Dani Faiv: intervista dall’Ultimo Piano, il disco fuori ora

Dani Faiv

Dani Faiv ha sorpreso i suoi fan rilasciando oggi Ultimo Piano, annunciato così solo pochi giorni fa: “A volte buttarsi nella vita ti fa andare incontro a vittorie che neanche ti aspettavi ma io posso solo buttarmi se sono all’ultimo piano“.

Sono passati più di sette anni dal primo Teoria del Contrario, disco che sotto alcuni aspetti gli ha cambiato la vita. Ciononostante, Dani pare essere ancora lo stesso: mette il rap al primo posto, collabora con gli amici di tempo, convive con la stessa ragazza di quel periodo. Una cosa non così frequente nel rap game nostrano, sinonimo di integrità e “attaccamento alla maglia”, tipiche di un player valido su cui in molti puntano.

Ora Dani Faiv per chiudere alla grande un 2023 già ricco di soddisfazioni punta forte su Ultimo Piano, un nuovo disco in cui spicca senza dubbio la doppia combo con J Balvin e Geolier, ma anche tecnica, cambi di flow e giochi da parole, come sempre dopotutto. Ce ne ha parlato lui stesso lunedì in una bella telefonata, in cui abbiamo trattato numerosi argomenti, dall’album a Teoria Del Contrario Vol 2, passando anche per il Party in Santeria e per quello che verrà in futuro. Buona lettura!

Intervista a Dani Faiv: Ultimo Piano, Teoria Del Contrario e molto altro

Parto con una domanda molto semplice, ma credo doverosa: quando hai deciso di pubblicare un secondo disco in un anno? Dopo tra l’altro l’ottimo riscontro di Teoria del Contrario Vol.2.

«Guarda, innanzitutto mi sono reso conto di essere stato capito appieno con TDC2. Ho visto di avere una fanbase veramente solida, confermata poi durante il live alla Santeria Toscana 31. A questo si è aggiunto il fatto che sono molto produttivo e avevo tantissimo materiale a disposizione. Quindi ho detto: “perché no?!”. È sempre stato un po’ il mio sogno pubblicare due progetti in un anno, quando per dire lo fece Guè ero impazzito, mi è sempre piaciuta questa idea».

Sono quindi tracce che avevi già pronte mentre stavi chiudendo TDC2?

«Sì, assolutamente, ma è così per tante canzoni. Come ti dicevo, producendo tanto, avevo E.T.A da due anni, Barca A Vela ce l’avevo da tre anni… poi chiaramente Strage riadatta i beat e li rinfresca, c’è un lavoro di riapproccio alla traccia, di studiare i feat e cose così. Ci sono però delle tracce che una volta fatte si rivelano essere senza tempo e quindi le lasciamo lì e in base al progetto poi capiamo quali usare».

E quelle per L’Ultimo Piano sembra tu le abbia scelte seguendo la strada intrapresa con il precedente disco. Ha un animo infatti da mixtape, sembra proprio un proseguimento di TDC2, anche per l’ampio numero di featuring al suo interno: me lo confermi?

«Il numero di featuring in un progetto secondo me non identifica per forza il tipo di progetto: ormai la gente fa i dischi ufficiali con venti ospiti o magari fa il tape con solo tre. Nel mixtape ciò che conta di più secondo me è l’attitudine e lo slegamento involontario che si crea. Si forma una sorta di playlist dove metti più cose, ti diverti ed è un flusso di rime e basta. Mentre nel disco ufficiale io cerco sempre un concept che leghi tutto, anche se poi chiaramente ogni traccia parla di una cosa. Questo vale anche per il progetto di cui parliamo oggi, dove ci sono i piani dell’ascensore che ti accompagnano in tutto il viaggio e poi c’è Ultimo Piano dove spiego tutto quanto il concept del disco. In Teoria Del Contrario ad esempio non c’è una traccia che lo fa, anche perché non può esistere».

Sì, diciamo che mi riferivo piuttosto al suo animo, al mix di mood e alla sua partenza esplosiva, senza preludi particolari. L’intro è proprio una bella manata in faccia istantanea per l’ascoltatore.

«Sì, ultimamente sto preferendo questa via, ma proprio per scelta mia personale. Cioè, ho fatto quasi tutti i dischi dove l’intro è proprio un’introduzione, magari con il pianoforte o con un crescendo, senza un ritornello, capito? Da TDC2 però ho detto basta, ho voluto fare “la traccia” e infatti anche Lassù lo è a tutti gli effetti, con il ritornello e tutto il resto. Che poi sia meno o più cattiva è una scelta anche quella e a sto giro volevo proprio entrare così, a schiaffo. Bene che ha funzionato, dai!»

Nell’ultima traccia, invece, dici di essere al settimo disco, però caso vuole che questo finisca con l’ascensore che ti accoglie al sesto piano: questo può essere quindi visto come un antipasto di un nuovo settimo piano e quindi di un album ufficiale nel 2024?

«Se sei stato attento, visto che mi sembra che lo sei stato, nella traccia subito prima (Dalmata, ndr) vengo introdotto al sesto piano. Poi subito dopo c’è Ultimo Piano, che è appunto il settimo piano, però alla fine, come hai notato bene, c’è l’easter egg quando si sente chiamare il sesto piano, come a dire “torno giù“. E ora che sai questa cosa, chissà cosa succederà nell’anno nuovo (ride, ndr)».

Quindi sicuramente non rimarrai fermo nel 2024, questo è poco ma sicuro, no?

«Bravo, assolutamente!».

Riguardo i featuring volevo invece chiederti due cose: la prima è: come è nata l’idea di mettere J Balvin e Geolier sulla stessa traccia?

«Ho ragionato tipo Yoshi remix. Se si presenta l’occasione e hai un brano così potente assieme a J Balvin, è opportuno dare il giusto peso ed elevarlo al massimo delle potenzialità. Quindi ai tempi abbiamo detto mettiamo Capo Plaza perché volevamo dare ancora più più importanza e caratura al pezzo. A questo giro ho ragionato uguale. Mi son detto: “cavolo, ho in mano una traccia enorme, è piaciuta a Balvin e per me è già un onore. Chi è un rapper che può distruggere tutto, che sta spaccando tutto?“. Perché comunque su un beat così serve uno che rappa proprio. Non era una hit dove bisognava metterci del pop cantato. A quella domanda di prima quindi mi son risposto con Geolier, che sta spaccando ogni cosa. Poi secondo me fa anche scena una combo del genere, non te lo aspetti e mi piace quando si creano cose così».

Assolutamente. Sorpresa riuscita, soprattutto per me che l’ho messa in play senza sapere i featuring. Ma la strofa di J Balvin quindi è recente o risale ai tempi di Yoshi?

«No no è nuova, io avevo il brano con due strofe mie e un ritornello, che poi ho tolto. E alla fine è venuto fuori quello che sentite nel disco».

La seconda domanda sui featuring che volevo farti è invece sul fatto che hai collaborato con un sacco di gente in questi due dischi. Se dovessi sceglierne uno aggiuntivo, con chi lo faresti?

«Guè, sarebbe un sogno!».

Beh visto anche quanto è propenso a collaborare non è da escludere, te lo auguro!

«Speriamo, speriamo (ride, ndr)».

Mi è piaciuto l’artwork del disco: chi l’ha creato?

«L’ha fatto Luna Moon che è un ragazzo con cui non avevo mai lavorato prima, insieme a Enrico, che è il mio grafico di sempre. Luna lavora molto in 3D, mi ha colpito subito e per quello ho scelto lui. Ma io in realtà stavo già lavorando con Enrico, solo che non mi aveva ancora dato l’idea chiave. Poi a caso ho conosciuto questo ragazzo, che tra l’altro fa anche video in 3D, grafiche a thasup, e si era già fatto conoscere in giro. Io però non l’avevo ancora conosciuto e sono stato molto contento di coinvolgerlo in questo progetto».

Tornando indietro di un paio di weekend: quali sensazioni ti sei portato a casa dal party di Milano?

«Incredibili, veramente incredibili. perché non è scontato che ti cantano ogni rima. È la cosa che mi ha colpito di più. Sono proprio fan veri e, ricollegandomi appunto a Ultimo Piano, questa è una cosa rara oggi con i sali e scendi. Non è così facile avere una fanbase solida e mantenerla dopo tanti anni, perché è un po’ anche questo il fardello di un artista, no? Il mantenere un certo standard, l’accontentare sempre i fan, non è facile. Riuscire ad avere una fanbase così secondo me è la cosa più importante!».

Chiaro e ce l’hai fatta nonostante tu abbia avuto un periodo dove ti sei leggermente, possiamo dire, allontanato dal Dani degli inizi, mi riferisco a quando hai fatto GameBoy Color etc etc, ed erano un po’ iniziate le critiche sul tuo cambiamento e via dicendo. Col tempo però la gente si è ricreduta e soprattutto un’ampia fanbase bella solida non ti ha abbandonato…

«Io te lo dico semplicemente: chi pensa che sono cambiato ai tempi, secondo me è solo legato all’ignoranza nel senso che non ha ascoltato il disco ma si è fermato solo all’apparenza o al personaggio colorato e robe così. Col tempo ci ho messo un po’ a farlo capire. Ho fatto anche delle scelte, sai, prima del Machete Mixtape ad esempio mi sono tagliato le treccine. Ho fatto scelte mirate ad aprire ancora di più la mente alle persone. Perché io dico sempre: se la gente ascolta Fruit Joint trova brani come Pollo con Nitro, Stile, Scarpe Nuove, Ore/Oro, tutti pezzi cattivi da live, crudi, con mille rime come faccio ora. Assieme a questo sposavo però un immaginario x, ma ripeto, legato solo all’immagine, come ogni mio percorso. Prima il cameriere, poi i capelli corti, poi son tornato con i capelli lunghi… a me piace a ogni progetto mettere una parte di immaginario sempre diversa».

Tra l’altro infatti mi ha sorpreso in positivo che hai portato alla Santeria Ore/Oro, una delle tracce che avevo preferito di Fruit Joint.

«Grande! Sì sì, quel pezzo lo porto sempre in live!».

Sul palco hai poi parlato di joint album con Vegas: quanto c’è di vero?

«Beh, sì, mi piacerebbe farlo, anche a lui. È semplicemente questo il discorso, non c’è niente di più al momento. Però avendo un’amicizia così forte che ci lega, noi come idea ce la siamo già detta: prima o poi succederà. È una bella occasione da cogliere un giorno».

Questo è stato il party per celebrare il vol.2 del mixtape con cui, correggimi se sbaglio, la tua vita è cambiata totalmente. Ti sentivi un po’ di pressione addosso nel pubblicare il sequel di un progetto così apprezzato dai tuoi fan?

«Zero. In realtà non vedevo l’ora, me lo chiedevano da un sacco di tempo, e quindi ho detto: “perché no? Facciamolo!”. È nato così, senza paura, l’ ho creato divertendomi al cento per cento e questa cosa poi è uscita fuori».

E si è visto, sia col disco che sul palco. In bocca al lupo a Dani per tutti i suoi progetti!