Nonostante la giovane età (28 anni), Dj Bront è un nome molto importante nel contesto dei dj italiani e mondiali. Attuale campione italiano DMC (World DJ Championships), collaboratore di Real Talk Italy e 4 volte campione italiano di turntablism, il produttore milanese ha da poco pubblicato un nuovo progetto.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per sapere qualcosa in più del suo universo musicale e umano.
L’intervista a Dj Bront
Ti va di presentarti un po’ ai lettori di Rapologia? Da quanto fai musica, qual è il tuo background musicale?
«Vengo da Milano e sono sempre stato un appassionato della cultura Hip Hop. La musica ha sempre fatto parte della mia vita e, crescendo, ho capito che la disciplina che mi rappresentava di più e attraverso la quale mi sarei potuto esprimere al meglio era il Djing».
Nel 2014 ho iniziato a studiare l’arte dello scratch partecipando fin da subito alle battle e “facendomi le ossa”. Più tardi, nel 2017, ho iniziato a fare Beat Juggle, diventando quindi un turntablist completo, ed è stato l’inizio della mia carriera grazie a una serie di vittorie nelle maggiori battle tra Dj dal 2018 a oggi.
Avendo raggiunto i miei obiettivi nelle battle, ho anche intrapreso un percorso discografico pubblicando con Real Talk la compilation “Real Talk Cypher Vol.1” in cui ho curato gli scratch e il ruolo del Dj, oltre ad aver pubblicato il mio primo disco da solista “Musica Illecita” e, proprio ora, Scratch Boundaries.
Ho un background musicale molto vario, non mi focalizzo su un genere in particolare, credo che sia importante nella musica non porsi dei paletti, però sicuramente le mie radici affondano nell’Hip Hop, perché è da lì che ho scoperto l’arte del Djing e tutto ciò che ci gira attorno.
Com’è nata l’idea di Scratch Boundaries?
«Quando lavoro ad un progetto musicale cerco di creare qualcosa di originale e che, nel bene o nel male, sia un prodotto unico nel suo genere. In tal senso i miei dischi hanno lo scopo di mettere la figura del Dj in primo piano, proprio perché il Dj, per come lo intendo io, può tranquillamente fare musica al pari di un Mc o di un rapper, ed esprimersi attraverso lo scratch.
In questo disco la mia idea era quella di connettere diversi Dj da tutto il mondo e che, negli ultimi anni, fossero stati protagonisti nel mondo delle battle. Infatti i Dj presenti nel disco sono campioni in carica nelle loro nazioni o a livello mondiale, o ancora sono stati campioni negli ultimi 2/3 anni, quindi è tutta gente che sui giradischi è fortissima e lo ha dimostrato ampiamente.
Oltre a loro ho deciso di invitare uno special guest, ovvero TY1, per dimostrare che la scuola italiana del giradischi è su un livello eccezionale, da oltre 20 anni».
Quali sono i brani a cui sei più legato?
«Sicuramente “The Italian Job” con TY1 è un brano che per me significa molto. Io ho capito che volevo fare il Dj guardando i suoi video su YouTube, quando ero ancora un ragazzino.
C’è un video intitolato “Dj Tayone Termoli” che rimarrà sempre nella mia testa, perché è uno di quei video che quando lo guardavo pensavo “Cazzo, io voglio fare questa roba qui!” e credo sia un video di 14/15 anni fa… all’epoca mi sembra avessi 14 anni! Quindi trovarsi poi a collaborare è stato qualcosa di stupendo per me, oltre che un traguardo. Ovviamente senza nulla togliere al resto delle tracce: ogni featuring del disco è stato fatto con estrema cura e impegno, quindi sono legato a ogni traccia in maniera speciale».
Nel disco ci sono vari ospiti stranieri, come sei entrato in contatto con loro e come sono i rapporti tra i turntablist in giro per il Mondo: c’è più competizione o stima reciproca?
«Negli ultimi anni, dal 2018, ho partecipato a 3 campionati mondiali (il primo a Cracovia, il secondo a Londra e l’ultimo online a causa del Covid). In queste occasioni ho avuto la possibilità di conoscere Dj provenienti da ogni parte del mondo e con molti è nato un rapporto di stima e rispetto reciproco, oltre che delle amicizie, quindi quando ho proposto loro di collaborare a questo progetto la risposta è stata entusiasta da parte di tutti!
Ovviamente il senso di “Scratch Boundaries”, come suggerisce il titolo, è quello di “tagliare i confini” e creare una collaborazione che unisca le persone, per cui la competizione nel disco è assente perché son tutti featuring fatti per dare il meglio, mostrare le proprie capacità e dimostrare l’amore per la musica che ci accomuna.
Nell’ambito gare internazionali, invece, c’è sicuramente molta competizione… però c’è anche molto rispetto per l’avversario. Quindi, di solito, lo scontro si limita alla battle in cui ci si affronta e, finito il round, complimenti al vincitore e amici come prima».
Sei l’attuale campione del DMC italiano, cosa cambia secondo te tra la preparazione di una routine da battaglia e la composizione musicale vera e propria?
«Innanzitutto quando si prepara una routine da battaglia bisogna tener conto di essere sottoposti a un giudizio di esperti che prevede diversi criteri (Tecnica, Presenza sui giradischi, Musicalità ecc ecc) quindi ti adatti al “contenitore” in cui ti stai andando a inserire… per capirci, se ti iscrivi a una gara di tip-tap, non ti metti a ballare la mazurka!
Oltretutto nelle routine hai una costruzione musicale, ma anche video, per questo si tende a inserire dei body tricks durante le esecuzioni, per essere apprezzabili musicalmente e visivamente.
Quando invece componi un brano, come succede per qualsiasi artista, esprimi ciò che vuoi trasmettere a chi ti ascolta. Quindi ti creerai lo spazio per fare qualcosa di più tecnico come un esercizio di stile, ma anche altro che sia più soft e orecchiabile per tutti.
In buona sostanza: nelle battle prepari qualcosa che dimostri le tue skill; nei brani esprimi te stesso».
Oltre al già citato TY1, quali sono i Dj italiani che più ti hanno influenzato a fare quello che fai?
«Ci sono persone che mi hanno influenzato e persone che mi hanno insegnato, nel pratico, a fare. Per questo colgo anche l’occasione di ringraziare Dj Skizo, pioniere dell’HH Italiano e del Djing, perché è con lui che ho mosso i primi passi nel mondo del turntablism. Dj Skizo ha fondato anche Alien Army e credo che tutti i Dj in Italia debbano ringraziare questa crew per ciò che ha fatto nel mondo del Djing.
Naturalmente TY1, come dicevo prima, mi ha fortemente influenzato e non so se sarei qui oggi senza i suoi video che mi hanno aperto un mondo. Inoltre sicuramente c’è Micro Metz, un altro mostro del giradischi che son riuscito a conoscere tramite i social e che non è più nel mondo del turntablism, ma ha lasciato un segno importante per me. Infine Mandrayq, che è stato anche campione del mondo ed è un genio del giradischi».
Tutti i brani del disco sono prodotti da TwentyTwo, com’è nata questa collaborazione?
«TwentyTwo è un fratello, non è solo un ottimo producer, è anche un’ottima persona. Ci siamo conosciuti perché entrambi collaboriamo nel format Real Talk, ricordo che la prima volta che ci siamo visti di persona era durante la registrazione della puntata con ospite Beba! Io e lui siamo entrati fin da subito in ottimi rapporti e c’è molto feeling, sia sul piano musicale, sia sul piano umano.
Quando ho pensato a “Scratch Boundaries” sapevo che mi servivano dei beat che fossero adatti a un pubblico ampio, ma che rimanessero stilosi e di impatto, quindi lui era la persona più adatta a produrre questo disco e a fare questo percorso con me».
In gran parte del rap italiano che esce oggi lo scratch è quasi del tutto assente. Come ti spieghi questa cosa?
«Ci sarebbe da parlarne parecchio a riguardo… ci sono diversi motivi. Di sicuro finché il Dj rimarrà una figura in secondo piano, lo rimarrà anche lo scratch, e quindi non ci sarà la necessità di renderlo più presente nei brani. Ma sono io il primo a non mettere i miei scratch nei brani, se sono brani in cui devo avere un ruolo marginale. Infatti i miei lavori mettono la figura del Dj in primo piano, sempre».