Ogni volta che esce qualcosa di Caparezza, puntualmente nei commenti ai nostri post sulle nuove uscite arriva la stessa domanda: “Ma perché non lo includete tra i rapper che hanno pubblicato qualcosa?”. Non è un attacco a Capa e non è un tentativo di etichettarlo. Non ci interessa decidere chi debba appartenere o meno al rap. Ma visto quanto spesso il tema torna fuori, anche oggi che è da poco uscito il suo nuovo album Orbit Orbit, vale la pena ragionarci: Caparezza è davvero un rapper della scena rap italiana?
Caparezza e il confine tra rime ed essere un rapper
Che Caparezza sia un artista di enorme talento è fuori discussione. Le sue capacità di scrittura, la costruzione dei concept album, i giochi di parole, le metafore e la profondità dei testi lo rendono unico nel panorama musicale italiano. Ha sicuramente molti punti in comune con il rap: usa la rima come linguaggio espressivo, costruisce versi con una metrica super studiata e affronta tematiche che vanno molto oltre l’iper inflazionata amore del pop, toccando politica, società, filosofia, storia e contraddizioni quotidiane.
È uno di quegli artisti che sanno scrivere con intelligenza, ironia e consapevolezza, e questo — lo diciamo con massimo rispetto — è un’arte che pochi possiedono davvero. Ma il punto è proprio questo: è un rapper o è un artista che utilizza le tecniche del rap per creare qualcosa di diverso, più vicino a una forma d’autore moderna?
Fare delle rime non ti rende automaticamente un rapper. Se bastasse quello, anche tanti cantanti pop lo sarebbero. Il rap non è solo una questione di rime e metrica, ma anche di contesto, di cultura, di sonorità e di appartenenza a una scena.
Parlando poi di sonorità, è impossibile non notare che le strumentali di Caparezza hanno spesso poco a che vedere con il rap. Le sue musiche sono costruite come arrangiamenti complessi, pieni di elementi rock, elettronici, orchestrali, teatrali. Funzionano benissimo nel suo mondo, ma si muovono su un binario distante rispetto alle produzioni che caratterizzano la scena rap italiana.
E allora la domanda rimane: Caparezza fa parte della scena rap italiana o ha costruito un percorso parallelo, unico, che dialoga solo in parte con quel mondo?
Probabilmente, se chiedessimo a lui stesso se si considera un rapper, direbbe di no. Ma ci piacerebbe davvero saperlo. Se qualcuno conosce sue dichiarazioni in merito, scrivetecelo: sarebbe interessante capire come lui si definisce all’interno del panorama musicale.
Cosa dicono i fan (e chi viene dalla scena)
Per provare a capire meglio, chi scrive ha fatto un piccolo sondaggio tra amici e conoscenti. Il 61% ha risposto che Caparezza sì, è da includere tra i rapper. Il 39% ha detto no.
Ma andando più a fondo nei dati, emerge qualcosa di significativo: l’80% di chi ha risposto “sì” non ascolta il rap come genere principale. Al contrario, il 100% di chi ha risposto “no” o rappa, o fa parte della scena, o scrive di rap.

Un altro spunto utile arriva dai fan di Caparezza.
Parlando con chi lo segue da anni, spesso emerge che molti di loro non ascoltano altri rapper italiani. Non è un male, ma è un dato interessante: forse la sua musica non spinge a scoprire altri artisti del rap italiano perché, in fondo, non suona come loro. Forse ascoltare Caparezza non ti porta automaticamente dentro la cultura hip-hop, ma piuttosto dentro un universo personale fatto di satira, riflessione e concept narrativi che si muovono su un binario diverso.
Caparezza rimane un autore geniale, uno dei migliori parolieri italiani, e il rispetto per il suo lavoro è totale. Ma probabilmente non è un esponente della scena rap italiana, nel senso più stretto del termine. È un artista che ha preso dal rap alcuni strumenti — le rime, la metrica, la libertà di espressione — e li ha portati altrove, costruendo un linguaggio unico e personale. E va benissimo così.
Foto in copertina di Albert D’Andrea


