Turbe Giovanili, il debutto di Fabri Fibra è più attuale che mai

Turbe Giovanili di Fabri Fibra

Microfono a Fibra” e il resto è storia: vent’anni fa di questi tempi, giorno più giorno meno, Fabri Fibra dava alle stampe il suo debutto solista, Turbe Giovanili. Eppure basta mettere il disco in play un’altra volta per accorgersi che potrebbe essere uscito venerdì scorso.

L’Anno Domini è invece il 2002. Internet come lo conosciamo oggi si intravede appena. Silvio Berlusconi è a Palazzo Chigi per la seconda volta, il morbo della mucca pazza dà di che scrivere ai quotidiani e i fatti di Genova dell’anno precedente sono una ferita ancora aperta per molti. Mentre in classifica Jovanotti e Laura Pausini si contendono il primo posto, un giovane Tiziano Ferro comincia a farsi strada in Top Ten con Rosso Relativo. Nemmeno a dirlo, del rap italiano, in classifica, neanche l’ombra.

Vent’anni di Turbe Giovanili, il capolavoro di Fabri Fibra

È un momento delicato per l’hip hop nostrano: alcuni nomi chiave della scena hanno cambiato genere, altri hanno direttamente cambiato mestiere. I grandi eventi hip hop si stanno via via diradando e le riviste di settore cessano definitivamente le pubblicazioni.

Nei (pochi) dischi rap che escono nei primi anni del 2000 traspare in modo evidente una certa rassegnazione di fondo. 8 Mile sarebbe arrivato nelle sale italiane solo nel corso dell’anno successivo. In questo clima di dismissione collettiva Fabri Fibra pubblica Turbe Giovanili.

Il disco esce in poche copie, senza mixaggio professionale e senza un’etichetta alle spalle, interamente prodotto da Neffa eccetto per una strumentale di Dj Lato (Ma Che Persona); oltre a Fibra, le uniche altre voci all’interno della raccolta sono di Nesli e Al Castellana. La nota contenuta nel booklet dell’edizione del 2002 esemplifica bene l’aria che si doveva respirare all’epoca:

Neffa un giorno mi telefonò per dirmi che aveva recuperato delle basi dal suo vecchio hard disk. Questo album è dedicato a tutti i turbati distratti che insistono a credere in questa scena che ancora continua a darci energia. Personalmente non smetterò mai di credere in ognuno di voi, da chi mi ama, a chi mi odia, chiunque scrive o produce, chiunque balla o dipinge, chi lo fa da un anno chi da una vita. In memoria di Dj Ciso.

Insomma, nel 2002 dare alle stampe un disco rap in Italia era un atto di resistenza. Forse un gesto da incoscienti, se non da folli. Certamente un’impresa impossibile senza una passione granitica alle spalle.

Fabri Fibra non era un nome nuovo per il circuito underground del tempo, anzi. A cavallo del secolo con l’LP Sindrome di fine millennio assieme a Lato si era fatto alfiere di una scrittura ipertecnica, interamente votata a giochi di parole continui e incastri acrobatici al limite del nonsense. In Turbe Giovanili però di virtuosismi e giochi di parole non c’è già più traccia. La ricerca di una scrittura più lineare è voluta e rivendicata esplicitamente da Fabri Fibra, come testimonia una rara intervista dell’epoca:

Il discorso del “lessico alterato” l’ho messo da parte perché dopo che è uscito il fenomeno “Teste Mobili = lessico a doppia velocità e tripla interpretazione”, o vado oltre, e non si capisce più un cazzo, oppure trasformo il caos in un caos concepibile, ti do una logica nel naufragio. Secondo me ci stava la svolta. Di conseguenza chi si aspettava il lavoro incastrato, si ritrova un lavoro liscio e logico su basi che sono magari più casalinghe, più soft.

Con la possibilità di spingersi oltre si era già scontrato Neffa pochi anni prima con l’EP Chicopisco, non a caso il suo ultimo lavoro rap. Neffa in quell’occasione portò la ricerca lessicale a un punto di non ritorno, fino a inventare un linguaggio nuovo, affascinante quanto incomprensibile. Non ci si poteva spingere ancora oltre. Perciò è interessante che Fibra perfezioni invece una scrittura cristallina in grado di dare “logica nel naufragio” proprio sopra delle strumentali prodotte da Neffa. Le tinte soul e R&B dei beats di Turbe Giovanili di Fabri Fibra, infatti, richiamano direttamente le sessioni di 107 Elementi e Chicopisco, i lavori più criptici dell’ex-Sangue Misto.

L’atmosfera dilatata (Luna Piena), notturna (Come Te, Nuovi stili d’insonnia) che prende corpo dai beats di Neffa dirige naturalmente Fabri Fibra verso una scrittura più intima, solamente accennata in lavori precedenti come Sindrome o Basley Click: The Album.

L’introspezione veicolata da Fabri Fibra in questi 17 brani è la vera rivoluzione silenziosa di Turbe Giovanili. All’interno dell’album non c’è più spazio per rap che parla di rap, l’esercizio di stile è quasi assente come assenti sono le pose di strada o le rituali espressioni in inglese tipiche del tempo. A dare spessore al racconto è invece la quotidianità a volte sonnecchiosa, altre volte frenetica di un giovane adulto che vive in provincia e si barcamena tra amori e lavoretti, entrambi senza futuro.

Pochi anni fa Fabri Fibra ha ricordato i testi di Turbe e li ha descritti come il “diario di un adolescente”. Bisogna notare che quando Fibra scrive i brani dell’album è però più vicino ai trenta che ai vent’anni. Questo ci porta a un’altra caratteristica cruciale dell’album: sotto una patina casalinga e rilassata, infatti, Turbe Giovanili fotografa un incubo tutto italiano.

Pezzi come Dove Fuggi o Di Fretta sono il ritratto di un uomo che non è più un ragazzo, ma allo stesso tempo non può ancora diventare adulto. I versi di Fibra catturano con sintesi rara una crescita bloccata (ancora scopo come un quindicenne al buio dentro casa), lo spaesamento di chi non ha una direzione (Finita la scuola comincia la casualità / quando parte il lavoro poi scoppia chi non ce la fa) o il confronto impossibile tra coetanei, con la fuga dalla provincia come unica soluzione in Di Fretta:

Conosco molti ragazzi della mia età, che non hanno la minima idea su come ti veste questa città
Altri invece della mia età non vedono più in là di un miglio
Altri ancora alla mia età sono sposati e hanno un figlio
Ti basta andar via di qua per essere un altra persona
Addirittura cambi accento e tonalità
Ma quando tornerai qua saremo cambiati
Come se poi vedessi grandi risultati

Già, la provincia. Ogni pezzo di Turbe trova la ristretta realtà provinciale a fargli inevitabilmente da sfondo. A volte viene tratteggiata come un abito stinto, sempre più stretto (la mia città la giri al massimo in venti minuti), altre volte è una realtà in cui tutto è affidato al caso e nulla è certo eccetto la frustrazione, vedi Di Noi:

Vengo da un posto in cui non c’è l’ora esatta
Tra autobus, treni, qui non c’è un’ora adatta
Vai, l’avranno detta senza che tu lo sappia
Sai, ci demotivano, da qui non si scappa

E la possibilità di una fuga, traccia dopo traccia, se non può essere la soluzione a tutti i mali diventa nondimeno l’unica scelta possibile per provare a cambiare le cose. Sono gli ultimi due brani del lotto, mai citati abbastanza, Di Noi e Ma Che Persona, a consegnare Turbe Giovanili alla storia e Fabrizio Tarducci all’età adulta. Il doppio finale scelto dal rapper segna inequivocabilmente il distacco definitivo dal piccolo mondo antico di provincia degli Uomini di Mare.

In entrambi i pezzi Fibra predilige la seconda persona singolare: in Di Noi l’interlocutore è una figura femminile, mentre in Ma Che Persona si rivolge direttamente a sé stesso. Sono due facce della stessa crisi, la descrizione di un’estraneità non più ricomponibile rispetto ad abitudini sempre più meccaniche e ad amicizie sopravvissute di gran lunga alla loro ragion d’essere, fino a diventare gabbie:

Molti di noi, molti dei tuoi
Amici puntano a qualcosa che in realtà tu non vuoi
Li ascolti ovunque parlare col loro accento
Sapendo che in fondo non sei con loro ormai da tempo

Io non ti sento contento, non ti rilassi
Il tuo mondo lo porti con te e vorrei me ne parlassi

Vorrei mi raccontassi che fai in questi giorni
Ma ti sento distante, convinto sugli stessi passi

Gli stessi passi, gli stessi discorsi ripetuti infinite volte portano a una depersonalizzazione completa. Fabri Fibra conclude Ma Che Persona, e l’intero disco, con il passaggio più violento della sua discografia. Sì, perché tutto il sangue (e lo sperma) che gronda dai pezzi di Mr. Simpatia impallidisce di fronte agli ultimi versi di Ma Che Persona, resoconto di una crisi d’identità nell’esatto momento in cui si compie:

Stai nel tuo coma fin quando non ritorni come prima
Tu stessa persona, sì, stessa persona
Ma se stai con gli altri sei un’altra persona
Tu stessa persona o altra persona
Che se stai con gli altri sei un’altra persona
Tu, ma che persona sei? Ma che persona?

Poco da fare, questo è un passaggio che riguarda tutti prima o dopo. Alla fine Fabrizio Tarducci dalla provincia scapperà davvero, approderà in città e cambierà il rap italiano almeno altre due volte, ma questa è un’altra storia.

In ogni caso, per chi scrive, Fabri Fibra non riuscirà mai più ad essere così generazionale e universale nel suo racconto.

L’attualità di Turbe Giovanili oggi

In apertura si è detto che Turbe Giovanili potrebbe essere uscito venerdì scorso. Non si tratta soltanto di una provocazione. Difatti dopo la sbornia trap degli scorsi anni si intravedono in numerosi dischi mainstream degli ultimi tempi diversi tentativi di appropriarsi di una sensibilità nuova, riscoprendo l’introspezione.

Tra queste proposte, tuttavia, molte rientrano tranquillamente nell’espressione “Emo senza emo” coniata da Marracash in COSPLAY. Turbe Giovanili per chiunque decida di guardarsi dentro è un riferimento obbligato. Ma in quanti hanno il coraggio di guardare in fondo all’abisso e spingersi fin dove è arrivato Fibra? Anche a vent’anni di distanza ci vuole una forza di volontà sovrumana.

Molti dei miei discorsi vanno scomparendo
Morendo come la fiducia in noi
Che si ritorna in tranquillità
Ma senza forza di volontà
Per cambiare quel che non ti va
Non hai la forza di volontà
Per raccontarle quello che non sa
Non hai la forza di volontà