La redenzione di una Black Panther

Black Panther Kendrick Lamar

Abbiamo visto “Black Panther” al cinema… e se il Vibranio fosse l’Hip-Hop?

Ieri sono andato a vedere Black Panther al cinema, il nuovo colossal dell’universo Marvel che ha come protagonista un eroe di colore e che ultimamente è finito al centro di critica e dibattito grazie anche alla presenza della colonna sonora interamente curata da Kendrick Lamar. Proverò a non farvi alcuno spoiler.

Premesso che avevo promesso – scusate il gioco di parole-  di non andare mai più a vedere un film al cinema che abbia come tema i supereroi: le ultime esperienze – risalenti a “The Avengers” e “Batman Vs Superman- erano state veramente traumatiche. “Black Panther” però aveva qualcosa di diverso, uno spirito dentro di sé e delle intenzioni che provavano ad andare più in là del botteghino e delle apparenze. O forse ero soltanto incuriosito per via della colonna sonora che – ovviamente – è ridotta al minimo nel corso delle due ore abbondanti del film.

Le premesse erano davvero buone. La genesi che ne racconta le avventure capovolge completamente le vicende storiche, con il Wakanda – sì, l’Africa– che vive in prima persona e da protagonista la nascita della civilizzazione e del progresso grazie ad un meteorite atterrato sul suolo – il Vibranio – composto da un metallo particolare in grado di assorbire energia sotto qualunque forma. Le tribù che la popolano vanno quindi in conflitto al fine di impossessarsene sino a quando la Dea Pantera illumina un capo tribù e lo convince a creare un regno unificato, nascosto ed a sé stante. L’Occidente infatti non è a conoscenza di tale potere considerando ancora l’Africa un paese del terzo mondo, come più volte ribadito durante il film.

Ora, a parte tutti i luoghi comuni che da sempre attanagliano l’ideologia dei film Marvel sempre doverosi di mostrare una morale ed un’etica manco dovessero candidarsi in politica. L’idea è che in realtà la diffusione dell’Hip-Hop su scala globale – come testimoniano classifiche e dati – abbia finalmente aperto le porte alla sensibilizzazione di temi delicati come quello del razzismo o dell’integrazione delle comunità afro nella società. Il Vibranio – l’elemento che li rende unici ad insaputa dell’occidente – è in realtà metafora – come tante volte i dialoghi ci suggeriscono – dell’anima e del cuore pulsante delle radici africane. Nella prima metà del film molti sono i riferimenti culturali, i costumi e la nobiltà d’animo che questi possiedono e che la nostra musica ha da sempre provato ad affermare e diffondere.

Eccetto qualche sporadico fail del tipo: “Non rientra nel nostro stile accogliere i profughi con i loro problemi”.

Ma cosa c’entra l’Hip-Hop con un film costruito ad hoc per ottenere consensi? Pensate davvero che sia casuale che la colonna sonora ufficiale del film sia composta totalmente da artisti black che rientrano nella sfera dell’Hip-Hop? Ovviamente no. È statisticamente provato che ogni qualvolta un prodotto viene studiato ed elaborato per esser offerto al mercato mondiale ci sia dietro un lavoro di studio accurato sui gusti e le tendenze – più o meno comuni – del pianeta. E l’Hip-Hop negli ultimi anni ne ha scalate di classifiche in fatto di preferenze. Non è affatto casuale vedere per la prima volta un blockbuster simile dove l’80% dei personaggi in scena sono di colore e che molto spesso – anche se tramite retorica un po’ di plastica – discutono sulla visione che oggi la società ha delle persone di colore e del loro, apparentemente distante, mondo. Spike Lee ne sarà ben lieto.

Già dal titolo il film offre domande e risposte interessanti. Il movimento rivoluzionario delle “Black Panthers” è stato uno di quelli che più hanno influenzato l’hip-hop e vice-versa, segnando un solco profondo nella storia degli afro-americani. Questa si basava su 10 punti che vi riportiamo di seguito e che molto – se non tutto – hanno in comune con i propositi dei Wakandiani.

  • Vogliamo la libertà, il potere di determinare il destino nella nostra comunità nera;
  • Vogliamo piena occupazione per la nostra gente;
  • Vogliamo la fine della rapina della nostra comunità da parte dell’uomo bianco;
  • Vogliamo abitazioni degne degli esseri umani;
  • Vogliamo un’istruzione che dia dignità alla nostra storia e che smascheri la decadenza della società attuale;
  • Vogliamo essere esentati dal servizio militare;
  • Vogliamo che si ponga fine agli abusi di potere delle forze dell’ordine;
  • Vogliamo la libertà per i nostri pari incarcerati ingiustamente;
  • Vogliamo il diritto di essere giudicati in tribunali dai nostri pari.

Bene. Questi punti – seppur riassunti per motivi logistici – vanno a configurare in modo trasversale quella che è la trama dl film che purtroppo non riesce a sviscerare né ad argomentare più di tanto. A conferma di ciò dentro troverete degli easter egg molto interessanti come il poster dei Public Enemy in uno dei momenti chiave del film, così come fondamentale per la storia del film è la condizione emarginata dei ghetti dove la gente di colore è relegata. A circondare tutta questa atmosfera vibrante ci sarà infine tantissima musica caratteristica dell’Africa affiancata in modo forse meno coraggioso dai brani della colonna sonora che acquisisce di significato una volta visto il film.

Le idee ed il coraggio che troviamo in “Black Panther” mi rendono quindi fiducioso di come questa musica – ancora oggi e nonostante tutto – abbia ancora il potere di sensibilizzare le masse e di (s)muovere in qualche modo le tendenze e le mentalità che ci circondano e che – molto spesso- ci distanziano da quella che è la verità. Che questo film sia solo la prima fase di un lungo movimento culturale che abbia come portavoce l’Hip-Hop in tutte le sue sfumature. Dal rap sino al senso di appartenenza, dall’uguaglianza sino alla libertà, dalla gente di colore sino a noi bianchi.. E se in realtà il Vibranio fosse l’Hip-Hop? SPOILER, SPOILER, SPOILER: In fondo a fine pellicola i Wakandiani decidono di condividere con il resto del mondo il loro segreto.

Grafica di Matteo Da Fermo.