Get Rich Or Die Tryin’ di 50 Cent: l’album di debutto che suona perfetto come 20 anni fa

50 Cent Get Rich Or Die Tryin'

Sono passati 20 anni dall’uscita di Get Rich Or Die Tryin’ di 50 Cent ma ogni volta che lo si mette in play sembra ancora quel 6 febbraio 2003, giorno in cui il mondo intero conobbe la forza di un rapper lanciato dal duo Dr. Dre ed Eminem (ma non solo) che fece, a colpo sicuro, all in su di lui.

Proviamo a spiegarvi di seguito il perché, anche se, probabilmente, vi basterebbe metterlo in play e ascoltarlo con attenzione per capirlo in autonomia.

Get Rich Or Die Tryin’: l’album di 50 Cent a 20 anni di distanza

Se si vuole conoscere per la prima volta, riscoprire o rivivere questo disco dopo 20 anni che è stato rilasciato in tutti i negozi di dischi, secondo noi è necessario procedere per step:

Cos’è successo prima di Get Rich Or Die Tryin’ di 50 Cent?

C’è stato un momento nella vita di Curtis James Jackson III che può essere visto come lo Sliding Doors per antonomasia, con dei risvolti potenzialmente interessanti a seconda di entrambe le porte prese. Ci stiamo riferendo chiaramente a quel 24 maggio 2000, quando, salito sull’auto davanti alla casa di sua nonna sulla 161ª strada nel South Jamaica, Queens, venne colpito da 9 colpi di arma da fuoco, di cui uno perfino in faccia, con tanto di scheggia di proiettile ancora presente sotto la sua lingua (stando alle sue dichiarazioni nel 2015).

Senza quell’agguato noto ormai a tutti e su cui quindi non ci dilungheremo, 50 Cent avrebbe a tutti gli effetti pubblicato il suo primo album ufficiale circa due anni prima. Power Of The Dollar, infatti, era già più o meno pronto e la Columbia Records era decisa a far debuttare questo giovane rapper del Queens, con tanto di videoclip in collaborazione della Destiny’s Child Beyoncé programmato per essere messo in lavorazione a giorni.

Non avremmo quindi avuto Get Rich Or Die Tryin’

Fifty, dopotutto, era già un paio di anni che si stava facendo conoscere in quelle zone, soprattutto per merito di una leggenda del rap newyorkese come Jam Master Jay dei Run D.M.C., colui che l’ha formato e gli ha insegnato parecchi aspetti del mestiere, affiancandolo anche in studio per le prime tracce ufficiali.

Grazie ai consigli e agli agganci di JMJ e alla sua voglia di valorizzare al meglio il proprio talento, riuscì nel giro di poco a firmare per la sopracitata etichetta di proprietà della Sony Music che, tuttavia, poco dopo quelle 9 pallottole, decise di interrompere bruscamente i rapporti lavorativi con il rapper.

50 Cent mentre si trovava in ospedale si vide così senza più una major, con un album pronto ma letteralmente andato a p*ttane e una carriera di fronte a un bivio: abbandonare la musica per ritornare appieno in quelle strade che l’hanno cresciuto e fortificato, oppure ripartire da zero, con nuova musica e una voglia di rivalsa devastante. Per nostra – e probabilmente sua – fortuna, scelse la seconda via, spronato da quella paura che lo stava tormentando. Non voleva rimanere lì fermo, non voleva rischiare di essere colpito di nuovo da chi aveva provato ad ucciderlo qualche mese prima, voleva rimettersi in sesto il prima possibile e fare capire a tutti, Columbia Records compresa, chi diavolo era Curtis James Jackson III a.k.a. Boo Bo a.k.a. 50 Cent.

Ripresosi dal punto di vista fisico e mentale e con una voce che risentiva di quel proiettile in bocca, 50, assieme agli amici di sempre Lloyd Banks e Tony Yayo iniziò quel percorso con cui alzò notevolmente il concetto di mixtape rap. Da aprile 2002 a gennaio 2003 (un mese prima dell’uscita di GRODT), Fifty e la G-Unit pubblicarono ben 5 mixtape (nulla in confronto a quanto fatto poi negli anni successivi) che permisero a tutti di capire che l’uragano 50 Cent era pronto per tornare, più forte di prima.

Sentite le parole di un certo Jay-Z per farvene un’idea:

C’era quindi chi lo temeva ma anche chi, grazie a quei dischi, capii fortemente che puntare su di lui sarebbe stata un’ottima idea. Quel qualcuno era nientepopodimeno che il rapper più in voga del momento, il quale, dopo aver apprezzato ogni singola canzone di Guess Who’s Back – il suo primo mixtape con all’interno alcune delle tracce inizialmente previste per Power Of The Dollar – decise di metterlo sotto contratto per la Shady Records/Aftermath, con tanto di annuncio nel giorno di uscita del suo The Eminem Show.

Sì, avete capito bene. Em, nel giorno dell’uscita di quello che è probabilmente l’album della sua consacrazione come rapper più famoso del mondo, scelse di condividere i riflettori con l’allora poco conosciuto 50 Cent, incantato da quella serie di brani che stavano scuotendo l’intera scena rap americana.

Con questo preziosissimo deal (1 milione di dollari), Fifty potette lavorare a stretto contatto con due GURU del rap game come Eminem e Dr. Dre, oltre che con una serie di producer focalizzati a pieno sulla realizzazione di un prodotto che facesse esaltare la sua forza innata davanti al microfono. Il tutto, poi, mentre la sua notorietà stava incrementando sempre di più, merito anche della lungimirante scelta del mentore di Detroit di prendere dal mixtape No Mercy, No Fear la hit Wanksta e inserirla nella soundtrack di 8 Mile.

50 Cent era quindi ormai pronto per prendersi ciò che quei 9 colpi di pistola avevano rischiato di portargli via.

I contenuti presenti al suo interno

Come per molti ragazzi afroamericani cresciuti tra gli anni ottanta e novanta nel Queens, 50 Cent ha dovuto percorrere vie pericolose, alcune per scelta personale altre per scelte obbligate da tragici eventi come la perdita della madre e l’abbandono del padre ancora prima dei dieci anni di età. L’affidamento passò in mano ai suoi nonni, a cui rimase molto legato come si può vedere anche nel suggestivo documentario pubblicato assieme al disco e disponibile se volete in più parti su YouTube.

In questa realtà, Fifty ha iniziato a fortificarsi sia dentro che fuori, grazie alla palestra dove praticava boxe e, soprattutto, alla medesima attività che svolgeva sua madre: il drug dealing. Un business che gli portò sia soldi facili – si dice fosse molto bravo – sia conseguenti problemi con la legge, con tanto di arresto avvenuto nel 1994 per aver provato a vendere cocaina a un agente di polizia sotto copertura e ben infiltrato.

Da queste situazioni 50 Cent ha preso spunto per scrivere svariati brani, a partire dall’iconica Ghetto Qu’ran, dove nomina diversi spacciatori di New York, una cosa sicuramente non ben vista dai diretti interessati. In molti, infatti, ritengono sia questa traccia – assieme ad altre sue azioni – ad aver causato l’attentato subito in quel 24 maggio, non tenendo in considerazione un fatto molto importante: tutti quei nomi sono inclusi all’interno di un libro pubblicato in precedenza e intitolato Cop Shot.

Non devono quindi stupire le tematiche presenti all’interno di Get Rich Or Die Tryin’ di 50 Cent: molti neofiti di questo genere, dopo aver ascoltato In Da Club a ripetizione quell’anno, si aspettavano magari di trovare argomenti festaioli o comunque simili a quel mood. Ok, riferimenti a situazioni del genere ci sono, ma in questo disco si parla tantissimo di strada, dal punto di vista un ragazzo di 27 anni che la strada la stava ancora vivendo in prima persona.

Ascoltando attentamente le lyrics, infatti, si potranno sentire ad esempio riferimenti continui a MAC, senza alcun collegamento con il computer con la mela sopra, bensì alla pistola mitragliatrice leggera molto presente in quegli ambienti. Così come frasi del tipo “We ridin’ ‘round with guns the size of Lil Bow Wow” (nella bonus track Wanksta) oppure “In the hood summer time is the killing season, it’s hot out this b*tch, that’s a good enough reason” (in Heat), che non hanno nulla a che vedere con l’ostentazione di armi fin troppo frequente – e spesso fittizia – del rap odierno: basta vedere le cicatrici sul corpo di Fifty per farsene un’idea.

Ci sono poi barre a dir poco esemplificative del mood del disco e, soprattutto, della vita che Fifty stava ancora facendo ma che piano piano, aveva cominciato a lasciarsi alle spalle:

Don’t think you safe ‘cause you moved out the hood, ‘cause your momma’s still around, dog, and that ain’t good (Heat)

oppure:

Hommo shot me, three weeks later he got shot down, now it’s clear I’m here for a real reason, ‘cause he got hit like I got hit, but he ain’t fucking breathing (Many Men (Wish Death))

Chi è Hommo? É Darryl Baum, colui che ha provato a ucciderlo fuori dalla casa di sua nonna. Non serve aggiungere altro.

C’è spazio, però, anche per tematiche differenti in questo disco effettivamente adatto per tutti i gusti. Sì, perché bisogna fare una considerazione quando si parla di Get Rich Or Die Tryin’ e lo si potrebbe fare citando semplicemente la seguente barra di If I Can’t:

I invented how to teach lessons to slow learners

Fifty è riuscito a portare la vita di strada anche a chi non presta attenzione alle parole nei dischi, soprattutto all’interno dei club, dove si può vedere ancora gente ballare ed esaltarsi con le sue canzoni in cui parla a tutti gli effetti di vendetta e persone che non respirano più.

Ad ogni modo, come da lui stesso confidato, Curtis ha sempre avuto due sfaccettature della propria personalità, una più gangsta e una più sentimentale:

Sono due persone. Ho sempre dovuto essere in due fin da bambino, per tirare avanti. Per me questa non è diversità, è necessità.

Così, all’interno della ricca tracklist, troviamo una delle tracce d’amore più conosciute e riuscite della storia del rap, ossia quella 21 Questions realizzata assieme a Nate Dogg e che, inizialmente, non doveva essere nemmeno inserita all’interno del disco, perché Dr. Dre non era così convinto nel vederla in mezzo alle altre tracce. Fifty voleva dimostrare, però, di poter fare anche brani del genere, per se stesso, per i fan, per la critica e, perché no, anche per il rivale Ja Rule. Il rapper della Murder Inc. stava avendo successo con pezzi di questa tipologia? Ok, io sono 50 Cent e posso farlo molto meglio. Detto, fatto.

Oltre a essere un singolo da 446 milioni di streaming su Spotify e 503 milioni di visualizzazioni su YouTube, 21 Questions presenta – come altri brani del disco – una storia peculiare. Nonostante abbia al ritornello un artista unico e completo come il cugino di Snoop Dogg, le sue parole sono state scritte direttamente da Fifty, a dimostrazione di come quest’ultimo si sia sempre trovato a suo agio anche nella realizzazione delle melodie delle lyrics sue (o di altri, ciao The Game!).

La presenza del compianto Nate, tuttavia, ha dato quel tocco in più al brano e, soprattutto, ha permesso di aver all’interno dello stesso il campione di It’s Only Love Doing Its Thing di Barry White. Grazie al suo manager, infatti, è riuscito a ottenere il consenso da Barry in persona per questo sample e, si dice, sia stato l’ultimo approvato da lui stesso prima di morire.

Oltre ai testi, un altro aspetto assolutamente da non sottovalutare all’interno dell’album di 50 Cent sono le strumentali, dietro le quali c’è un signor lavoro a cura di Dr. Dre, Eminem, Sha Money XL e molti altri con cui ha lavorato a stretto contatto, a partire proprio da quest’ultimo, che guarda caso aveva già ai tempi tatuato sul braccio la scritta Get Rich Or Die Tryin’. Cugino di Dj Whoo Kid ed entrato in contatto con Fifty mentre lavorava per la Def Jam assieme a JMJ, è stato lui ad accoglierlo in studio dopo l’uscita dell’ospedale ed è lì dove hanno prodotto gran parte delle canzoni del disco.

Il tappeto musicale di questo album, eppure, non era propriamente inedito, in quanto la quasi totalità delle strumentali erano inizialmente previste per un nuovo disco di Rakim, con alcune di queste che poi sono finite tra le mani anche dei D12, Nas, Dipset e non solo.

Alla fine, però, Fifty le ha fatte sue e forse, possiamo dire, è stato meglio così, con la pace di chi avrebbe voluto sentire il God MC sopra questi suoni.

L’impatto del disco

Con il senno di poi, molti non si sorprendono pensando al successo clamoroso che ebbe questo album nell’industria musicale. Bisogna però un attimo contestualizzarlo per capirne appieno la sua sensazionale riuscita.

In quel 2003, infatti, videro luce, al di fuori del rap: Meteora dei Linkin Park, Dangerously in Love di Beyoncé, Fallen degli Evanescence, St. Anger dei Metallica, American Life di Madonna, In the danZone di Britney Spears, Hail to the Thief dei Radiohead. Un insieme di progetti di giganti del settore, con all’interno in alcuni casi diverse tracce tra le meglio riuscite della rispettiva discografia.

In mezzo a questo marasma, riuscì a farsi facilmente largo un ragazzo di 27 anni del Queens, in grado in un solo anno di aggiudicarsi un contratto milionario con le label di Eminem e Dr. Dre, guadagnarsi nomination ai Grammy Awards per le categorie Best New Artist, Best Rap Album, Best Male Rap Solo Performance e Best Rap Song (quest’ultime due per In Da Club) e vendere 872.000 unità la prima settimana, di cui 400.000 solo il primo giorno.

GTODT era un disco attesissimo da tutti, talmente tanto che la sua pubblicazione fu anticipata di cinque giorni rispetto alla data ufficiale annunciata (11 febbraio) per paura dei troppi leak che rischiavano di esserci in quei giorni di fermento. Giorni che tra l’altro furono seguiti da una serie di attività che contribuirono a fortificare sempre di più la figura di 50 Cent e della G-Unit all’interno della scena rap e di tutto il music business.

Showcase e interviste a destra e manca. Video diventati iconici nel giro di poco, a partire da quello di P.I.M.P. con tanto di prima volta assoluta in cui una certa Apple decise di fare del product placement (per l’iPod) all’interno di una clip musicale, portando nelle tasche di 50 Cent la bellezza di 150.000 dollari. Un tour mondiale arricchito dalla data al Forum di Assago di Milano nel settembre del 2003. E il primo album ufficiale della G-Unit rilasciato nel novembre dello stesso anno, caratterizzato da lyrics e sound qualitativamente non troppo distanti da quelle di Get Rich Or Die Tryin’.

Insomma, un’annata che 50 Cent e tutto il suo entourage ricorderanno per tutta la loro vita.

La legacy di un album diventato leggenda

Sono quindi passati esattamente 20 anni da quando Get Rich Or Die Tryin’ destabilizzò l’intera scena rap statunitense, compreso un colosso come Jay-Z che poco dopo avrebbe pubblicato il capolavoro The Black Album.

Dopo i mixtape e tracce scottanti come Ghetto Qu’ran e How to Rob, 50 Cent era così riuscito a far capire a tutti di che pasta era fatto, con un album robusto che, attraverso brani caratterizzati quasi tutti dalla presenza di tre strofe, ha influenzato considerevolmente lo stile di molti suoi colleghi, americani e non.

Quanti rapper al giorno d’oggi nominano Get Rich Or Die Tryin’ di 50 Cent nella propria top 10 dei dischi preferiti? Tantissimi. Quanti rapper attivi in quegli anni hanno ammesso di essere stati influenzati da questo disco o di aver raddrizzato il proprio tiro per ciò che aveva appena fatto Fiddy? Altrettanti. Per non parlare poi degli attestati di stima ricevuti in quel periodo da pezzi grossi come Snoop Dogg, Jam Master Jay, Dj Premier, oltre che ovviamente Eminem e Dr. Dre.

Abbiamo a che fare con uno dei migliori album di gangsta rap della storia, apprezzato sia da chi al giorno d’oggi ascolta ancora principalmente rap music che da chi predilige altri sound. Il merito è del lavoro sopraffino realizzato da tutti gli attori coinvolti in questo progetto, capace di tornare nella Billboard 200 lo scorso novembre alla posizione numero 165.

Un disco e un artista intramontabile che, seppur non pubblichi un album ufficiale dal 2014, è ancora sulla cresta dell’onda del business a stelle strisce e, ogni volta che si muove per una tournée, fa sold-out più o meno ovunque.

Tanto per chiudere questo excursus con un po’ di buona illusione su un ipotetico comeback, se si parla di concerti bisogna notare come sia sempre più presente nella line-up di Festival molto grossi come main artist: chi ha orecchie per intendere, intenda. Noi non ci illudiamo più di tanto, ma un paio di dita incrociate dietro la schiena le terremo sempre.

Dopotutto caro Fifty, la strada per il Paradiso è per fortuna ancora lunga…

I gotta make it to Heaven for going through Hell

Non contenti, abbiamo pubblicato su Spotify un podcast dedicato a questo grande disco di 50 Cent. Trovi il link qui di seguito: buon ascolto!