Relapse: il disco di riabilitazione di Eminem

Eminem Relapse

In attesa di Curtain Call 2, la prossima raccolta “best of” di Eminem, che prende nome dall’omonima raccolta del 2005, facciamo un passo indietro, e analizziamo cosa successe dopo la pubblicazione di quella raccolta, fino ad arrivare in più nello specifico a Relapse, un disco che divide l’opinione del pubblico dell’artista come probabilmente nessuna delle sue altre uscite (forse superato solo da Revival).

Dal primo Curtain Call a Relapse: la crisi di Eminem

La traduzione del titolo della raccolta Curtain Call indica la “calata del sipario” dell’artista; la cover del disco ritrae ai piedi di un’Eminem, inchinato a ringraziare il pubblico, innumerevoli rose rosse. Difatti quella raccolta fu annunciata ai tempi come l’ultima uscita del rapper, procinto a ritirarsi / prendersi una pausa: un’ultima chicca rappresentante la definitiva calata del sipario, che stava a seguire l’Encore dell’Eminem Show.

Le cause del ritiro oggigiorno sono chiare e di pubblico dominio, ma ai tempi (per ovvi motivi) non era così. Chi ha la fortuna di avere una copia CD della raccolta, sfogliando il booklet si troverà di fronte ad un’immagine estremamente significativa, che ritrae l’artista nello studio in preda ad una triste disperazione di fronte ad un monitor di mixaggio, mentre il suo alter ego (aka Slim Shady) giocherella nel modo più bizzaro nel booth di registrazione: un dipinto forte ed esaustivo della crisi che Eminem stava passando essendo vittima del suo personaggio.

I tre inediti della raccolta bastano per dipingere il quadro:

  1. Shake That; un meraviglioso brano da club con una ritmica pazzesca ed un’apparizione vocalmente spettacolare di Nate Dogg 
  2. Fack; uno dei brani più volgari, rozzamente umoristici ed inconcepibilmente bizzarri che l’artista abbia mai pubblicato nella sua controversa carriera. Proposta come intro della raccolta, mette subito le carte in chiaro che la persona dietro Eminem non è particolarmente a posto con la testa in questo momento della sua vita
  3. When I’m Gone; una commovente ballad rap dove l’artista sviscera come l’ingigantimento spropositato del suo personaggio pubblico gli abbia creato ruvide complicazioni nella sua percezione di sé stesso, e nel rapporto con figlia e moglie. Un dipinto del suo conflitto esistenziale provveduto della prospettiva del suo io più introspettivo e del punto di vista di sua figlia, che mostra quanto Eminem abbia una delle penne più inarrivabili della storia della musica

Il problema era sfociato nella droga. Eminem entrò nella sua pausa artistica dopo aver annullato la tappa europea del suo Anger Management Tour nell’estate del 2005 a causa del suo esaurimento nervoso e della dipendenza dai farmaci a lui prescritti per dormire.

L’anno successivo, il nuovo matrimonio del rapper con la sua ex moglie Kimberly Scott durò solo undici settimane prima di un secondo divorzio, mentre il suo migliore amico e collega rapper Proof venne ucciso a colpi di arma da fuoco durante un litigio fuori da un nightclub di Detroit.

Eminem, in preda ad un chiaro terremoto emotivo, cadde sempre di più nell’abuso dei farmaci a lui prescritti:

Caddi in un posto molto oscuro a causa delle droghe, le disgrazie, i miei pensieri, e tutto il resto. E più antidepressivi e sonniferi prendevo, più finivo depresso, sempre più disgustato di me stesso

Arrivò a prendere oltre 20 pillole al giorno, finché non gli venne obbligato di entrare in riabilitazione, per poi riavere una ricaduta che lo portò ad un’overdose quasi mortale.

Le luci del palcoscenico della fama si spensero, Eminem scomparse dal circolo, la sua condizione mentale non gli permetteva di esserlo. Il suo cervello doveva ri-imparare a farlo parlare, muoversi, ri-acquisire la memoria, e in generale a farlo tornare capace di vivere da uomo normale dal punto di vista della salute. L’artista dovette prendersi mesi e mesi di cure specialistiche, per poi studiare il vocabolario, esercitarsi a rappare, per far rinascere il cervello e l’anima di un rapper che tra droghe e disgrazie non esisteva più.

Relapse: il disco con cui Eminem è rinato come artista

La cover è un ritratto del volto dell’artista composto da un tappeto di pasticche. La voce era cambiata, il modo di rappare era cambiato, la mentalità artistica era cambiata. Eminem ri-prese il microfono in mano ambendo di tornare quel rapper che era prima, probabilmente il migliore di sempre. Per le produzioni siamo al sicuro; c’è Dr. Dre.

Per Relapse Eminem adotta una visione artistica estremamente hardcore, che dipinge la psicologia viscerale di un serial killer, tutto ciò rappando con degli strani accenti che sono a mani basse il carattere distintivo del disco. Quegli accenti sono l’adattamento che il rapper prese per poter stare sopra le strumentali, dopo che il suo cervello aveva disimparato le sue infinite capacità al microfono.

Esempio lapalissiano è il singolo 3 a.m., un brano ben riuscito che fa da epitome all’atmosfera cupa e psicopatica del disco.

Le influenze del disco, a detta dell’artefice, sono proprio i suoi precedenti problemi di droga e i programmi televisivi / documentari su criminalità violenta e serial killer. Episodi più umoristici come Must Be The Ganja e la hit We Made You trovano comunque spazio tra la pesantezza colossale del disco. L’umorismo non è tagliente come quello dei precedenti lavori, il flow è più pesante e meno fluido, la complessità lirica invece non manca affatto.

Ciò che rende il disco particolare è proprio la sua complessità; l’indecifrabilità del modo di rappare, delle ritmiche, del liricismo, rende palpabile la difficoltà che Eminem ha avuto nel concepirlo, e rende il tutto un’opera veritiera sulla sua ripresa umana dalle droghe, sfogata nella creatività bizzarra di uno degli artisti hip hop più complessi di sempre. Questo scandisce il disco come irripetibile e tra i più particolari lavori mai fatti dal rapper.

La risposta del pubblico a Relapse

Nel primo singolo del disco successivo a Relapse, la celeberrima Not Afraid, Eminem rappò chiaramente:

Let’s be honest, that last “Relapse” CD was ehhh

Che Eminem non usi mezzi termini non è assolutamente da sottolineare, e a modo suo ha subito messo le carte in chiaro, ed espresso il suo disappunto verso la sua “opera di riabilitazione”.

I critici musicali rimasero confusi dal disco, pubblicando recensioni incerte che dipingevano un’opinione pubblica indecifrabile riguardo al disco. Tra chi lo criticò aspramente come un prodotto largamente sotto il livello di ciò che Eminem era abituato a portare, e chi invece ci trovò un’intimità inedita nella sua musica. Le opinioni col tempo invece di compattarsi si sono polarizzate, tra chi lo definisce una nota storta nella sua discografia, e chi invece (soprattutto nel lato della fanbase più stretta all’artista) lo etichetta come il suo disco migliore.

Eminem col tempo non si è convinto ancora del suo stesso disco, anzi sembra pentirsene sempre di più anno dopo anno, tanto che nel 2018 ribadì al noto giornalista hip hop Sway, che Relapse sia il peggior album della sua carriera, affermando:

Relapse è qualcosa che non ascoltavo da un paio d’anni, ma l’ho fatto di recente e sono rabbrividito. Gesù Cristo, non mi rendevo nemmeno conto che stavo facendo così tanti accenti.

In ogni caso resta un disco da molti scavalcato nella discografia di Eminem, che invece nasconde in sé una delle storie più particolari di qualsiasi disco rap o di musica in generale, e (per quanto sia l’antitesi di musica easy-listening) resta sicuramente un ascolto interessante.