Rap neighbours: la storia di Sampha

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La lunga rincorsa di Sampha: dai featuring con Drake a “Process”.

Chiunque abbia fatto attenzione alle uscite musicali di questo appena concluso 2017, non può non aver sentito nominare il primo disco di Sampha: “Process”.

Sampha non fa rap ma fa parte di tutto quel sottobosco di artisti che volente o nolente, continuano a contaminare ed espandere i confini di questo genere. Si parla di un cantante e produttore discografico che negli anni ha spaziato in diversi generi, lavorando con artisti che vanno dagli XX a Charlotte Gainsbourg, ma soprattutto (ed è qui che ci interessa) con pesi massimi dell’hip-hop contemporaneo come Drake e Kanye West.

Sampha & 6 God

Il mio primo approccio con il cantante inglese è stato proprio attraverso Drake e il suo disco “Nothing Was The Same“. Il suo nome era presente in due brani particolarmente efficaci, all’interno di un disco che ad oggi rimane il lavoro più iconico del rapper canadese. Sampha ha una voce particolarmente piena, molto emotiva e comunicativa; in un contesto dalle atmosfere soffuse e delicate, la sua presenza non fa che aumentare l’appeal e la forza della canzone. “Too Much” e “The Motion” sono due brani molto introspettivi, in particolare il primo è forse una delle canzoni più intime e personali del 6 God.

Too Much” è una doccia bollente di pensieri ed emozioni, dove da un lato mostra tutte le difficoltà dell’essere al centro della scena, cercando di essere sempre il migliore di tutti. Dall’altro parla di tutti i problemi che sta vivendo a casa. La voce di Sampha serve da palliativo per tutte le sue ansie, gli dice di non preoccuparsi e di credere in se stesso.

“Don’t think about it too much, too much, too much, too much
There’s no need for us to rush it through
Don’t think about it too much, too much, too much, too much
This is more than just a new lust for you”

In “The Motion” invece, più che un interlocutore esterno che cerca di confortare un amico, le voci dei due cantanti si integrano a vicenda nei ritornelli e nell’outro della canzone, creando un momento di interazione veramente unico.

Questo sodalizio con Drake si ripeterà ulteriormente nel 2017, con la presenza di Sampha sull’ultimo disco del rapper canadese “More Life“. “4422” è l’ottava traccia del disco, uno skit da solo del cantante dal significato misterioso e interpretabile in diversi modi. L’unica cosa realmente chiara è il significato dei numeri: 44 è il prefisso dell’Inghilterra, 22 quello della Sierra Leone. Per ulteriori approfondimenti sul significato del testo rimando a questo video di Genius, che propone diverse spiegazioni.

In questo brano si possono ritrovare tutti i motivi per cui il cantante inglese è così apprezzato. Su un beat a pianoforte (probabilmente suonato da lui stesso), la voce di Sampha si distende piano piano, creando un tappeto sonoro molto dolce. Il risultato è un melodia carica di sentimento e passione.

Sampha & Pablo

Nella scena rap contemporanea è molto difficile pensare a qualcuno che abbia sperimentato più di Kanye West. Da sempre attento ad ogni nuova tendenza o possibilità espressiva – quando non è lui stesso a dettare la linea, il talento di Sampha non poteva di certo passare inosservato agli occhi di Pablo. Non sorprende quindi vederlo comparire in una delle tracce più emozionanti di “The life of Pablo“, la bonus track “Saint Pablo“.

“Saint Pablo” è stata aggiunta successivamente all’uscita del disco, ma nel giro di poco tempo è diventata una delle canzoni più ascoltate e chiacchierate. Kanye affronta di nuovo i suoi demoni, legati al suo stato di salute mentale e a presunti problemi economici. Ci sono anche una serie di considerazioni legati alla sua posizione rispetto ai media, all’industria discografica e propone dei suoi pensieri in merito alla società in generale. Un brano molto personale.

In tutto questo Sampha si inserisce con un ritornello triste e introspettivo, in cui ragiona sul suo rapporto con la divinità e sulla costante ricerca di risposte, attraverso la contemplazione del cielo notturno. Il discorso, poi, si fa ancora più drammatico nella terza strofa (solista di Sampha) dove il fantasma della solitudine emerge nella ricerca di un dialogo con la divinità dalla quale non ottiene risposta. Il protagonista si trova da solo a piangere al bar, invisibile e abbandonato, e il brano diventa sempre di più un sfogo con la voce che assume toni sempre più struggenti.

Il rapporto con Kanye è decisamente fruttuoso, difatti si ripeterà nella scrittura a quattro mani di un brano nel primo disco ufficiale del cantante inglese: “Timmy’s Prayer“, ottava traccia di “Process“.

“Process”, il primo album ufficiale di Sampha

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Ci sarebbero altri due lavori antecedenti a questo disco, due EP: “Sundanza” (2010) e “Dual” (2013). Ho deciso di dedicarmi primariamente al disco in quanto, per opinione personale, ritengo sempre che gli album ufficiali siano più rappresentativi di un artista, rispetto ad EP e mixtape che vedo più come luoghi di sperimentazione libera. In ogni caso in “Dual” si possono già trovare degli elementi riconducibili a “Process”, tematiche come l’amore, la morte e il dolore venivano già toccate dal cantante che, però, non risultava ancora così efficace.

“Process”: 40 minuti di ascolto, 10 tracce, nessun featuring. Unico collaboratore esterno nella scrittura è Kanye in “Timmy’s Prayer” che è stato anche il primo singolo, uscito a maggio 2016. Successivamente a questa sono stati rilasciati altri due brani con video allegato, “Blood On me” e “(No One Knows Me) Like the Piano“.

Questo disco ha proprio tante cose belle, frutto di un lavoro minuzioso sui dettagli e sulla presentazione del prodotto finito. La protagonista indiscussa è la voce, che spazia su tutti i toni e le gradazioni, diventando più forte o più struggente, più alta o più bassa a seconda del genere di sensazioni che vuole ottenere. La gamma cromatica di sensazioni che si provano durante l’ascolto è ampia, ma di base rimane un album personale e riflessivo. Il punto di origine delle sue canzoni sono le esperienze personali che ha vissuto e con la quali ora fa i conti: il rapporto con la defunta madre, morta di cancro, la consapevolezza della propria condizione di finitezza e fallibilità e le difficoltà relazionali con il fratello, anche egli malato di cancro. Tanti sono i temi che vengono affrontati e la vita è l’ispirazione primaria per il racconto di tutti questi fatti. Come spesso capita nel momento in cui degli artisti vivono esperienze del genere, la musica diventa esperienza di condivisione e catarsi. Nei momenti più raccolti, questo risulta così essere un disco emozionante.

Da un punto di vista più propriamente musicale, oltre alla voce che, come già detto in precedenza, è la protagonista indiscussa, le produzioni si muovono su toni differenti ma sempre al servizio del cantato: ci sono brani più intimi come “(No One Knows Me) Like the Piano” e “Take me Inside” in cui la struttura a pianoforte è al centro della scena, momenti più spinti come “Blood On Me“, momenti che strizzano un occhio alla musica elettronica come la seconda parte di “Take me Inside“, “Reverse Faults“, ma anche “What Shouldn’t I Be ?” “Kora Sings“, canzoni dai tratti quasi “esotici” per certi versi.

Da questa rapida carrellata di informazioni fa capire la complessità e la stratificazione di un autore come Sampha, personaggio laterale eppure centrale nella scena della musica contemporanea. Ricco di contaminazioni ed esperienze uniche, che riesce a trasmettere ogni volta che mette mano al piano e inizia a cantare.