Abbiamo approfondito MoMa, il nuovo disco targato Blo/B e Gionni Gioielli.
Ho ascoltato Blo/B per la prima volta un paio di anni fa, con Calvario. Un brano che lasciava trasparire tutte le difficoltà dell’artista nel credere in sé stesso ed in quello che faceva. Da quel giorno ad oggi il rap italiano ha vissuto un vero e proprio ricambio generazionale.
Oggi il termine underground sembra non bastare più per definire quella schiera di artisti che possono considerarsi di nicchia, ormai si distingue semplicemente chi riesce e chi no. Non tutti si sono fatti trovare pronti al cambiamento ed in molti hanno preferito abbandonare il gioco. Blo/B sembrava uno di questi, come lui stesso ha scritto in un post di Facebook che lasciava presagire una rottura sofferta ma inevitabile. Ma le svolte arrivano quando meno te lo aspetti ed è ciò che è successo a Luca, che con MoMa segna non solo una sua rinascita artistica ma anche spirituale.
Qualche mese fa Buio aveva interrotto il suo lungo silenzio, suonando come una dichiarazione d’intenti che lo vedeva riprendere la sua arte in mano e trasformarla in qualcosa di nuovo, che avesse senso di esistere perché figlia di una necessità. Come per ogni lavoro che si rispetti, MoMa non è nato da un giorno all’altro e immaginiamo che non sia stato semplice per Blo/B scriverlo.
Prima di questo disco ci sono almeno due elementi fondamentali che hanno fatto da traino per la nuova rinascita: il primo è l’avvento di una schiera di artisti di caratura massimale che hanno riportato in America un certo modo di fare e di intendere il rap, portando con loro un immaginario citazionista ed inedito allo stesso tempo. Il secondo elemento è stata la presenza del signor Gionni Gioielli, che a forza di elargire opinioni qua e là sui lavori altrui si è fatto travolgere da un’ispirazione totalmente autentica, producendo prima un piccolo culto come YGS ed offrendo poi le sue idee a Blo/B, con il quale ha partorito MoMa.
Le produzioni di Gioielli sono atipiche in questo momento del rap italiano. Niente vaneggiamenti, niente decorazioni, niente plastica: soltanto un suono grezzo ed originale, sample e batteria. Così come YGS, anche MoMa porta avanti l’idea di un concept album, utilizzando un preciso argomento per imporre il proprio punto di vista ed affermarsi tramite il rap. E se per Gioielli il contesto di riferimento è stata l’Italia dei poteri forti degli anni di Bettino Craxi, per Blo/B le rime vengono filtrate dai maggiori esponenti dell’arte moderna, i quali hanno riconcettualizzato la visione dell’arte stessa con le loro opere, scandalizzando la critica e muovendo dei passi decisi verso l’innovazione.
Idee che vengono materializzate in modo molto figo, soprattutto grazie a delle skit assolutamente azzeccate al termine di ogni brano. Spettacolare ad esempio quella di Alberto Burri, artista noto per aver sostituito i materiali che si utilizzavano comunemente con la plastica, metafora del cambiamento. Inoltre la stessa traccia descrive bene la repulsione che Blob e Gioielli provano verso certi personaggi che fanno attenzione a tutto.. tranne alle rime ed allo stile, che sono appunto di plastica.
“Burri con la vile e consueta plastica vuole raccontare a modo suo tutto ciò. Racconta le strane, meschine e grandiose avventure di un tempo che secondo lui non vuole più raccontare con figure e personaggi e che si riconosce, invece, soprattutto nei materiali.”
Già dalla cover il disco ispira fiducia nell’ascolto: minimale, con i nomi dei due protagonisti in primo piano e una delle galleria d’arte moderna più famose al mondo sullo sfondo, il MoMa. Attraverso le nove tracce di cui si compone, BloB sviscera a fondo tutte le sue opinioni: sul rap game, sui colleghi, sul modo di intendere l’hip-Hop, su cosa lo spinge a farlo e su cosa gli ha fatto spesso pensare di smettere. Ogni titolo di ogni traccia rispecchia bene il mood che i due artisti vogliono andare a ricreare, immergendo l’ascoltatore in un panorama di rime e citazioni che vi gaseranno parecchio ed in alcuni casi vi costringeranno a cercare su Google per capire fino in fondo il significato di questa o quell’altra barra.
Molti sono i pezzi che meritano una particolare menzione. Uno di questi è Taki 183, uno dei writer più importanti degli anni ’70, nella quale Blo/B sforna un intro degno delle migliori cose successe al rap italiano quest’anno.
“Punto ad essere Pusha, non un mezzo Playboi Carti”
Marcel Duchamp si avvale invece di una super collaborazione targata Jack The Smoker, che rappresenta un biglietto di visita garantito per tutto il progetto oltre che per la traccia in sé. Anche questo titolo non è affatto casuale, dato che Duchamp diede vita all’arte concettuale, secondo cui il significato di un idea o di un concetto è più importante del modo in cui si presenta. Se non è una metafora perfetta questa..
Alberto Burri ve la riproponiamo invece con piacere, dato la capacità di citare Lamela e Gorbaciov nello stesso pezzo senza risultare affatto banale, ma realizzando quello che è il pezzo più riuscito a livello concettuale.
Blo/B e Gionni Gioielli hanno tanta carne da mettere al fuoco ed il momento per sfornare qualcosa di così inedito e figo non poteva essere più giusto. Ma non hanno voglia di rubare la scena, anzi, nel loro disco c’è spazio per artisti che non hanno la visibilità che meritano nonostante le barre dicano l’esatto contrario. In Andy Warhol e The Factory vi è una vera e propria gara a chi spacca di più tra Silla Felix, Jangy Leoon, Lanz Khan e BloB. Gioielli, mancavi solo tu a cacciare la strofa..
A proposito. Seppur in veste di produttore, Prata non manca l’occasione di cimentarsi su una sua produzione, essendo anche lui gasato visibilmente dal lavoro svolto: Jeff Koons regala perle di saggezza rare. Chi è il tuo gioielliere bibbi?
Make Rap Great Again
Di solito quando un artista realizza un disco, lo fa seguendo delle precise linee guida, facendo spesso attenzione alla traccia d’apertura e quella di chiusura. La prima deve preparare l’ascoltatore a ciò che lo aspetta, la seconda deve lasciare il segno. Giorgio De Chirico è un grand finale, riuscito sotto molti punti di vista, dalla citazione ad uno degli artisti più interessanti e controversi dell’arte italiana sino alla struttura del brano. L’impostazione che BloB ha dato alla sua chiusura differenzia il brano da tutti gli altri presenti nel disco e – personalmente – mi ha anche un po’ emozionato. In questo momento storico in cui il rap italiano vive sotto le luci dei riflettori, tra finte amicizie e partnership economiche, BloB ne approfitta per distanziarsi da queste cattive abitudini e ricorda, pur senza citarli direttamente, tutti gli artisti che ha avuto il modo di incrociare nel suo percorso artistico: dal rapper che ha fatto il successo vero a quello che lo meriterebbe ma è costretto ad un altro lavoro, passando per quello che più lo ha stupito a quello che che lo fa per pura passione, senza alcun rancore verso il successo altrui. Insomma, più che descriverlo questo brano vi invitiamo caldamente a sentirlo.
“Ho visto un rapper che c’ha le collane vere
Che dice che ha fatto i soldi, ne dà un poco al suo quartiere
Uno criminale che scherza sulle galere poi
Uno militante che lavora in un cantiere
Ho visto un rapper rappare in modo papabile
Che parla di puttante e non mi pare Dua Lipa
Che non prenderebbe mazzate dalla tua tipa”
Speriamo vivamente che MoMa sia da monito non solo a noi ascoltatori, ma anche a tutti gli artisti che hanno qualcosa da dire, ma non vogliono farlo perché temono di non essere ascoltati o che non ne valga la pena. Lo stile, l’attitudine e la passione per questa musica pagano sempre se si è in condizioni di farlo. Ho apprezzato molto che BloB ai tempi si sia esposto per annunciare il suo ritiro tornando poi indietro sui suoi passi, col rischio di minare la sua credibilità ed esporre le sue debolezze. Non serve andare a cercare capri espiatori o motivazioni nascoste dietro il successo altrui, perché sono le visioni differenti che costruiscono il gioco. Se fosse tutto uguale il rap non sarebbe il rap e questo genere non sarebbe importante come fortunatamente è.
Ascoltatevi MoMa e.. ci scusiamo per aver dimenticato Gionni Gioielli tra i migliori producer del 2018. Te lo meriti ampiamente.