In questo articolo andremo ad analizzare per quale motivo i numeri contano fino a un certo punto, ma non possono essere le fondamenta di un movimento artistico.
Diciamolo subito, i numeri contano. Se vuoi vivere della tua arte sono fondamentali, perché le case discografiche guardano soprattutto a quelli più che alla classe. Puoi essere oggettivamente bravo quanto vuoi, ma se non hai seguito è difficile convincere qualche etichetta a firmarti con un contratto irresistibile (anche se a onor del vero esistono, ad esempio, contratti di sola distribuzione per gli artisti emergenti ancora “piccoli”). Poi è anche vero che ci sono le vie di mezzo, penso che molti artisti riescano a trovare una buona zona di comfort senza ottenere milionate di ascolti.
Tuttavia, vorrei affrontare un argomento che sta passando di moda ultimamente: l’importanza di avere artisti che, a volte fregandosene del successo di serie A, mettono in primo piano la qualità del proprio lavoro, consapevoli di risultare più ostici al pubblico facendo quindi meno successo ma sicuri del fatto che saranno ripagati da qualcosa che non sia il mero denaro. Non vorrei star qua a discutere sulla qualità degli ultimi singoli di Shiva o della FSK, non è ciò che voglio affrontare. Penso che ognuno sia cosciente dell’onestà artistica del proprio operato e ovviamente ognuno è libero di scegliere il proprio percorso.
Vediamo in che modo alcuni capolavori del rap hanno raccolto molto meno di quanto meritavano, ma sono diventati cult col passare del tempo e hanno aiutato concretamente il genere. A supporto, porteremo alcuni esempi con altri tipologie di arte, come il cinema o la pittura.
Partiamo subito col botto, per far capire immediatamente il discorso di base, ovvero IL tridente del 2015 Status–Squallor–Vero rispettivamente dei tre mostri sacri Marracash–Fabri Fibra–Guè Pequeno che vanno a comporre le teste del Cerbero del rap italiano.
Chi ha vissuto quell’anno a pieno se lo ricorderà per sempre, perché era un periodo nel quale il genere stava soffrendo e cominciava ad appiattirsi, e a cosa servono i geni se non a cambiare le carte in tavola quando e come vogliono?
Partì il re della Barona con un disco ostico, crudo, scuro e serio; altre parole, perfetto. Segue il rapper di Senigallia con un album che neanche pubblicizza, ma che butta fuori da un giorno all’altro lanciando di fatto uno schiaffone in faccia a tutte le logiche del mercato e dimostrando la sua Grandezza, con la “G” maiuscola. Infine, non poteva mancare il Golden Boy, tirando fuori dal cilindro un disco simile a quanto detto per Status, gli aggettivi risultano superflui.
Probabilmente stiamo parlando dei migliori dischi della loro carriera per tutti e tre (o comunque ci siamo quasi), ma hanno faticato ad accumulare consenso, hanno raggiunto non senza qualche difficoltà il disco d’oro e a livello di singoli non sono paragonabili ai giorni moderni. Il motivo è semplice, non sono progetti destinati per la massa, bensì sono album senza compromessi, scaturiti dall’amore per il genere. Infatti col passare degli anni sono stati etichettati tutti come cult assoluti e masterpiece della storia del rap italiano.
Stesso discorso si può fare per quasi tutti gli artisti, il punto è che c’è chi fa musica per ottenere successo immediato e chi invece la fa per bisogno artistico, senza giungere a troppi “accordi” per arrivare facilmente al grande pubblico. Rapper come Johnny Marsiglia, Rancore, Claver Gold e Axos (solo per citarne alcuni molto sottovalutati, potrei continuare all’infinito), meriterebbero – secondo il parere di chi scrive – ben più di quanto raccolgono quotidianamente ma, nonostante tutto, portano avanti i loro principi, che pongono davanti ai soldi e al successo.
L’arte ha bisogno di tutto questo, più che della propria commercializzazione, perché nessuno vuol negare l’importanza di vendere per far nascere e crescere un’industria e conseguentemente tutto il movimento artistico di un genere, però alla base ci deve essere la passione, quella più pura, disinteressata e cristallina. Senza di essa tutto il resto muore.
“Dove sono i tuoi sogni?
I miei non cambiano mai sempre con me
Anche nei momenti più inutili
Sempre con me anche se a volte avrei voluto distruggerli”(Passione di Johnny Marsiglia)
Citando altri artisti che aiutano molto il rap e che fanno della qualità il loro punto di forza senza mai essere ripagati abbastanza possiamo vedere, tra il gruppone della nuova scuola emersa dal 2016 in poi, Ernia e Izi.
Anche in questo caso il discorso è analogo a quanto detto prima. Perché, per quanto abbiano un ottimo seguito, non raggiungono numeri stratosferici come alcuni loro colleghi e amici? Perché i loro album hanno sempre un mood diverso da ciò che attira la massa, hanno dei concept ben precisi, mirano persino a insegnare qualcosa all’ascoltatore facendolo viaggiare, il punto è che non tutti sono disposti a salire sul treno.
“Guardo l’occhio, dopo provo a definire una persona, dai
Se ha l’ombra dentro oppure gioia, oppure cosa c’hai
Non faccio tutto ciò per gloria ma per comprensione
Chiunque c’ha un po’ di ragione subisce oppressione”(Il Nome Della Rosa di Izi)
Anche in altri tipi di arte funziona spesso così, ne è un classico esempio Van Gogh, che faceva la fame, insieme a numerosi altri colleghi pittori che sono stati esaltati e riconosciuti veramente solo post morte. Anche per il cinema spesso film diventati cult non sono stati apprezzati a dovere all’uscita. C’era Una Volta In America fu un insuccesso al botteghino, per poi esser stato successivamente col passare del tempo riconosciuto come uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. Blade Runner, altro cult assoluto, inizialmente non fu ripagato granché, sfiorando a malapena un incasso totale in patria a pari del budget di produzione. Vogliamo veramente domandarci se per il cinema sono più importanti film come i due appena citati o un Cine Comics qualsiasi (che però sono sempre ultra successi all’uscita) di miglior rapper?
Potrei continuare facendo la lista dei numerosissimi rapper (o casi in generale anche per quanto riguarda altri tipi di arte) che raccolgono meno di quanto seminano, ma spero che il concetto sia stato espresso in maniera efficace e che abbiate capito il discorso. La prossima volta che apri Spotify, non fermarti alla Top 50 Italia, prova a esplorare veramente tutto il genere e soffermati sui singoli album, magari scopri un mondo che non hai mai avuto il coraggio di osservare ma che ti trascinerà nella vera bellezza del rap.