«Non mi sono mai esposto tanto come in OVERT» – Intervista a Mattak

Mattak
Foto di Kyrhian Balmelli

Verso la fine di maggio, Mattak ha sorpreso i suoi fan annunciando di aver chiuso il suo secondo album ufficiale, OVERT e, poco dopo, ci è stata data la possibilità di ascoltarlo e di realizzare un’intervista su Zoom proprio con il rapper svizzero.

È stata una bella occasione per scoprire meglio cosa si cela dietro le tracce del disco e quali sono le sensazioni e lo stato d’animo di un ragazzo di Lugano che da anni sta ottenendo apprezzamenti in tutta Italia, grazie a un’attitudine genuina e a un pregevole bagaglio metrico e lirico.

Scopri di seguito cosa ci siamo detti.

Mattak, il rapper che parla di psicopatologie, ci racconta OVERT in una nuova intervista

Ciao Mattak, parto con la stessa domanda che ti avevo fatto l’estate post Riproduzione Vietata. Ora, quando mancano pochi giorni dall’uscita di OVERT, come stai?

«Sono tesissimo ma ti spiego. Quando doveva uscire Riproduzione Vietata ero sicuro ed ero gasato, non vedevo l’ora. Qui invece va così, forse perché mi racconto molto ma molto di più. In Riproduzione Vietata sembra che mi racconto ma faccio molto il vago, qua invece dico proprio le cose come stanno, quindi non provo la stessa sensazione, sono un po’ confuso. È strano: sono contento, soddisfatto, curioso, ma sono anche super teso proprio perché mi espongo un sacco. Non mi sono mai esposto così tanto»

E com’è che vivi quel momento preciso in cui esce il disco?

«È una liberazione, perché ci ho passato giornate e notti. Chiaramente scaricherò la tensione e sarò gasato per l’uscita»

OVERT è un disco che parte col botto: la prima traccia è infatti Ex Novo che ha un timbro della tua voce diverso dal solito. Come mai la scelta di iniziare così?

«È vero. Il beat l’ho sentito totalmente adatto per essere l’intro del disco e l’approccio al beat mi è venuto di farlo proprio così, un po’ pazzo. Ho voluto sperimentare, entrando un po’ nel viaggio Kendrick, perché io ho scritto sempre molto dritto, molto rap, in questo disco però sono voluto entrare in una visione più musicale e quindi sentivo che dovevo iniziare sperimentando. Infatti durante il pezzo cambio anche diverse intonazioni, rappo un po’ più incazzato, poi sussurrato: ho dato più versioni di me fin da subito, come per dire “rega sono versatile, posso fare quello che voglio!“»

E ci sei riuscito perché hai sperimentato molto in questo disco, con cambi di flow e voce: quanto ti sei divertito a fare questo album? 

«Sì sì, mi son divertito tantissimo, molto di più che con il primo disco, che era molto più impostato e non lavoravo in studio: scrivevo a casa e poi arrivavo in studio, dove avevo quelle ore di registrazione che pagavo e dovevo andare a colpo sicuro. Invece con OVERT sono andato nello studio di un amico e ciò mi ha permesso di stare lì, sperimentare, creare melodie e intonazioni. C’è stato un approccio totalmente diverso e secondo me si sente anche dal risultato»

La seconda traccia del disco è invece un banger, dove hai fatto fare se non erro venti barre anche a Guè! Come è nato questo featuring e quando hai capito che potevi arrivare a lui? Visto che lo troviamo qui, suppongo lo ammiri un sacco.

«Quando è uscito Riproduzione Vietata Guè mi ha scritto pochi giorni dopo, alle 2 di mattina, mentre lo stava ascoltando ed io ero al party del compleanno di mia sorella, totalmente ubriaco. Stavo cazzeggiando su Instagram e videochiamando dei fan con un mio amico a caso, per divertirmi, come faccio spesso. E niente, spunta la notifica di Guè, che mi manda un video dove stava ascoltando il disco: mi fa i complimenti, mi invita a casa sua per festeggiarne l’uscita e bere qualcosa. Sono andato e alla fine abbiamo fatto le 6 e mezza di mattina tipo e lì è nata l’idea di fare un pezzo insieme. Dopo, col tempo, ci siamo sentiti, è venuto fuori che sia io che lui siamo molto fan della roba Griselda e quindi ho colto la palla al balzo, mi son fatto fare un beattone in loro stile da Sick Budd, specialista in materia, gliel’ho proposto e gli è piaciuto subito. Per la questione delle barre non mi ricordo io se ne avevo fatte venti o ventiquattro, so che gli ho mandato il provino con un vuoto da sedici barre e uno da venti e gli faccio: “vedi tu come te la senti, anche sedici per me vanno benissimo ma se ne fai venti è un po’ più equilibrata e omogenea“. Lui alla fine me l’ha mandata subito da venti e mi sono gasato come un pazzo»

Ascoltando COVERT si capisce il ruolo o semplicemente la presenza del narcisismo nella tua vita, tema tra l’altro affrontato in Narciso con Murubutu nel disco precedente. Confermi che lo sia?

«È difficile da dire. La traccia in Riproduzione Vietata l’ho fatta perché mancava una traccia che parlava di me e di alcune difficoltà, però l’ho fatta in modo un po’ inconscio senza dire che ho dei tratti simili. Col tempo mi sono invece analizzato un po’ di più e così ecco che in OVERT tratto molto di più il narcisismo. Mi sono reso conto di avere dei tratti covert, fortunatamente non patologico (spero) perché riesco a identificarlo dentro di me al contrario di chi lo è, che non riesce a guardarsi dentro per niente. Ho voluto quindi sfogare questi miei tratti e infatti in una rima, in relazione con le donne, dico: “la mia grossa debolezza è che voglio uscire a cercarla, con la consapevolezza di non riuscire ad accettarla“. Questa struggle mi ha accompagnato per un sacco di tempo e non ho mai capito che cazzo fosse. Piano piano la sto capendo e sto cercando di metterla a posto…»

Apprezzo molto questa tua voglia di affrontare tematiche simili. Persone che non le conoscono, le porti magari ad aumentare la propria knowledge o a dire semplicemente “ho anche io questo problema”, “ho anche io questa patologia”…

«Grazie mille. A me viene naturale parlare di queste cose. Col tempo mi son reso conto che sono un po’ quel rapper che parla di psicopatologie. In passato ho fatto una canzone che si chiama Depersonalizzazione, che è una psicopatologia, e ho capito che fare questo tipo di tracce fa proprio per me, perché la psicologia mi è sempre piaciuta e l’ho sempre studiata, in primis per aiutare me stesso ma anche perché semplicemente mi interessa. Quindi sì, possiamo dire che sto andando sempre di più in questa direzione…»

E un altro esempio è Lara Gione: immagino sia anche una dedica alla nostra facoltà di pensare. Che  figata: cosa ti ha portato a fare un brano di questo tipo?

«Praticamente quando stavo scrivendo il disco avevo un’estrema lucidità data da uno shock emotivo e ho analizzato tutte le cose meschine della vita. C’è un botto di gente che vuole sempre aver ragione e ci ho riflettuto tantissimo perché poi anche io sono uno che ha sempre voluto aver ragione per paura di essere visto debole. Ho fatto quindi un viaggio su questa roba qua, l’ho spiegata e mi son reso conto che chi vuole avere sempre ragione è molto simile a quando un dipendente affettivo ha bisogno di avere, ad esempio, una ragazza per sentirsi più forte. In una barra spiego di uno che vuole sempre avere ragione e, contemporaneamente, anche un dipendente affettivo che vuole possedere una donna invece che godersela, solo per sentirsi più sicuro e non sentirsi debole. Quindi ogni barra vale sia per la dipendenza affettiva che per la ragione.»

La stessa domanda te la faccio anche per un’altra traccia peculiare del disco: io’s. Parlami anche di come è nato il beat assurdo.

«La tecnologia sta entrando in noi talmente tanto che ormai fa parte del nostro io, da qui il titolo. Il beat ti dico che era già così, non è stato pensato per essere adattato alla tematica. Infatti, l’idea di fare un brano così è nata proprio dopo aver ascoltato la strumentale, ma il beatmaker manco ci aveva pensato a farlo così. Marf è un po’ pazzo, un po’ fuori dagli standard (ride, ndr). Ho fatto una session nel suo studio e, a parte il mood che mi fa impazzire, ho notato che c’era questo strumento che era identico alla tastiera dello smartphone. Tra l’altro ero su Instagram per caso con sotto la base, parte un reel con qualcuno che scrive al telefono e si è mischiato perfettamente al beat. Niente, mi son detto che se non lo faccio qua non lo faccio da nessuna altra parte. Era poi un argomento che volevo già trattare e ho trovato il beat perfetto e il pezzo è uscito da solo. É un po’ una puntata di Black Mirror ma musicale (ride, ndr)»

A proposito del lato musicale: visto che non ho avuto ancora modo di approfondire i credits, chi ha contribuito al sound del disco? Tra l’altro, davvero molto fresco.

«Mi fa piacere che pensi che sia così. Allora, oltre a Marf ci sono Yazee, Sick Budd, Maio e AKA5HA. C’è YDN, che è il produttore di Halba & Foldino,  fanno del mellow rap pazzesco e ci sto andando sotto di brutto, quindi l’ho subito contattato. Poi c’è Mammutone che è un ragazzo svizzero, che ora vive in Italia e si ispira molto a un rap che io ho ascoltato moltissimo ultimamente, tipo Mick Jenkins e Isaiah Rashad. Quando ho scoperto che ascoltavamo gli stesso artisti in quel momento, che lui faceva dei beat così e che io stavo proprio cercando quel sound, ci siamo connessi e ne abbiamo cucinati un paio (uno è Lacrime di Coccodrillo, il secondo è Lara Gione, ndr)»

Figo. Tra l’altro nel nostro genere abbiamo spesso a che fare con dischi contraddistinti, oltre dagli stessi featuring, anche dagli stessi producer. Tu volendo potresti aver chiunque e invece vai a ricercare sempre quel producer preciso che possa offrirti il sound desiderato e te ne sbatti il cazzo del fatto che non siano conosciuti. Chapeau!

«Assolutamente sì! Ci tengo troppo a come suoni il disco piuttosto che all’hype che possa creare un produttore. Ma lo stesso discorso vale anche per i featuring: ne ho fatti tre grossi ma sono tracce azzeccate per l’ospite. Mi fa schifo fare musica solo per hype. Ad esempio Nayt usciva da un disco totalmente introspettivo ed era perfetto per la traccia con lui, così come Silent e Guè. Mi piace essere molto coerente con le collabo che faccio»

Sì, il pezzo con Nayt sembra infatti una traccia che potrebbe essere inclusa in uno dei suoi ultimi due dischi…

«Sì esatto, è proprio vero!»

Mattak
Foto di Kyrhian Balmelli

Rimanendo sulla questione scelte: la copertina. Come mai proprio questo disegno?  

«Devi sapere che con questo album sono partito proprio dalla copertina. Quel disegno è sempre stato nel corridoio di casa mia, l’ho fatto a 3 anni e i miei genitori hanno deciso di tenerlo e appenderlo lì, infatti nel disegno originale c’è scritto “Mattia, 97”. L’ho scelto perché la faccia sorride di brutto, però è tutto tremolante, e gli occhi trasmettono disperazione, chiedono quasi aiuto. È una dicotomia che mi ha accompagnato nella vita: ho sempre sorriso a tutti, però con quel tono un po’ triste negli occhi. Per me era totalmente rappresentativo, era perfetto per raffigurare come mi sento da tutta la vita. Ho scelto quindi questo disegno anche perché è quanto di più puro ci sia di mio, visto che OVERT vuol dire “onesto/palese/che non ha bisogno di spiegazioni/trasparente”. Volevo quindi qualcosa che fosse super intimo e che rappresentasse la purezza della mia persona, anche perché il disco è un po’ un ritorno a me stesso. E poi sono anche fan delle copertine brutte, tipo quella di Drake con If You’re Reading This It’s Too Late. Ecco, ho voluto fare un po’ un viaggio del genere…»

Vedendo questo disegno sembra quindi quasi che ti psicoanalizzassi già da piccolo, rappresentando te stesso in un disegno senza saperlo…

«Eh sì sembra quasi una mezza proiezione di me stesso all’età di 3 anni…Anche perché penso che chi disegna, alla fine si autodisegna, ho notato questa cosa molte volte. Ma non lo so in realtà…»

Una cosa che invece qualcuno si sarebbe aspettato in questo disco era forse una traccia con il tuo alter-ego cattivo, Sinister Jerry, come avevi fatto con Riproduzione Vietata. Non hai mai pensato di inserirla? Non ne hai sentito il bisogno o semplicemente non è venuto lui a trovarti e a romperti i coglioni un’altra volta?

«Io ho pensato di chiamarlo, però alla fine ho capito che a questo disco non serviva nient’altro. Poi avevo anche la paranoia che fosse un trick che non ci stava, anche guardando i numeri di Riproduzione Vietata dove è una delle meno ascoltate. Io sono comunque convinto del viaggio, però volevo fare un disco proprio dritto, con i featuring grossi che piacciono a me, dove loro mi rispettano e viceversa, niente al caso. Se vedi, non c’è neanche Funky Nano, nessuno dei miei amici: ho voluto farlo così anche per dire che ora faccio sul serio. Ad ogni modo non escludo che possa risuccedere un giorno…»

Quando l’ho ascoltata appena uscita devi sapere che ero al pc a lavorare al buio e un po’ mi sono abbastanza preso male appena è partita…

«(ride, ndr) guarda che io l’ho scritta al buio apposta. Mi ha reso anche un po’ matto, perché necessitavo dell’ambiente giusto per raccontare determinate robe e dargli l’impronta più creepy possibile, e mentre la scrivevo mi sono spaventato da solo e ho smesso. A una certa mi son venuti tipo i brividi e ho detto “va bene la musica, però ora basta” (ride, ndr)»

Questo tuo nuovo album, comunque, io lo vedo perfetto come passaggio successivo di Riproduzione Vietata, è la sua evoluzione. Magari avresti sbagliato a fare un disco come quello e, infatti, eccoti con un disco diverso, dove ti dimostri sempre forte tecnicamente ma con meno featuring e più esperimenti, con l’aggiunta di un mood differente che però non ti ha snaturato.

«Grazie mille, ne sono contentissimo, è assolutamente la cosa che volevo fare. Speravo venisse captato così e che la gente capisse che mi sto evolvendo, pur rimanendo fedele a me stesso e che non è giusto che io rimanga sempre al livello di Riproduzione Vietata»

Secondo te, cosa pensi di offrire maggiormente della tua persona con questo disco, rispetto a quello prima?

«Mostro tutte le mie debolezze. Faccio tanti ragionamenti su me stesso, su quello che ho sbagliato e rifletto su come metterlo a posto. È come se avessi fatto finta di niente fino adesso e non mi fossi veramente raccontato e in questo album mi son proprio detto: “o tutto o niente, fai della musica dove parli veramente di te, anche se ti caghi sotto“. E l’ho fatto!»

Fare dischi come questi due ti sta aiutando ad affrontare le tue insicurezze e le storie d’amore come quella raccontata in questo album? Parlo sia della scrittura che della condivisione con il pubblico.

«Scriverlo mi ha aiutato moltissimo a sfogare tutte le cose brutte che mi son successe ultimamente. La condivisione invece è strana, mi fa paura, perché mostro le mie debolezze e chiunque potrebbe usarle contro di me. Però è anche un modo per non nascondersi più e offrire ciò che si è;  penso che esporsi così tanto poi un giorno mi ripagherà con il pubblico. Però sì, mi sto cagando sotto bro, completamente, non mi sono mai esposto così tanto, non ci sto dormendo la notte (ride, ndr)»

Parliamo allora di cosa più serene: Shocca, Sacrosanto. Raccontami un po’ come è andata e cosa hai provato sia quando ti ha chiamato, sia quando scrivevi la sedici e quando sei stato sul palco con lui al Mi Ami Fest.

«Allora, parto dal presupposto che per me è una follia che io sia in quel disco (ride, ndr). Shocca mi sembra di averlo conosciuto in un periodo in cui io ero a Treviso con Dead Poets e lui era venuto a sentirci, poi era venuto a suonare a Lugano con Stokka e Buddy e aveva detto di aver ascoltato e apprezzato delle robe mie. Poi niente, è comparso un po’ dal nulla. Mi ha scritto dicendo: “sto facendo un disco e questo beat con sopra anche Mostro e Ghemon, ti va di esserci anche tu?“. Una roba simile, e io ho pianto più volte, sia quando mi ha scritto che a traccia finita (ride, ndr). Ero nel mood “se è un sogno non svegliatemi”. Poi vabbè, esibirmi al Mi Ami con tutta la mia adolescenza è stato surreale. Beccarmi con Madbuddy, Frank Siciliano, Tormento, Egreen, Inoki, Ghemon… è stato un sogno ad occhi aperti, un traguardo per me importantissimo, perché io ho iniziato a rappare grazie a Mistaman e Stokka & Madbuddy, quindi anche Shocca. È come se avessi chiuso un cerchio e questa cosa mi dà molta forza, mi fa capire che ho fatto bene fino adesso e che son stato sempre molto fedele e coerente con lo spirito con cui ho iniziato a fare questa roba».

Ma tra l’altro, che coincidenza assurda è stata che il suo disco è uscito pochissime settimane prima del tuo?!

«Bro, lascia perdere che non so cosa succeda nella mia vita ma ci sono sempre delle coincidenze fuori di testa. Ad esempio con la mia puntata di Real Talk: io avevo Riproduzione Vietata pronto e stava per uscire ma non ci siamo messi d’accordo, loro mi hanno contattato esattamente in quel periodo e l’abbiamo incastrata perfettamente così. Sembra che lavoro, invece no, faccio tutto a caso (ride, ndr)».

Infatti nel disco citi Real Talk: è stata quindi una modifica fatta all’ultimo?

«Sì sì, infatti si sente che la voce è un po’ diversa, che sono entrato dopo. Arrivo in studio e faccio “scusate raga, devo cambiare una piccola cosa” (ride, ndr)».

Una domanda che mi è venuta dopo aver ascoltato sia il disco che quello che mi hai detto: quanto ti piace Mac Miller?

«Tanto. Mi piace tantissimo il sound che usava, super mellow, super jazzy. In realtà però non l’ho mai ascoltato così tanto, non mi sono mai tradotto tutti i testi, non sono quel fan sfegatato, ma le tracce sue che ho ascoltato mi hanno dato tanto. L’ho sempre visto come un mentore a 360°, anche per l’attitudine, per come si veste, i featuring… Non so, l’ho sempre sentito molto vicino e mi sono spesso identificato nel suo approccio al rap»

Concludo rifacendomi a una tua celebre barra di Riproduzione Vietata e ti chiedo: ora che hai fatto il secondo, sei quindi ancora più in para per il terzo disco?

«Sì sì, ci sarà e sono comunque sempre in para, di indole proprio (ride, ndr). Perché poi capita che mi dica: “che cazzo mi invento ora che ho fatto questo?“. Sono paranoie che penso siano normali, no? Però alla fine le cose succedono sempre per un motivo. OVERT è nato da una situazione forte che ho vissuto, che mi ha un po’ svegliato cerebralmente ed è venuto da sé. Ti dico la verità: io ero pronto a fare un mixtape perché non avevo nulla da dire di particolare. Ero fidanzato con questa, stavo bene, non avevo disagi da raccontare, quindi stavo per fare un progetto di quel tipo. Poi è successo un casino e mi ha proprio rivoluzionato anche il modo di vivere e quindi è uscito tutto da sé. Ho avuto diversi intoppi e diverse difficoltà, alti e bassi, con un down di due mesi e mezzo in cui non ho scritto nulla e lì ero in paranoia vera, perché era come se avessi perso quella luce. Dopo un po’ però per fortuna l’ho ritrovata e son felice. Devo quindi solo vivere e vedere ciò che succede…»

E secondo te lo ascolterà quella che ti ha fatto passare dal mixtape all’album?

«Oooooh, sìsì, figurati, ha già sentito Lacrime Di Coccodrillo. Ma mi interessa relativamente, lei si fa la sua vita e io  la mia. È lei che si deve assumere le responsabilità di ciò che ha fatto. Non lo farà mai, ma son cazzi suoi…»

Però io il mixtape lo voglio eh…

In attesa di scoprire se il progetto vedrà mai la luce, ascoltate attentamente OVERT, il nuovo album di Mattak in uscita tra poche di ore.

Non ve ne pentirete!