Recensione di “Redemption”, il nuovo album di Jay Rock

La Top Dawg Entertainment si conferma ancora al top con “Redemption”, il nuovo album di Jay Rock.

Quando è uscito “Win”, il primo singolo estratto da “Redemption”, le aspettative su Jay Rock erano altissime, per due ragioni in particolare. In primis perché un artista della Top Dawg Entertainment difficilmente passa sotto traccia ed in secondo luogo perché – a nostro parere –  il precedente disco aveva posto delle solide basi per un futuro molto interessante.  Il singolo, però, ha lasciato spiazzati un po’ tutti. Un po’ come quando guardi un film dopo che è iniziato da un pezzo: puoi anche incuriosirti ma difficilmente lo capirai fino in fondo. Anzi, sembrava quasi la traccia di accompagnamento dei titoli di coda di quell’ipotetico film.

Eppure quel ritornello martellante ci è rimasto in testa per giorni interi. Qualche tempo dopo esce finalmente l’album ed ogni cosa sembra tornare al suo posto, già dalla prima traccia – “The Bloodiest” – che ha un effetto totalmente opposto a “Win”. Non a caso sono una la traccia d’apertura ed una quella di chiusura, solo che Jay Rock ne ha invertito l’ordine d’uscita. Un modo inedito di catturare l’attenzione del potenziale ascoltatore coinvolgendolo nei momenti chiave del disco.

“The Bloodiest” è una delle intro più potenti che si possano presentare nel mercato attuale dell’Hip-Hop. Niente mumble rap, niente virtuosismi: solo un tremendo basso che vi tirerà giù le pareti sin dai primi secondi. La formula è semplice ma efficace: Jay Rock non è mai stato un fenomeno, liricamente parlando, ma sa bene quali direzioni prendere e sa come farlo.  Recentemente la credibilità è stato elemento di discussione tra chi la reputa indispensabile e chi la ritiene ormai superata. Jay Rock ne fa invece un elemento portante, grazie al quale è in grado di scrivere rime solide e dal forte impatto emotivo. Come questa:

“The devil thought he had me, i was on back burners
Moonwalkin’ fast, y’all respect my journey
Evil tappin’ in like the Feds was watchin’”

Queste sono le barre d’apertura di “The Bloodiest” che – esattamente – come il ritornello di “Win”, sono riuscite a rimanere impresse nel nostro cervello per parecchio tempo. Ed è proprio tra il prologo e l’epilogo che Jay Rock ci convince ad ascoltare con attenzione la sua storia. Una storia di chi ha qualcosa di importante da dire, senza edulcorazioni o esagerazioni di sorta. Jay non è un raffinato storyteller né tantomeno un santone spirituale dell’Hip-Hop, ma non è nemmeno un artista grezzo o monotematico. Johnny McKinzie in “Redemption” riesce ad essere tante cose ad un ottimo livello. Dalla struggente “For What is Worth” passando per l’ipnotica “112th Rotation” sino al racconto cinematografico di “OSOM” , impreziosita da J. Cole. Ogni brano ha vita propria e sarà in grado di soddisfare ogni vostro tipo di ricercatezza.

La storia di Jay Rock va ascoltata per trarne beneficio. La storia di un ragazzo che dalle difficoltà è riuscito a tirare su un mare di certezze ed autostima, che con“Redemption” prendono vita come nelle migliori fiabe. Come in “Es Tales.