Metafore quotidiane e tessiture jazz – Intervista a Ele A

Ele A
Foto di Elisa Trento

É fuori Globo EP di Ele A, l’esordio in streaming per la rapper classe 2002 di Lugano, che già era uscita in formato fisico con zerodue demo, ma ora pone fondamenta di titanio per i prossimi live in giro per l’Italia e di più.

Una perla hip hop scintilla in Globo EP: scoprila nell’intervista a Ele A

Eccoci pronti a scambiare due parole con un’ottima promessa del rap, a dirla tutta la novità più eccitante del periodo, Ele A da Lugano, passando per Milano e andando solo oltre.

Innanzitutto piacere Ele A, come stai? Come hai preso le prime reazioni in seguito all’uscita di Globo EP?

«Mah, io sono molto paranoica quindi tendo a non guardare molto. Poi prima dell’uscita mi immagino che andrà mega-male tutto, tipo che verrò bannata, così anche se l’EP non va benissimo sono contenta comunque. Quindi direi che sono contenta delle reazioni, assolutamente. Ho visto un po’ la quantità di gente che mi ha scritto, che per me non era scontato, perché alcuni pezzi hanno delle sonorità più ostiche da digerire».

Tu dici sia in Globo che in Record deals, che la tua idea è quella di costruire una base solida: per base solida intendi a livello di identità musicale, di identità personale o soprattutto in quanto a fanbase? E pensi di essertici avvicinata con questo secondo progetto?

«Bella domanda, è vero che è un tema che ricorre spesso; io mi rendo conto che spesso non tanto il mercato quanto proprio il pubblico sia ostile nei confronti degli artisti. Chiaramente anche avendo visto e avendo parlato con tanta gente che ha fatto successo in tenera età, quando ancora ci si sta formando, so quanto è importante avere appunto delle fondamenta per evitare che crolli tutto al primo missile lanciato. Quindi il piano che ho è di costruire questa cosa attraverso i live, che secondo me, nonostante oggi i social siano i mezzi più utilizzati per comunicare col pubblico, non potranno essere sostituiti, perché sono un’esperienza che non si può traslare proprio. La mia idea è di fare tanti live anche nei posti più scrausi possibili, real hip hop proprio, e di proteggere soprattutto questa linea stilistico-musicale che sto portando avanti, le vibe in sostanza, che poi a lungo termine ripaga».

Visto che ti sei già ricollegata al tema della tua ricerca musicale, parliamone: nonostante l’EP sia corto, alla parte boom bap spesso ispirata alla east coast anni ’90 avete affiancato esperimenti, proponendo un semi-jungle con Uno9999 e pure produzioni alla Oro, che sono più scintillanti e eteree. Insomma, qual è il tuo obiettivo o il tuo percorso a livello musicale?

«In realtà per me la cosa che conta di più sono le melodie, le armonie e gli accordi; tutte le mie produzioni hanno una linea jazz con accordi dissonanti e simili, ma dal punto di vista della produzione in sé sono super aperta. Come tutti, ascolto un sacco di musica e generi diversi e di conseguenza vorrei riportare questa cosa nei miei brani. Il mio obiettivo poi è di creare uno stile nostro, fondendo tutte queste influenze ed elementi che ci piacciono: con il prossimo album spero di riuscire a concretizzare un pochino di più la cosa».

Beh visto che l’hai nominato, a che punto siete dell’album?

«No, ma in realtà abbiamo chiuso l’EP veramente tardi, Jeans che è l’ultimo pezzo che ho scritto, l’ho chiuso a fine febbraio, quindi abbiamo continuato a fare altre session con altra gente, ma solo ora abbiamo ricominciato (anche se l’EP è uscito solo pochi giorni fa) e ho fatto una scaletta su come suddividere il tempo e come muoverci. La mia idea è di uscire per Gennaio 2024, ma non voglio spoilerare che non so ancora, sicuramente però ci siamo già messi, per creare un nostro stile».

In alcune parti più cantate del progetto io ho ritrovato molto, in senso positivo, melodie alla Madame. Ecco, visto che certe influenze passate, più classiche, sono già più rintracciabili, nel caso della scena contemporanea, sia italiana che straniera, cosa ti ispira di più?

«I miei due artisti preferiti in assoluto sono Mac Miller e Varnish La Piscine, che cito in tutte le interviste perché è veramente il mio preferito. É questo artista di Ginevra svizzero-francese, che ha da poco firmato con Ed Banger e sta lavorando con Pharrell e Tyler the Creator, facendo appunto roba molto vicina alla loro. Mi piace che ha proprio uno stile tutto suo, tu lo senti e dici “è lui”. Oltretutto, dopo averlo visto live (dato che è regista, tutti i suoi album sono colonne sonore dei suoi film) ha proprio una visione artistica a 360 gradi ed è l’artista preferito sia mio che del mio produttore (Disse). Quindi lui è una grandissima inspo sia a livello di gestione delle cose, di visione e di completezza dell’arte alla fine. Poi io ascolto tantissima musica in prevalenza francese, ma anche la scena UK mi piace un sacco, però Madame è pure una grande inspo perché ha dato voce a tantissime persone e un’altra cosa che mi fa volare di lei è che è super sincera, sempre trasparente, poi vabbè scrive da dio. Quindi c’è qualcosa anche di suo».

Passando ai testi invece, qualcosa che mi piace veramente tanto del tuo modo di scrivere sono le immagini quotidiane ricorrenti come il lungolago o le slot machine, così come le metafore che usi, che non sono tanto iperboli quanto riferite all’esperienza comune, quasi domestiche coi riferimenti alle macchinette, alla cassa malati, ai dadi. Questo dà anche un po’ l’idea che tu ti metta meno in competizione con gli altri e sia più intenta a dipingere il tuo mondo. 

«Quando si inizia è molto più facile fare egotrip o flexare, perché è una cosa molto meno autentica e spinosa da tirare fuori, mentre estrarre qualcosa da dentro è più pesante psicologicamente. Io poi parlo di queste cose, perché come tutti, essendo una persona insicura, non avrebbe senso dire che sono la migliore, perché non penso di esserlo. Semplicemente riporto quello che vivo perché è la cosa che mi viene più naturale e ho capito che alla fine a essere sinceri vieni captato anche dal pubblico».

Il tuo immaginario poi è spesso malinconico e ancor di più si trovano tanti riferimenti all’infanzia o ad amici che ora non ti sono più vicini. Pure questo è un versante su cui ti concentri istintivamente?

«Forse è perché ho questa cosa per cui, quando vivo una cosa bella, non me ne rendo conto. É una cosa molto comune, poi c’è pure una patologia ma non ricordo e non voglio autodiagnosticarmi nulla. Però sì, non riesci ad apprezzarla perché come sai che come c’è stata una cosa bella, poi dopo ci sarà un periodo di momenti peso, quindi più stai bene, più poi stai male. Spesso penso che dovrei pensare meno alle conseguenze di tutte le cose, perché poi è una cosa molto comune pentirsi di non aver fatto le cose piuttosto che il contrario, no? Io pensando molto alle conseguenze, spesso rimango un po’ bloccata e per questo magari ripenso al passato. Per quanto riguarda l’infanzia, non so, sicuramente è una cosa di cui pure nel mio gruppo di amici si parla spesso, perché da piccolo tutto è molto più leggero (poi oddio dipende dalle situazioni) e non è bello capire che non è poi tutto rosa e fiori. E visto che io, bene o male, ho avuto un’infanzia molto bella, ho sentito molto il distacco».

Sempre relativamente al crescere, tu parli del dubbio tra prendere il largo e rimanere, con Lugano che ti attrae come una calamita, ma sapendo che restare per te sia una calamità. Cosa intendi fare per prendere il largo?

«In realtà più che da casa mia, dato che me ne sono già andata, mi riferivo a Lugano in sé, perché è come un piccolo paradiso, con i suoi problemi certo, ma che anestetizza tutto; cioè, tu sei lì e ti annichilisci un po’, perché hai la possibilità di lavorare (parlando dal mio punto di vista), ma vedo pure gente che ha più anni ed è rimasta lì, ma ora si chiede “cavoli e se fossi andato via?”. Io amo veramente Lugano come città, però la riesco ad apprezzare veramente se me ne vado e poi ritorno. Restando lì è molto limitante, soprattutto è un ambiente talmente protetto e sicuro che non ti fa per niente crescere, anzi»

Due domande di precisazione/curiosità, quindi tu ora stai a Milano? E visto quello che hai detto prima sulla musica francese, parli anche francese?

«Sisi sono a Milano e il francese capisco tutto, ma lo parlo male».

Per tornare a Globo EP, un tema centrale è il riferimento a The World is Yours e a La Haine, con l’esortazione “Il globo è tuo, devi farci qualcosa”. Volevo chiederti se è un sentimento che provi davvero.

«Sì, sono veramente convinta di questa cosa, ma non c’è da dimenticarsi che bisogna volerlo davvero. Non bisogna forzare con quei discorsi alla “se vuoi, puoi”, però devi veramente volerlo con tutte le tue energie e oltre. Cioè lo step prima è capire cosa vuoi, poi quando hai in pugno questa cosa, c’è da fare tutto quello che puoi per raggiungerlo. Poi comunque io parlo da una situazione molto agiata a livello di possibilità, non tanto per il posto in cui vivo perché siamo un po’ tagliati fuori, però in generale, capito? Di certo non vivo in una favela, per cui non mi permetterei mai di dire “se vuoi, puoi”, perché è chiaro che ci sono dei limiti, con i soldi che credo siano l’esempio più lampante. Se qualcuno ha qualcosa, l’obiettivo dovrebbe essere perseguirla, perché solo così ti riesci a realizzare credo».

In Mikado parli di metterti in un posto scomodo o farti mettere in un posto scomodo, in modo da rendere di più. Ora con il trasferimento a Milano pensi di esserti inserita in uno spazio abbastanza scomodo da poter crescere, anche in riferimento all’annichilimento provato a Lugano?

«Sì assolutamente, ma io in generale nei posti troppo pettinati e di facciata sto male, mentre nei posti in cui magari è pesa la situazione, ma lampante, sto meglio. Ecco diciamo che qui a Milano è stato un periodo bello peso, ma solo grazie a quello è nato l’EP; magari se fossi stata a Lugano mi sarei annichilita, rimanendo sotto il sole a guardare le paperelle e i cigni. É importante per me scomodarsi per ottenere qualcosa di più bello».

Cosa mi dici della scena musicale di Lugano e dintorni invece?

«Purtroppo, a parte Mattak che è l’esponente principale, anzi l’esponente proprio, non è un posto a misura di ragazzo o ragazza talentuosi che vogliono fare qualcosa di grande, è più zona di comfort, circolo vizioso che ti danneggia. Ci sono veramente pochissimi locali e pochissime situazioni, anche perché gli abitanti di Lugano sono i peggiori per fare i concerti: ogni volta devi chiedere un permesso alla polizia, se ti va bene te lo danno fino alle 22.30, se proprio proprio quel giorno gli gira, ma ci sarà comunque gente che si lamenta perché sono abituati alla calma assoluta, al silenzio religioso. Per una realtà soprattutto urban e hip hop è molto difficile radicarsi in maniera solida, anche perché ci sono molti pregiudizi da parte degli abitanti che sono prevalentemente non giovani».

Un altro spunto che mi ha colpito viene da Globo e, anche se lo nomini solo una volta, vorrei approfondire. Quando dici che siamo una somma di amici, famiglia e poi continui l’elenco, aggiungi alla fine preghiere. La religione è un elemento con cui i tuoi brani hanno a che fare o rimane al di fuori di te?

«Sono cresciuta con un’educazione cattolica e come buona parte delle persone ad un certo punto ho detto “okay, non credo in Dio”. Se potessi deciderei di non avere questa parte che non condivido, però bene o male ce l’abbiamo questa educazione. In quella barra precisamente stavo pensando che siamo una somma di tutte quelle preghiere che magari la nonna fa e immaginavo proprio mia nonna che pensa magari che sono un disastro e prega che io sia più brava. Poi chiaro che queste preghiere per chi non crede vanno in fumo, ma il pensiero rimane ed era quella l’immagine che volevo dare».

Un altro argomento che affronti spesso è il rapporto coi soldi: quanto questo non sia un hobby per te e quindi i soldi debbano arrivare, eppure i record deal con le label sono difficili, Spotify paga in centesimi e Instagram, nonostante ci si aspetti corrispondenza tra follower, fama e denaro, non restituisce proventi. Cosa provi a riguardo?

«É veramente un rapporto complicato, soprattutto in questo periodo in cui devo sostentarmi sento molto il peso, credo condiviso da un po’ tutti quelli della mia generazione, di dover guadagnare per vivere. A me pesa tantissimo stare sulle spalle dei miei, infatti non ho mai chiesto nulla e una cosa che mi preme tantissimo è riuscire a pagare l’affitto, però una cosa brutta in questo lavoro è che di solito ti fai tre anni di lavoro gratis e poi forse cominci a guadagnare. É complicato capire quando entrano i soldi e come, e se uno non ha il portafoglio particolarmente pieno si sente. Non sto dicendo che muoio di fame, però pure quando parlo con chiunque vedo che l’ostacolo tra te e ciò che vorresti fare sono i soldi. C’è sempre questa barriera e per questo la riporto spesso».

Un’ultima domanda, più generica, su questo lasso di tempo intorno a Globo EP, la conclusione del secondo progetto, il primo in streaming e con reazioni più consistenti. Cosa ti stai guardando, ascoltando e leggendo in questi ultimi giorni e settimane? Cosa ha puntellato il periodo per te?

«Ascoltando, sarò ripetitiva ma l’album di Varnish La Piscine (This Lake is Successful), che è uscito il 24 marzo e che mi è appena arrivato in vinile, quindi me lo sto ascoltando in loop. Poi mi sto leggendo, leggendo per modo di dire poi, non ho la soglia dell’attenzione molto alta, I miti del nostro tempo di Galimberti, che è un saggio in cui prende alcuni miti della nostra società come la felicità e l’amore e spiega come nascono questi costrutti sociali e li analizza, molto interessante. Per i film in realtà ho questa cosa mega brutta che li guardo solo se mi piacciono un botto e in quel caso li riguardo alla morte, tipo La Haine, oppure guardo spesso documentari, anche in questo caso sto riguardando per la millesima volta il documentario su Netflix Hip Hop Evolution, che parte dagli anni ’70 e arriva fino alla trap e sarà davvero la 75esima volta che lo guardo»

Ottimo, io ti ringrazio veramente tanto Ele A, è stato un piacere e auguri per tutto!

«Piacere mio, grazie!»

Grazie ancora a Ele A e al suo team, a questo punto dovete andare ad ascoltare Globo EP.

Poi, per favore, mettete su anche Varnish La Piscine, che c’è bisogno di farlo conoscere anche in Italia!