L’evoluzione di Eminem in 10 brani fondamentali dal 2009 ad oggi

Eminem

Il 2022 è indubbiamente un anno importante per Eminem, dopo l’epica apparizione a supporto del Super Bowl di Dr. Dre insieme a Kendrick Lamar, Snoop Dogg e Mary J. Blige, il leggendario artista di Detroit verrà introdotto nella Rock and Roll Hall Of Fame di Cleveland il prossimo novembre. Per l’occasione il suo team ha pensato di celebrare questo ennesimo milestone pubblicando il prossimo 5 agosto Curtain Call 2. Un nuovo greatest hits, seguito del fortunatissimo progetto del 2005 divenuto disco di diamante lo scorso marzo.

La seconda fase della carriera di Eminem in 10 brani scelti da noi

Mentre la raccolta includerà probabilmente i brani scelti per pubblicizzare i vari progetti, noi abbiamo pensato di sceglierne 10 che potessero essere la più ideale testimonianza della sua evoluzione artistica dal suo ritorno nel 2009 ad oggi.

Stay Wide Awake (2009)

Registrato tra Orlando, Los Angeles e Detroit, Relapse è la manifestazione musicale del programma dei dodici passi di Marshall Mathers. Un progetto che ripesca la fantasia malata dei primi anni di Slim Shady capace di reinstaurare nel mc di Detroit l’ispirazione per la rima. Follia pura vomitata in horrorcore e black humor presentata in una capacità da storytellers e liricista fuori dal comune. Stay Wide Awake è il diamante più brillante e grezzo del pacchetto in cui Eminem rilascia alcune delle strofe più complesse e ben scritte della sua carriera. Un brano in cui Eminem grida di essere tornato sfoggiando una penna affilata e impeccabile mentre Dr. Dre sorprende con uno dei suoi beat più ispirati e epici di sempre.

Déjà-Vu (2009)

Nonostante Relapse sia per la maggior parte un viaggio ironico ed esagerato nella mente creativa di Shady. I momenti bui non mancano, doverosi, considerando la sfilza di fan che nei precedenti 4 anni si domandava continuamente dove fosse andato il loro idolo e cosa avesse passato. I media dall’altra parte erano ancora alla disperata ricerca di qualsiasi headline Eminem potesse regalargli. Ebbene in Déjà-Vu abbiamo il primo vero, crudo e nudo racconto del giorno in cui Marshall Mathers stava perdendo la vita. Un brano capace di unire l’umorismo cinico di Shady alla serietà narrativa di Eminem. Un capolavoro con il coraggio e la qualità di trovare posto tra le migliori performance del rapper. La storia narrata arriverà al grande pubblico solamente un anno dopo con Recovery rendendo così Déjà-Vu un momento intimo con i fan di lunga data del rapper e uno difficile da dimenticare.

Going Through Changes (2010)

Il fratellino più maturo di Relapse, Recovery, ha riportato Eminem alla magnitudine di mega star donando alle classifiche di tutto il mondo diverse top 10 e ai fan una più seria e drammatica rappresentazione dei suoi sentimenti nel corso degli anni post-Encore. Su di un coraggioso sample di Changes dei Black Sabbath, Emile Haynie ha tessuto un beat su cui Eminem riapre il suo “Eminem Show”, questa volta con una prospettiva più matura e controllata. I più preparati sapranno la storia di Emile e di come Proof gli abbia cambiato la vita, considerando questo, la sua presenza in questo brano è ancora più significativa. Going Through Changes è il cuore di Recovery, un momento speciale in cui Em non solo apre se stesso per la prima volta al di fuori delle fidate produzioni dei Bass Brothers o di Dr. Dre ma presenta la nuova, evoluta versione di Marshall Mathers.

You’re Never Over (2010)

Dal 2006 al 2010, Eminem ha cercato in ogni modo e con ogni genere di brano di rendere omaggio a Proof.  Leggenda e icona di Detroit, la sua tragica scomparsa nel aprile del 2006 ha cambiato tutto per Eminem. L’ispirazione è arrivata in una delle numerose session con Just Blaze nel corso del 2009. I’iconico produttore ha lavorato su diversi campionamenti atipici per Recovery e You’re Never Over non fa alcuna eccezione. Cry Little Sister di Gerard McMahon ha ispirato Eminem a venire a patti con una delle scomparse più drammatiche della sua vita. Il cantato egoistico e le due strofe sono tra i momenti più emotivi e personali dell’intera, già introspettiva, carriera del mc di Detroit.

Bad Guy (2013)

Nel 2009 Swizz Beatz propose un beat con un sample delle t.A.T.u. a Slim Shady cercando di ispirarlo a dare un seguito alla titanica Stan. Il rifiuto di Shady ha permesso a Lil Wayne successivamente di riprendere in mano la questione dando voce alla sua propria stan (Anne). L’idea non sembra aver abbandonato Marshall che ha optato per una scelta decisamente più ambiziosa e imprevedibile.

Aprendo il suo ottavo album in studio con Bad Guy, Eminem ha dato l’illusione ai fans nelle prime strofe di aver a che fare con uno dei tipici brani dell’artista in cui quest’ultimo dialoga con l’ex-moglie Kim. Con un colpo di genio invece, è Mathew, fratellino di Stan a rubare la scena e il fiato di tutti gli ascoltatori. Come se non bastasse la quarta strofa sciocca l’ascoltatore. In un cambio di beat, un italianissimo campionamento della maestosa Soana di Gian Piero Reverberi, Eminem si disintegra. La voce del suo perverso fan si trasforma in quella della coscienza dell’artista, tormentandolo fino agli ultimi attimi di vita. Bad Guy è la più alta rappresentazione della maturità artistica di Marshall Mathers dopo Recovery e segno di un’evoluzione in cui l’artista inizia a riflettere sulle azioni e le conseguenze del primo colossale The Marshall Mathers LP.

Groundhog Day (2013)

Non è un segreto che la critica più comune degli ultimi anni ad Eminem sia la sua ossessiva voglia di superarsi tecnicamente. Un’infinita corsa alla metrica perfetta, nuovi flow o qualsiasi altra terra inesplorata del dizionario, finendo qualche volta col trascurare la qualità del brano nel complesso. Non fatevi ingannare però dai featuring, vere e proprie palestre liriche per Shady, in quanto nei suoi progetti presenta spesso e volentieri compromessi unici e spettacolari. Groundhog Day è una delle massime espressioni di questo compromesso unendo l’incredibile liricismo di Eminem con la sua capacità di raccontare e raccontarsi. L’esplosivo beat di Cardiak mixato da Dr. Dre è un palcoscenico perfetto per l’mc di Detroit con i diversi piccoli campionamento che rendono l’ascolto ancora più dinamico e piacevole . Il risultato è un brano mostruoso capace di dare enormi soddisfazioni anche dopo molteplici ascolti grazie al suo grande replay value. Dopo le varie sperimentazioni tra accenti e tonalità differenti, in Groundhog Day Eminem ritrova la sua voce come artista e come mc competitivo.

Walk On Water ft. Beyoncé (2017)

“Dove sono le batterie? Perchè parla sulla strumentale? Canzone noiosa e priva di mordente”

Queste sono solo alcune delle parole che i critici hanno usato per attaccare il primo singolo di Revival nel novembre 2017. Un brano che anche se con molta probabilità finirà in Curtain Call 2, rimane tra i più sottovalutati della discografia di Marshall Mathers. Sin dai primi anni della sua carriera, Eminem non si è mai risparmiato autocritiche, esteriorizzando spesso una certa umiltà ed evitando di autoinserirsi nelle classifiche dei più grandi. Nonostante ciò, una grande fetta di pubblico ha continuato ad antagonizzarlo anche dopo il secondo act della sua carriera. Walk on Water abbandona il motto #IDGAF, mostrando un uomo colto da una profonda insicurezza, un pittore dinanzi ad una tela ormai già piena. Scritta sotto pressione e attaccato da due lati (fan e critici), Walk On Water è probabilmente la canzone e il singolo più coraggioso che Marshall Mathers abbia scritto e rilasciato.

Anche se l’outro delinea Walk On Water come una singolare “fase” mentale, è indubbio che dimostri l’evidente influenza che le continue critiche degli anni successivi al 2009 hanno pesato sulla mente di Eminem.

The Ringer (2018)

Considerando l’apertura di Revival e la sua chiusura strappalacrime, sembra che gli anni ricchi dei side-project che hanno separato il mastodontico The Marshall Mathers LP 2 dal nono album siano stati complessi per l’mc.

Anni di critiche in cui spesso la moda di tenere la sua musica sotto al microscopio veniva abusata per attirare click o views nei vari outlet mediatici. Eminem stava facendo i conti con la sua età e con il suo ruolo nella scena hip-hop moderna. Revival non riuscì a catturare per l’evidente sforzo dell’artista nel voler accontentare ogni singolo fan, sforzandosi anche di entrare nello scope dei nuovi sound che plasmavano il mainstream. Un passo falso che quasi immediatamente ha riacceso una fiamma esplosa a sorpresa il 31 agosto 2018 con Kamikaze.

The Ringer è la fotografia perfetta di quel momento inaspettato. Un nuovo Eminem che solo in 6 mesi ha riabbracciato il microfono per rispondere alle sue critiche. Prodotta insieme a Ronny J e IllaDaProducer, il primo brano di Kamikaze segnerà un momento di transizione nella leggendaria carriera dell’artista di Detroit, un momento di spacco e di salvezza dal tremendo baratro artistico presentato da Revival.

Greatest (2018)

Il pubblico e la critica vedevano in Eminem un artista ostile nei confronti della musica presentata dai nuovi talenti, un vecchio che gridava contro i giovani. Il paradosso è che molti hanno messo in dubbio principalmente la sua rilevanza quando in un’era dove i numeri sono tutto, Eminem nonostante i suoi anni continua a muovere più numeri di quasi chiunque sotto la sua età. Tutte queste contraddizioni formano le ispirazioni dietro Greatest in cui Shady unisce il suo rinnovato talento ad una singolare produzione di Mike Will Made-It. Citando wokeuplikethis di Playboi Carti, Slim Shady fa quello che dimostrò esattamente sul palco dei Grammy nel 2001 con Elton John; distruggere ogni preconcetto attributo a se.

Non un momento singolare dato che nel corso degli anni seguiranno collaborazioni con produttori giovanissimi, Young M.A, Juice WRLD e tanti altri. Per la prima volta Eminem mostra i denti esibendo le sue conquiste in termini di fama e numeri. Greatest è un’altra perla di Kamikaze ed è il brano ideale per mettere in risalto l’abilità di Marshall Mathers nell’assorbire qualsiasi nuova corrente rap presente sul mercato.

Darkness (2020)

La relazione di Eminem con le armi è stata documentata diverse volte nei primi anni della sua fama. Da brani come Soldier fino alla tagliente We As Americans, l’infatuazione di Shady per le armi non è mai stato un segreto. Oggi le cose sono cambiate e gli U.S.A. si sono confermati come il palcoscenico più contorto in cui la potenza di fuoco viene propagandata come diritto alla autodifesa ma eseguita come sfogo dai più contorti killer della storia moderna. Shady fa quello che sa fare meglio e veste i panni di una malattia che affligge il suo paese da troppo tempo. Su un paradossale campionamento prodotto da Royce Da 5’9’’, The Sound Of Silence del duo Simon & Garfunkel è l’agghiacciante e malinconico baratro di oscurità in cui l’arte imita la vita. Dopo Walk On Water era inevitabile che l’attenzione dei fan nei primi versi di Darkness avesse fatto presagire che Marshall stesse parlando dell’ansia da palcoscenico e invece in un plot twist da maestro l’mc veste i panni di Stephen Paddock, assassino responsabile del più letale mass-shooting della storia degli Stati Uniti.

Un dipinto lirico e musicale in cui la genialità non è solo nella già nota capacità di raccontare storie del rapper ma nell’espressivo e minuzioso parallelismo tra la mente dell’artista afflitto e il killer dalla mente contorta e incomprensibile. Un capitolo doveroso considerando i temi passati del rapper e un incredibile sforzo di maturità artistica capace di condurre ancora una volta i suoi fan nella mente del genio.