Best Bars – Le migliori barre in “Potere” di Luchè

Nuovo capitolo della serie “Best Bars” e, questa volta, ci vede analizzare “Potere” di Luchè.

Ascoltare “Potere” di Luchè è come stare in strada ma volere andarsene. Come stare davanti ad un contratto di lavoro dopo averlo sudato per anni. “Potere” è un disco complesso dove troviamo il sogno, l’introspezione, la superbia, l’amore, il sesso e tutto ciò che Luche ha visto con i suoi occhi. “Potere” è un disco coraggioso che non vuole nascondere la sua essenza. Si astenga chi reputa i contenuti come “noiosi”, perché evidentemente non ha colto il fulcro di questo progetto. Ma partiamo con ordine.

Il termine “Potere “ha un duplice significato che può variare in base a chi cerca di interpretarlo. Chi lo vede come un sostantivo, chi come un verbo. Metaforicamente parlando, uno rappresenta l’essere e l’altro il voler essere.  Tale concetto è sviluppato all’interno dell’album in due tracce distinte con le quali viene raccontato  – da una parte – la determinazione nel volere acquisire un certo “Status”,  dall’altra – invece – di come la voglia di redenzione abbia portato Luca Imprudente a diventare quello che oggi è Luchè.

Ed è proprio tra questi due concetti – opposti ma complementari – che si sviluppa il suo nuovo album. Un lungo viaggio dentro il quale si alternano tra loro emozioni e fasi altalenanti, in grado di restituire un ritratto lucido  dell’artista. La linea sottile che c’è tra lo scrivere per vivere e il vivere per scrivere si manifesta anche in determinate scelte.

Il rischio era quello di ripetersi dopo un “instant classic” come “Malammore” ma non è stato così e di questo Luchè non deve preoccuparsi. “Potere” è uno di quei rari casi dove la seconda stagione è addirittura meglio della prima. In questo intenso progetto vanno colti i simbolismi, le citazioni, i ricordi ed i riferimenti dell’autore.

Due sono le parole chiave sulle quali Luchè sviluppa le sue idee.

Una di queste è la donna, che risulta fondamentale per permettergli di percorrere nuove strade. La donna è ispirazione, ma può anche essere sofferenza. Tracce come “Je Ce Credevo”, “Dormiamo Insieme” e “Non Abbiamo Età” sono riferimenti espliciti e dai forti tratti autobiografici che confermano la dedizione di Luchè nello scrivere testi privi di qualsivoglia banalità, a dispetto del mediocre pop “da sfigati” cui l’Italia ci ha abituati.

L’altro termine chiave è quello di “visione”, che a sua volta si intreccia con quello di “potere”. La visione in Luchè è lo stimolo che lo ha spinto ad andare oltre, utilizzando la musica per fini nobili, per scrivere pagine importanti di una storia senza tempo. Questa storia è la sua e merita di esser raccontata perché in grado di essere da esempio per tante persone che hanno bisogno di farcela più di qualsiasi altra cosa al mondo. Dal guaglione per strada sino a chi sta dietro le sbarre perché non ha avuto scelta. Per questo motivo in concetto di visione deve esser allargato senza limitarsi ad un becero materialismo.

Chiariti questi concetti fondamentali possiamo adesso sviscerare alcune delle barre più belle presenti nel disco.

 “Ho visto avanti agli occhi gente firmare il contratto
Mi son detto “il mio arriverà” ma non è mai arrivato
Come se non fosse necessario, nessuno è interessato
È inutile firmarlo, tanto il suo già l’ha dato
Uno di loro ad un tratto si è allontanato
E l’altro cosa ha fatto? Ci ha sfruttato ed è scappato
E fotti l’underground che non mi ha mai appoggiato
E fotti queste radio, non mi hanno mai passato”

Su una super-produzione minimale curata dallo stesso Luchè, “Il Potere/il Sorpasso” parla immediatamente all’ascoltatore spiegandogli le sue intenzioni. La strofa è un flashback continuo nella quale vengono sovrapposti riflessioni e ricordi. Quelli che ci hanno colpito di più sono quelli che leggete qui sopra. In questo caso Luchè si toglie qualche sassolino dalla scarpa facendo intendere come il suo rapporto con le Major non sia stato affatto una passeggiata. In primis perché queste non sono mai stati in grado di capire fino in fondo la sua visione ed – in secondo luogo – perché non riuscivano a vedere un Luchè artista oltre il suo passato con i Co’Sang. Motivo per cui lo hanno reputato come un artista con più nient’altro da dire. Così come le radio, che fanno anch’esse parte del sistema, e l’underground, in particolar modo quello di Napoli, con cui ha avuto più di qualche problema. Solo oggi tanta sofferenza sembra esser ripagata.

“Ho il vento negli occhi e una lacrima vola
Ho lasciato l’innocenza nelle mie lenzuola
Non toccare la maglietta perché è alta moda
Lei vuole un po’ di coca per restare soda
Quando scopi negli alberghi e non chiudi la porta
Poi mi infanga sui blog ma non me ne importa
La richiamo e rifacciamo tutto un’altra volta
Ed è ancora più forte della volta scorsa
Puoi toccarla solo se le fai la mano morta
Ogni bottiglia una candela come una torta
La mia città in fiamme come una torcia
L’unico napoletano che farà la storia”

Prima di scegliere la terza strofa di “Nada” abbiamo pensato se fosse giusto o meno annoverarla tra le migliori del disco. La risposta finale è stata positiva. Perché il brano si discosta dalla struttura del rap classico, sperimenta il cantato, utilizza sonorità differenti, predilige gli strumenti e non è per nulla banale. L’atmosfera creata dal pezzo è tra le più suggestive del disco e la ciliegina sulla torta è rappresentata da questa chiusura che aumenta in modo inaspettato i ritmi narrativi. Non c’è bisogno di particolari spiegazioni, è una strofa che prende allo stomaco per la sua intensità e per il suo immaginario. Menzione d’onore per l’ultimo verso. Speriamo vivamente che tu ci riesca davvero Luca.

“Chiudevo gli occhi la notte
Sentivo la gente urlare il mio nome
Mi toglievo la maglietta, pistole
Tatuate sopra al mio addome
Un mio fratello in galera
Disse: “Non perdere la tua visione
Vai fuori e goditi il mondo
Poi metti il mio nome in una canzone”
Nascondevo le mie lacrime
Camminando ore sotto a un diluvio
Passavo in palazzi di vetro
Con davanti solo il mare e il Vesuvio”

La scrittura per immagini utilizzata da Luchè si fa più vivida che mai in queste barre.  “Star” vuole parlare a sé stesso ma anche agli altri, per spiegare cosa c’è dietro la strada per un ipotetico successo. In così poche barre Luchè riesce a raccontare della sua sofferenza personale, dei suoi trascorsi e dei suoi giorni più bui. L’immagine è quella di una giornata di pioggia malinconica, nella quale Luchè passeggia tra le strade di Napoli ripetendo a sé stesso: ”Ce la farò”. Uno dei momenti più emozionanti del disco e non a caso uno dei più apprezzati dalla gente. Inoltre, notiamo come ricorre il termine “visione”, ancora una volta collante di storie e di emozioni differenti. Un marchio di fabbrica di “Potere”.

“Mi siedo per terra ho gli occhi chiusi, vedo tantissime cose
Un prato verde, tutti sorridono, è una bella giornata di sole
C’è mia madre senza le catene, c’è mio padre sereno e distratto
C’è mia sorella che sente le urla
Gli applausi, la grinta di stare su un palco
Vorrei che il tempo si fermasse
In una foto con tutta la gente che amo
La nostra vita, il nostro film, il nostro quadro”

Lo Sai Chi Sono” è un brano che non ha bisogno di presentazioni. Su un raffinato tappeto musicale costruito da Geeno, i due artisti tirano fuori due strofe intime e coraggiose. I due approcci sono completamente differenti, quasi come il cantato di Coco anticipasse il flusso di coscienza di Luchè. Tutto il pezzo si sviluppa su un giro di chitarra nostalgico dove Luca ripercorre la sua vita privata attraverso i versi. Toccante è il quadro che costruisce nelle barre che abbiamo scelto dove immortala un preciso momento dove ogni cosa è al suo posto, come potesse esserlo per sempre. Come un film, come un quadro.

“Ho sempre rovinato tutto, mai cercato un aiuto
Guardato fisso in cielo con gli occhi di un detenuto
Ma il vento soffia ancora e le foglie volano via
E mamma disse: “Ridi, siamo ancora vivi”
Ma no, i problemi sono i miei amici
Io non ci vivo senza, non posso farne senza
Perso nel successo ma mi trovano lo stesso
Vorrei parlare al mondo senza chiedere il permesso”

Recentemente Luchè ha dichiarato in un’intervista di saper scrivere soltanto se un beat  è in grado di suscitare in lui determinate sensazioni. Se riesce a smuovere in lui sentimenti, stati d’animo o ricordi significa che è quello giusto. “Gli Altri” e “Non Abbiamo Età” sono due beat di quel tipo, prodotti entrambi da Star-T-Uffo, compagna di D-Ross ed anche lei talentuosissima alle macchine. Qui Luchè esterna un altro aspetto di sé, ovvero quello di un uomo che non riesce a trovare pace nonostante il successo.  Ancora una volta riesce a riprodurre fedelmente, nei minimi dettagli, un ricordo. Lo fa utilizzando metafore come “gli occhi di un detenuto” ed un associazione di immagini poetica nel verso in cui si riferisce al dialogo con la madre.

“Sarai felice solo se ti accontenterai
Ma anche una pietra di coca è un diamante sai
Il telefono squilla solo se ce la fai
Ma è dentro una miniera che il tempo è oro
E il mio tempo è oro
Sì, ho una testa rotta
Ma una corona me la tiene insieme
Voglio un Testarossa per fuggire dalle nostre vite estreme”

Questa strofa racchiude dentro sé tutto quello che vuole essere Luchè in “Potere”. Dopo aver sviscerato tantissimi argomenti, prova quindi a tirare delle conclusioni, con un tocco di amarezza che conferma la sua tendenza a non esser mai appagato, puntando sempre al traguardo successivo. In questo brano Enzo Avitabile ci ricorda come la musica non abbia necessariamente bisogno della radio per arrivare alle persone. Anche se brani come questo dovrebbero starci obbligatoriamente. Ed è proprio per questo motivo che Luchè decide di non sacrificare la sua arte per qualcosa o qualcuno che probabilmente non capirà mai a pieno. La strofa che abbiamo scelto è a nostro parere la più intensa del disco nonché una di quella più comunicative in assoluto.

Questo è Luchè adesso. Un Re senza corona, alla ricerca di una dimensione in cui gli ascoltatori possano ritrovarsi senza bisogno di paragonarlo a qualcun altro. Perché “Potere” è un’esclusiva in fatto di contenuti, un disco sincero e dalle mille sfumature al suo interno. Perché sarà pur vero che il contenuto non è l’unica cifra del rap oggi, ma è senza dubbio quella che è destinata a rimanere nel tempo. Come è destinato a rimanere Luchè, uno dei più grandi artisti che il rap italiano abbia mai avuto.

Luche

Artwork di Matteo da Fermo.