MOFO: i MoFos mettono Varese sulla mappa con un disco che guarda a ovest

MOFOS

La scena underground italiana si arricchisce di una nuova realtà da tenere d’occhio: i MoFos, trio nato a Varese nel 2025, rilasciano il loro primo progetto ufficiale. Si chiama MOFO, è uscito per Ruzzin Records ed è molto più di un acronimo.

MOFO: un disco tutto indipendente, che porta in Italia la G-Funk del 2000 rivista in chiave 2025

Don Pexo, Habanero e Madd Paloma si sono incontrati sul palco, ma hanno deciso di restarci insieme anche in studio. Dopo un live sold out che li ha convinti a unire le forze, i tre hanno dato vita ai MoFos, un collettivo dal nome che gioca tra l’ironia (“MotherF*cker”) e l’identità (“MoFo” suona come un marchio). Il risultato è MOFO, un disco autoprodotto che dimostra quanto il rap underground italiano abbia ancora molto da dire — e da suonare.

La brevissima intro dell’album è già una dichiarazione d’intenti. Le influenze?  La West Coast anni 2000: Snoop, Nate Dogg, G-Funk e quell’estetica a metà tra funk e rap che in Italia è quasi sempre rimasta ai margini. I MoFos però decidono di riprenderla e attualizzarla, aggiungendo bassi violenti, groove moderni e una cura del suono che guarda ai club, più che agli stream.

Varese Most Wanted è il brano manifesto: Don Pexo e Habanero si alternano sopra una produzione 100% G-Funk che sa di bassi da auto e palme lungo la strada. Ma è tutto il disco a mantenere una coerenza rara: banger pensati per suonare bene in cuffia, ma soprattutto dal vivo — a patto di avere un impianto degno. Pezzi come Il Groove, con gli scratch dello storico Dj Vigor o A Palla, con una strofa freschissima di Esa, mostrano una connessione diretta tra passato e presente. E il fatto che queste due leggende OTR abbiano scelto di partecipare a un progetto di esordio dice molto: qui dentro c’è rispetto, passione e qualità.

MOFOS MOFO

Il suono non asciuga mai, il progetto è breve ma intenso, senza filler. Una serie di istantanee da dancefloor, momenti autobiografici ma anche barre leggere e ironiche. La formula funziona, anche perché tutto è stato curato in autonomia: dalle produzioni di Don Pexo alla scrittura, fino al mix finale.

MOFO è un progetto che suona bene e sta bene. Un disco identitario che porta Varese nel posto, con le sue nuove leve e le sue leggende, e lo fa in modo naturale, senza forzature nostalgiche.

Chi dice che l’underground è morto dovrebbe ascoltarlo. Non solo per ricredersi ma per rendersi conto che in Italia c’è ancora chi fa rap con stile, rispetto e visione. E se anche Esa e Dj Vigor decidono di esserci, un motivo c’è.