«Io faccio rap classico perché un po’ è il mio dovere» – Intervista a Inoki

Se ascoltate rap da più di tre giorni sapete chi è Inoki. Tra alti e bassi, momenti di totale buio alternati a rinascite provvidenziali, Ness è senz’ombra di dubbio una delle figure cardine di questo genere in Italia almeno da vent’anni.

Con il suo ultimo album ufficiale, MEDIOEGO, uscito a gennaio per Asian Fake, Inoki ha lasciato parlare la musica un’altra volta. Un disco che ha definitivamente riportato Inoki in una posizione di primo piano e ha costretto a rivedere le proprie posizioni anche quei pochi ancora convinti che fosse una figura ancorata irrimediabilmente al passato. Non era vero.

Grazie anche al contributo musicale di Chryverde, infatti, MEDIOEGO ha catapultato il rapper di Non mi avrete mai di nuovo nel presente, anzi nel futuro.

Un Nuovo Medioego: intervista a Inoki per l’uscita della deluxe del suo ultimo progetto.

Dopo una conversazione di questa primavera, lo scorso venerdì abbiamo potuto scambiare di nuovo quattro chiacchiere per telefono proprio con Inoki in occasione dell’uscita di NUOVO MEDIOEGO, la nuova versione del disco di gennaio, ora con sei brani in più.

Per gli artisti il venerdì è giorno di uscite, impegni promozionali e altre scocciature che spesso hanno poco a che fare con la musica. Ma a Fabiano bastano pochi minuti per smarcarsi subito dalla catena di montaggio, sfuggire al protocollo e cercare un confronto autentico e sincero, come i suoi pezzi.

Qui sotto potete leggere la nostra conversazione. Buona Lettura.

Ciao Fabiano, bentornato su Rapologia! È uscito in questi giorni NUOVO MEDIOEGO con sei nuovi brani, tre remix e tre inediti. I pezzi rivisitati mi hanno colpito: non sono infatti necessariamente i pezzi più riconoscibili di MEDIOEGO. Penso ad esempio a IMMORTALI, che era una delle tracce più “sperimentali” del disco. Come è avvenuta la scelta di questi brani e come li hai abbinati poi ai rapper che hai chiamato sulla traccia?

«Allora, ho scelto quei tre pezzi (ONESTO, IMMORTALI, DUOMO) perché secondo me erano anche i più sottovalutati di tutto l’album rispetto ai risultati ottenuti. La scelta dei featuring poi è stata fatta in base ai contenuti dei brani. Ovviamente per il remix di DUOMO serviva qualcuno di Milano e Nerone era uscito da poco con un mixtape dedicato alla città: in copertina indossa una corona a forma di Duomo (parla di MAXTAPE ndr), ed era il più adatto. Anche la scelta di Nayt è stata naturale perchè piaceva a me e piaceva all’etichetta, e anche lui con l’idea del pezzo si è gasato subito. Poi lo vedevo bene su una canzone come ONESTO, mi sembrava potesse avere quel tipo di rabbia simile alla mia, perfetta per il pezzo. La stessa cosa è avvenuta con Ghemon, IMMORTALI alla fine parla del sud Italia e perciò volevo un rapper del sud. Ghemon è un poeta, con la sua scrittura è abbastanza profondo da percepire al volo il senso della canzone».

In effetti la strofa di Ghemon un po’ ci ha spiazzato. Era da molto tempo che non lo si sentiva rappare così. Hai dovuto convincerlo?

«Guarda, io questa cosa che ha quasi smesso di rappare neanche la immaginavo, anche se ultimamente ha fatto anche cose un po’ diverse. Poi con Ghemon ci conosciamo davvero dagli inizi, almeno dal ‘99, e ci siamo sempre ripromessi di fare qualcosa assieme un giorno. E quel giorno è finalmente arrivato».

Un’altro contributo inusuale tra i nuovi brani è senza dubbio quello del producer Onra su CERCO. Lui è francese, scuola Madlib, J Dilla. Com’è avvenuta la collaborazione?

«Quel tipo di sound a me è sempre piaciuto dai tempi degli A Tribe Called Quest. Diciamo che a un A&R dell’etichetta interessava l’idea di coinvolgere Onra per i nuovi pezzi, io lo conoscevo perlopiù di nome e allora me lo ha fatto approfondire un po’ meglio. A quel punto ci è preso il pallino e ci siamo detti “Proviamo a chiamarlo. Sentiamo il suo management e vediamo cosa ci dicono”. Alla fine lui ci lasciato in licenza dei beat già editi, quindi una roba molto easy. Ci ha detto “Se vi piace qualcosa, andateci pure sopra”. In realta quello che senti su CERCO è un suo beat del 2012, uscito in un mixtape di strumentali sue. Io mi sono sentito tutte le sue strumentali, e sono tante, te lo garantisco. Ma quella lì in particolare mi è piaciuta tantissimo da subito e mi son detto “Ok, scrivo su questa”. E poi volevo davvero esprimere quel tipo di concetti e il beat era perfetto. Anche a Onra è piaciuta molto, quindi spero sia l’inizio di una collaborazione duratura. Lui probabilmente verrà a suonare con noi a Milano nei prossimi mesi, stiamo provando a organizzare. Ormai è uno del gruppo».

Peraltro lui non dà molto spesso basi ad altri artisti per rapparci sopra.

«No infatti, lui fa così. Non fa quasi mai rappare sui suoi beat. Ma come a me piaceva il suo personaggio, anche Onra ha fatto un po’ di ricerca su chi sono io in Italia e gli è subito piaciuto il mio personaggio che comunque è particolare. Poi “Inoki” come nome è di orgini giapponesi, lui è vietnamita di origini, possiamo dire che ci siamo trovati, dai».

Una canzone come CERCO, e per certi versi anche STO STRONG con Samuel dei Subsonica, suona davvero fresca e attuale pur mantenendo un’impronta marcatamente classic per nulla nostalgica. Secondo te quel tipo di suono sta tornando o può tornare, anche vedendo fenomeni come Griselda, Freddie Gibbs, o alcune uscite inglesi degli ultimi mesi?

«Beh CERCO come pezzo suona sicuramente classico, ma è fresh. Si può usare come slogan, ci puoi fare l’adesivo: “Classico ma Fresh”. Comunque quel tipo di suono, quel tipo di attitudine ci sarà sempre nella mia musica perché io alla fine sono un classico. Però dobbiamo trovare una chiave perché possa suonare sempre attuale. Alcuni negli ultimi mesi anche in Italia hanno ricercato quel suono, ma per me è diverso: io lo faccio classico perché un po’ è il mio dovere. Allo stesso tempo devo provare a renderlo sempre nuovo, altrimenti sembrerebbe una cosa già fatta. E il classico non c’è bisogno che torni, quella roba è sempre lì, al suo posto. La musica è così secondo me: bisogna solo pescarla e “metterla nella pentola”».

Inoki

Da qualche mese sei tornato anche sul palco. Parliamo allora della dimensione live: come hai vissuto questo ritorno alla musica del vivo e quale pensi sia stato il feedback del pubblico per i nuovi pezzi?

«La gente è scioccata, non sa più cosa fare. Non sa più come comportarsi: se stare in piedi, in ginocchio, oppure seduta. Scioccata, davvero. E io sono uno scioccato che parla con altri scioccati. Mi sembra di vivere in un epoca in cui almeno il novanta per cento delle persone sono diventate psicopatiche. Forse gli unici davvero sani sono quei pochi eremiti che non si sono accorti della pandemia e magari vivevano così già prima, chissà. Tutti gli altri sono impazziti, sembra non ci sia più nessuno normale, almeno per come lo intendevamo prima. Non sappiamo più neppure come approcciarci tra di noi, magari con una ragazza. Sembra siano rimasti solo i DM di Instagram per conoscersi, non è normale. Serve una grande psicoterapia di gruppo. La musica in questa fase potrebbe avere anche questo ruolo, credo».

Tu, ad esempio, con la tua musica in MEDIOEGO hai raccontato e ipotizzato anche stili di vita alternativi, fuori dalle città. Penso di nuovo a IMMORTALI dove descrivi un rapporto con la natura esterno al contesto metropolitano. A volte hai raccontato di essere scappato dalla città, in questo momento a che punto ti trovi in questa ricerca?

«Ci ho provato un sacco di volte ad andare via, ma poi sono sempre tornato in città, quindi vuol dire che la vita di campagna non fa per me. Alla fine il destino mi ha sempre riportato in città prima o dopo. Sarà che sono troppo rap, troppo urban. Perciò sarà sempre un “vabbè ci provo, vediamo come va”. È bella la vita in campagna, ma per uno come me, che fa la vita che faccio io….magari a sessant’anni. Mi piace un botto vivere nella natura, ma presto o tardi devo tornare. Se metto tutte le cose su una bilancia: va bene, bello coltivare la terra, le olive, i pomodori. Ma ho bisogno di altro».

E negli ultimi mesi ti abbiamo visto tornare in una città in particolare, la città che forse ti ha dato di più di tutte negli anni: Bologna. Da qualche tempo infatti in città porti avanti l’evento Bolo by Night. Ti va di parlarcene?

«Bolo by Night è un evento che abbiamo creato con uno staff di Bologna molto forte (il 404 Music Group ndr) per dare luce ad artisti emergenti bolognesi, questo perché Bologna negli ultimi anni è rimasta un po’ in ombra rispetto al passato. Vogliamo dare ai nuovi la possibilità di farsi conoscere prima all’interno della città e poi in tutta Italia. In poche parole, spingiamo gli emergenti di Bologna. È una cosa che non faceva più nessuno negli ultimi anni, così abbiamo deciso di farlo noi e farlo in modo forte. Per ora sta funzionando: come Bolo by Night fin qui abbiamo portato tre eventi e sono andati tutti alla grande. Ogni mese faremo cose interessantissime in città. Seguite quindi il profilo di Bolo by Night per i prossimi eventi».

D’altra parte hai sempre cercato di aiutare gli emergenti o chiunque provasse a fare rap: penso all’evento The Heel Strickers di questa primavera, a Rap Pirata o ancora prima alla PMC. In questi nuovi eventi hai notato qualche emergente che spicca in particolare e che secondo te meriterebbe più attenzione?

«Questa cosa di aiutare gli altri io l’ho fatta sempre, davvero dall’inizio e ancora prima della PMC. A Bologna oggi ci sono alcuni nomi interessanti: quelli che ho scovato ultimamente e che spaccano sono Mido e Macello. Comunque abbiamo fatto ancora pochi eventi come Bolo by Night, ma sono certo che scopriremo molti altri rapper validi della città».

Di recente ti abbiamo visto pure a fianco di Tredici Pietro, bolognese anche lui. Come ti sembra come rapper?

«Spacca. Un bravissimo ragazzo, simpatico, umilissimo. Credo meriti tanto e avrà tanto. Ma non è già più nuovo a Bologna. Per me lui è affermato, e alla grande».

Non è la prima volta che vesti il ruolo di presentatore. Senza scomodare il leggendario 2TheBeat, hai fatto da presentatore negli anni in sporadiche incursioni su HipHopTv, a eventi come The Heel Strickers, su Twitch, ultimamente anche come voce del podcast Certified. Hai sempre avuto una dimensione da performer a tutto tondo. Ti è mai stato proposto di fare un programma tutto tuo, magari incentrato sull’hip hop?

«Sì, anche questa è una cosa che ho sempre fatto. Persino in Rai, molti anni fa; neanche mi ricordo quanti eventi ho presentato. Per quanto riguarda Twitch quella era noia pura. Eravamo in lockdown e io ero proprio in una condizione tipo “Non so cosa fare, aiuto”. Come realtà mi piace ma ti chiude troppo, è una situazione un po’ nerd per me. È figo se non hai davvero nient’altro da fare nella vita. Devi dedicargli troppe ore: è impegnativo, ma rispetto chi lo fa. Io in quella fase, quando era tutto fermo, l’ho praticamente fatto di lavoro, o almeno per me lo era. Ma alla fine ti richiede troppo impegno rispetto a quello che poi ti ridà indietro. A riguardo di un programma tutto mio, invece, non me lo farebbero fare: non sono abbastanza bello».

Ultimissima domanda. C’è una qualche lontana possibilità di vedere registrata una versione di Bolo by night con Nitro e Izi simile a quella eseguita sul palco a Milano qualche tempo fa?

«Non lo so, a dire la verità la abbiamo improvvisata quella sera ma mai dire mai».

NUOVO MEDIOEGO è fuori ovunque. Ascoltalo qui sotto: