To Cry In a Rolls Royce è il manifesto di riscatto di RollzRois

RollzRois

Rapper e produttore classe 1998, originario della provincia di Milano, con diverse collaborazioni e dischi pubblicati con nomi del calibro di Jake La Furia, Emis Killa e Gionni Gioielli: insomma, RollzRois non è uno sconosciuto (o meglio, non dovrebbe esserlo). Dopo gli esordi di Make Money Like War del 2018 e gli anni di militanza con il collettivo MxRxGxA si sta facendo spazio a suon di barre e strumentali tra i giovani MCs della provincia milanese, anche grazie al suo collettivo chiamato Santa Sede, fresco di release del disco SS23 nel luglio 2023. Il 17 Novembre è stato pubblicato To Cry In a Rolls Royce, ultima fatica discografica del rapper, prodotta in collaborazione con Carlo Ragazzo e Sine e che ospita al suo interno i featuring di Less Torrance e Montenero.

“It’s better to cry in a Rolls Royce…”

Il concept del disco nasce da una famosa frase di Patrizia Reggiani, ex moglie di Maurizio Gucci nonchè indagata nel caso dell’omicidio di quest’ultimo. La frase in questione, ripresa da una vecchia citazione di Marylin Monroe, si ripercuote sul titolo stesso del disco: “meglio piangere in una Rolls Royce che ridere su una bicicletta” dice la Reggiani in una vecchia intervista, campionata sapientemente dal rapper nell’omonima traccia.

La citazione della Reggiani, la quale inoltre viene raffigurata anche nella cover, funge da fil rouge concettuale per tutto il disco. Una sorta di mantra con il quale Rollz ricorda agli ascoltatori che, sebbene i soldi non facciano la felicità, questi non siano comunque un punto da sottovalutare all’interno di una carriera.

Senza falsi sofismi o prediche Rollz ci racconta i vizi e i peccati di una vita all’insegna del riscatto, del riuscire a fare quei tanto decantati soldi che possano dare una svolta ad uno status quo.

Dalle pluricitate escort, alle cene di pesce, passando per soldi in contanti e collegamenti non sospetti con il mondo della micro-criminalità e dello spaccio, il rapper milanese ci porta per mano a spasso nella sua Milano noir a suon di punchline.

Raccontare e raccontarsi, ma senza clichè

Sebbene non sia né il primo né tantomeno l’ultimo rapper milanese a raccontare la precarietà della vita di una grande città, o il sogno di riscatto che questa musica fa desiderare di avere, Rollz riesce in modo brillante ad autoraccontarsi e a raccontare il suo vissuto e il suo presente senza scadere nei tipici clichè del genere. Accompagnato da strumentali avvolgenti e ben studiate, il disco viaggia con un ottimo ritmo dall’inizio alla fine, senza mai perdersi in brani filler e, sopratutto, senza mai scendere di ritmo.

Come spesso accade, l’intro di un disco rap è un biglietto da visita per le future tracce e su questo Rollz non delude, portando sul piatto un breve manifesto musicale che in sé, con strumentale e testo, racchiude appieno l’essenza e la cifra stilistica del disco stesso. In questo senso Figlio di Dio, proprio come Dio c’è per Make Money Like War, rappresenta un perfetto sunto dello stile di Rollz, degli argomenti che verranno trattati nel disco e dell’atmosfera che la farà da padrone nelle successive tracce.

A seguire, si passa a pezzi come Palo Santo o Paid In Full dove l’epicità e la goliardia si affiancano alla buona metrica per suggellarsi in due dei brani più riusciti del disco. Micheal Kiss Fredo, Easy Come Easy Go e Perlage (con il sublime Less Torrance), d’altra parte, certificano l’estetica che il rapper porta con sé in ogni testo: un immaginario fatto di marchi di lusso, automobili, vestiti, soldi e fame per il riscatto. Elementi frequenti nel rap si fondono con l’estetica dei brand e dello sfarzo in un flusso di coscienza crudo e graffiante del quale Rollz si fa in pieno il narratore onnisciente.

Questo immaginario domina su tutto il disco, forse rischiando di sembrare ridondante per certi versi, ma comunque mantenendo alto il ritmo e senza mai perdersi. La vera svolta la si ha sul finire del progetto, precisamente su Anni Venti, il brano di chiusura. Dopo nove brani dove si espongono i “muscoli” e l’attitudine, il sipario si chiude sulla confessione di un giovane che fa i conti con la sua vita e la sua storia e che, almeno in parte, racchiude le incertezze e i drammi di tanti giovani italiani che si trovano a doversi realizzare nelle realtà provinciali in un momento storico delicato e sopratutto incerto.

Inizi che ti han derubato e poi finisci ladro
Nessuno a dirti: “Bravo”
A volte chi c’hai attorno non capisce la visione finché non dipingi il quadro
Ho dato mille, ho avuto meno di uno
E adesso questa si stupisce se non credo a nessuno
Pure io sbaglio, mica vedo il futuro
Ma impari a avere dietro un muro solo dopo averlo preso nel culo
So che finiscono gli applausi quando scende il sipario
E non ho niente in regalo per chi non sente il divario
C’ho che abbiam fatto è ben più che leggendario
Ma chi c’ha dubbi sul giocare per il team, fra’, non è necessario

 

Il suono che parla

Se le rime intrattengono e coinvolgono le strumentali di To Cry In a Rolls Royce rapiscono. Un lavoro a sei mani, quello delle produzioni, che si realizza in un insieme coerente ed originale di suoni differenti. Rollz, Sine e Carlo Ragazzo mettono sul piatto un corollario di strumentali variegate, ispirate dalle più diverse forme della black music e non solo. Le note blues che accompagnano Figlio di Dio o la ritmica funk di Palo Santo sono solo alcuni esempi di un lavoro metodico e preciso dietro alle produzioni.

Ciò che colpisce di più è sicuramente il giusto amalgamarsi tra flow e testo sopra questi beat, che di traccia in traccia creano la giusta atmosfera per le parole del rapper. Insomma, una buona cucitura tra parola e suono che vanno a fornire quel quid in più al disco.

Spazio vitale

To cry in a Rolls Royce è sicuramente un lavoro maturo, un perfetto sequel di Make Money Like War e l’ennesimo consolidamento di un percorso artistico che RollzRois sta portando avanti da diverso tempo. Probabilmente non è un prodotto adatto ad ogni ascoltatore di rap e qualcuno potrebbe trovare certe tematiche come ripetitive, tuttavia si deve dare atto a Rollz di starsi costruendo un suono identitario e definito.

Nell’epoca dove agli artisti rap cercano di evadere costantemente dalla comfort zone e, spesso, anche dal rap stesso, Rollz invece traccia una linea ben precisa entro la quale stare. E ci sta dentro perfettamente.

Consigliamo l’ascolto del disco a chi apprezza le punchline crude, aggressive, scorrette e che ha bisogno di un suono che rappresenti la fame e la voglia di realizzare e realizzarsi. In attesa di vedere le prossime mosse di Santa Sede, Rollz ci lascia un passatempo perfetto per chi ancora oggi sa dare valore alla tecnicità e al suono di questo genere musicale.

Buon ascolto!