La Maquina alza il livello di Conway The Machine

Conway The machine

Dopo aver collaborato con Big Ghost in If It Bleeds It Can Be Killed, Conway The Machine è tornato con La Maquina, un nuovo disco che rimette tutti i suoi detrattori in riga.

Chi aveva dei dubbi sul suo operato – possibilmente lontano dal guscio Griselda – dovrà quindi ricredersi. Conway è molto più di un semplice rapper da barre hardcore: più verosimilmente, ha l’ambizione di essere un nuovo Jay-Z o un nuovo Nas. Ci riuscirà in futuro?

La Maquina: Conway The Machine non vuole porsi alcun limite

Partendo dal titolo, La Maquina ha bisogno di poche presentazioni. Conway ha basato una carriera intera sul suo nome, The Machine, che descrive bene le caratteristiche del suo rap preciso, elegante e concreto. Quel che però Conway sta provando a fare da un po’ di tempo a questa parte è un upgrade dello stile e della visione che lo ha portato in alto e che lo hanno incoronato come rising star del rap americano insieme al resto del team Griselda.

From King to a God è stato forse uno degli album più validi della scorsa annata, e si intravedeva già la voglia di non rimanere limitato alla cifra stilistica che lo contraddistingue, sperimentando su sonorità diverse – come accade in Anza – pur senza osare troppo. L’obiettivo di quel disco era di posizionare definitivamente Conway in quanto artista a sè stante, senza necessariamente esser sempre “il fratello di Westside”, a cui realisticamente si deve la creazione di un vero e proprio impero.

Non è un caso infatti che di recente siano arrivate parecchie voci che parlavano di una rottura tra i due, come faceva presagire l’assenza de “la macchina” in Conflicted e la nascita della sua label indipendente Drumwork Music, sulla quale ha scommesso parecchio negli ultimi mesi. Fortunatamente però, sembra che quelle voci siano del tutto infondate. La saga continua e siamo sicuri che continuerà a regalarci perle che col tempo diverranno molto probabilmente dei classici del genere.

I started DrumWork and people think it’s beef with my brother
Maybe every endeavour, we supposed to eat with each other
Fuck what they think and fuck they opinions, we jumpin’ in Benzes
Johnny made my piece with a couple dimensions
This DrumWork, guns come with extensions, n*gga

La Maquina – che segue l’ottimo If It Bleeds It Can Be Killed – è un disco in cui Conway The Machine ha dimostrato di avere delle skill potenzialmente infinite dimostrando una versatilità pregevole, che gli permette di destreggiarsi sapientemente tra le diverse sonorità senza nulla da invidiare ai colleghi più mainstream. Non possiamo dare per scontata una convivenza tra artisti come Alchemist, Daringer e Murda Beatz, ma Conway ci è riuscito alla grande.

Come ogni disco Griselda che si rispetti anche La Maquina è pieno di riferimenti e citazioni: sull’NBA, sui brand, sull’hustling e più in generale sulle esperienze di vita che hanno segnato l’autore. Conway inoltre è uno di quei rapper che ha sempre mantenuto un importante quota conscious nelle sue liriche, in grado di ricreare dei veri e propri story-telling nella testa dell’ascoltatore che ha la possibilità di immergersi nella sua travagliata storia senza alcun filtro.

Conway Cares, I started my own charity, but still nobody cheer for me
What happened to them n*ggas that told me they always here for me?
N*ggas don’t even hit my line no more, that sh*t is weird to me
I just know they sound eerily similar to the sh*t you hear from me
I influenced they music, that sh*t clear to see
Machine, b*tch

Come in questo caso The Machine ha sempre qualcosa da dire nei suoi pezzi, il che rende la sua arte affascinante e questa non è cosa da poco in un movimento in cui purtroppo le liriche così come il sound tendono ad omologarsi facilmente.

In ogni traccia appare chiaro come Conway non abbia lasciato nulla a caso per La Maquina, lavorando minuziosamente sia sulla tecnica che sulla forma: i suoi flow sono più variegati e le liriche più pulite nella loro esecuzione, mentre si misura su ogni tipo di sonorità senza apparire mai fuori posto, come accade nella eclettica Scatter Brain con JID e Ludacris.

Non manca poi la visione imprenditoriale al suo interno, espressa nelle rime ma anche nei dati di fatto,  dato che il giovane artista della Drumwork Jae Skeese appare nel progetto in ben tre tracce e si riconferma nuovamente come la punta di diamante su cui Conway ha deciso di puntare.

Tra pezzi come Bruiser Body e Clarity inoltre, Conway sembra portare a termine un processo di evoluzione che sembra poter mettere d’accordo tutti, dai fan più fedelissimi sino agli ultimi arrivati, che non potranno in alcun modo rimanere immuni alle strumentali ed all’attitudine immacolata di questo disco.

Un esempio lampante del peso de La Maquina – il cui titolo si ispira alla nota maison di Pablo Escobar – è anche la strofa di 2 Chainz, che tra un disco trap e l’altro ci ricorda come le sue barre siano ancora d’oro quando si tratta di fare sul serio: da Mercy sino a 200 pieces, la sua presenza in una traccia è un fattore chiave oltre che sinonimo di assoluta qualità.

Think where you would be if I wasn’t trappin’
Think where you would be if I didn’t sacrifice and make this shit happen

Il rap americano non ha più soltanto una nuova alternativa, un rapper ed un movimento di rottura, ma adesso sembra che abbia una definitiva conferma. La Maquina di Conway The Machine è sicuramente uno degli album più forti di questo 2021 ed è destinato a far scuola per giovani imprenditori dalla lunga prospettiva del rap game o per chiunque volesse affacciarsi in questo mondo senza il timore di ritrovarsi coinvolto in un mare di banalità e di clichè.

Il rap di Conway ha ancora molto da dire, e sembra che siamo solo all’inizio. Fortunatamente.