musica è diverso, spessissimo mi ricordo dov’ero o cosa facevo la prima volta che ho ascoltato un brano o un disco: Mr. Simpatia lo sentii guidando per andare in ferie a Jesolo; Butterfly Knife del Noyz e Chicoria me lo fecero sentire due amici di Roma mentre giravamo in macchina per la Capitale;  Scar Tissue dei Red Hot ero in camera mia una sera e lo misero in radio.

Non stupisca che mi ricordo il preciso momento in cui ho sentito per la prima volta Young Bettino Story.

Prima della fine di MRGA: come un collettivo ha cambiato il rap nostrano

Facciamo un po’ di contesto

Era l’anno del Signore 2018 ed era uscita anche roba figa in quei mesi. Per dire, l’ottimo Enemy di Noyz, e l’instant classic Memory di Johnny Marsiglia e Big Joe, ma anche Vacca, Egreen e Rancore solo per citarne alcuni. Al di fuori di quello, però, sembrava che nell’ambiente mainstream dopo l’enorme esplosione della musica trap sembrava che in questo Paese si potesse ascoltare solo la versione più edulcorata e meno interessante dell’indie.

Insomma, io ero li che mi dimenavo un po’ per trovare qualcosa di interessante nel panorama del Belpaese e finivo a ritrovarmi ad ascoltare solo altri generi o rap americano che però non mi riusciva più a fomentare come una volta. Ero invecchiato io? Possibile. Era cambiato il genere? Pure. Avevo scoperto Griselda? Ancora no. L’unico contatto che avevo avuto con Conway e company era stato in The Easy Truth di Apollo Brown che lo aveva ospite in Basquiat on the Draw che aveva appunto un feat con The Machine e che ancora oggi mi fa volare.

Vabbè, fine pausa di contesto: torniamo a MRGA. Anzi, torniamo a Young Bettino Story.

Insomma, stava finendo l’estate 2018 ed ero appena tornato dalle ferie, quando a un certo punto scopro che era uscito il disco e ho pensato:”c*zzo figo Gioielli, è un botto che non fa un disco e che bomba di titolo“.

Metto play. Apro la porta di casa per uscire. Sample. Gioielli canticchia. Gioielli ride. Quattro barre: a “Sono Roby Baggio per sti quattro Insigne” sono già completamente preso, immerso nel mood, entusiasta, felice, ho i brividi.

Un paio di pezzi dopo sto già mandando al mio socio di ascolti un paio di cit. Il disco vola ci sono delle bombe incredibili, le voci dell’epoca prese dai tiggì, pochi ospiti ma azzeccatissimi insomma ero in estasi.

Demichelis dopo aver sentito il pezzo che porta, casualmente, il suo nome

Penso di non aver ascoltato altro per un paio di settimane. Mi piaceva tutto, i sample così lontani da tutto il panorama italiano, le rime, i riferimenti, la mancanza dei fottuti ritornelli (che odio i ritornelli). Anche la durata era perfetta, niente sbrodolamenti niente ridondanze. Loop Loona (madonna Loona)

Solo il meglio. Punto.

Da quel momento è stata una montagna russa senza un attimo di respiro: dischi con concept precisi, con suoni centrati, produzioni di livello eccezionali.

Mi piace ricordare come spesso già solo un titolo riusciva personalmente a impattare con me e le mie emozioni. Come quando è stato annunciato Alboreto (e no non per quella scena abusata di “Alboreto is nothing”) ma perché per ME, che il vero Michele Alboreto non ho fatto in tempo a viverlo se non di sfuggita, era già un mito, immortalato da un adesivo sull’Alfa 33 rossa di mio cugino più grande. Gilles Villeneuve e Alboreto. Miti appunto.

O Pray 4 Italy, quando MRGA produceva un disco pazzesco (l’attacco di Lucia Azzolina quanto era devastante) mentre tutti erano a fare i freestyle live su Instagram o su Zoom.

Adesso mi confoderò magari un po’ le uscite. Pornostar mi ha accompagnato mentre stavo facendo un lavoro schifosissimo e rumorosissimo e io godevo (pun intended). Mi emozionavo con Liya Silver con Franco 126 e mi fomentavo con l’entrata a piedi uniti di Ensi in Sasha Grey (Scusa scusa tu chi? Rappo e me la suchi!).

Devo anche stare a parlare dei due migliori dischi estivi italiani di sempre? 5 Bambole per la luna d’agosto del 2021 e Mediterraneo di Gioielli e Montenero di quest’anno? Devo parlare della doppia migliore compilation estiva di sempre ossia FestivalBars (anche le radio mainstream si erano FINALMENTE accorte di ciò che succedeva)

Fare name dropping sarebbe stupido ma mi spiace non parlare di tutti e quindi citiamo gli amici di sempre Nex Cassel e Gionni Grano (che classe in Cipriani) che mi hanno fatto tornare ai tempi di Colpo Grosso (Io amo l’hip hop!); Montenero che avevo lasciato con Casa e Bottega e che ho ritrovato in fortissima. Sia che fossero dischi corali o singoli, ci sarebbe da citarli tutti, dai veterani come Blo/B, Lil’Pin ai giovani come Armani Doc, RollzRois o la coppia d’oro siciliana Elia Phoks Toni Zeno, passando Gentle T, Tosses, Cuns, The Departed Beats, il co-fondatore e prezioso fotografo Fabiostaccailturno e tutti, TUTTI, quelli che hanno partecipato, compresi gli emergenti, tantissimi, e le ulteriori crew come Santa Sede o Stakanov Boys.

Non so potrei andare avanti ore e forse scrivere la parole fine, so che di MRGA (lo scrivo così perché è più comodo) mi è sempre piaciuto tutto: i concept, le grafiche, l’attitudine (sui dischi e live). La commistione di talenti che ha portato dei risultati che (lo vogliate o no) in Italia non si sono mai visti prima. E se in futuro avremo prodotti di questo genere saranno figli anche di questa avventura.

È curioso (o forse no dato che in entrambi i casi gli annunci sono avvenuti ad agosto) che io fossi in ferie quando il nostro Bettino ha pubblicato sul suo Instagram per i 50 anni dell’Hip-Hop un garofano rovesciato. Sono sicuro che tutti i fan hanno avuto un colpo al cuore, un presentimento, una sensazione confermata in queste ultime ore, da un nuovo post recante la (probabile) copertina del prossimo e a questo punto ultimo(?) disco del collettivo. Stupore e smarrimento, quasi panico. Il pensiero “ma se questi smettono io che cosa ascolterò DOPO? 

Poi a mente fredda si capisce che le strade continueranno, le carriere si svilupperanno e sicuramente ci sarà ancora musica per noi. Ma nessuno ci toglierà la “first reaction: Shock”

Tutti noi, oggi

Per chiudere questa lettera non richiesta io volevo solo dire grazie a tutti loro ma, e non me ne vogliano gli altri, soprattutto a Gionni Gioielli.

Per quanto mi riguarda oltre a essere stato un ottimo demiurgo di tutta l’operazione, uno con una grande idea di business (probabilmente MRGA è stata l’unica in Italia a far rendere gli NFT), PER ME è il migliore produttore d’Italia, fine. Mi spiego: ci sono una quantità di buoni beatmaker, qualche ottimo produttore, una o due vere star ma per la capacità di fare ricerca diversa dagli altri, per l’abilità di calarsi “dentro” il concept dei dischi, di produrre sia il banger scassone che pezzi di una raffinatezza insuperabile (riascoltatevi Cipriani), Gioielli è imbattibile. 

Per me resta anche un rapper coi controcazzi, completamente slegato da quello che va di moda al momento in Italia e in grado di fare numeri pazzeschi senza nemmeno fartelo pesare (due esempi al volo: Monza con Garelli e Matteo Salvini con Gianni Bismark.

Immagino che, ad uno con il carattere di Gioielli, un articolo del genere stia solo sulle palle ma io non posso che ringraziarlo per avermi fatto godere, per avermi fatto conoscere ottimi giovani, oltre ad avermi fatto conoscere grande musica grazie alle sue chicche sull’Instagràm.

La musica che ha prodotto o che ha spinto altri a produrre avrà sempre un posto molto rilevante nelle mie playlist, insieme ai vinili e alle loro copertine vicino al mio giradischi.

Chissà se sarà davvero la fine, ma in ogni caso: MRGA È MORTA, VIVA MRGA.

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