Il caso Doja Cat: cosa ci dice sullo stato del rap?

Doja Cat

«Doja Cat non è una rapper»: almeno una volta vi sarà capitato di imbattervi in questa frase. Di recente, sembra infatti essere divenuta un must su Twitter e questo fatto ha ispirato l’articolo che state per leggere.

La giovane artista californiana non è il caso unico interessato da quanto sto per dire. Piuttosto è un caso lampante che ci dice qualcosa sull’attuale status dello scenario hip-hop o, meglio, di una certa mentalità.

L’ascesa di Doja Cat tra successo e critiche.

Inizieremo con una panoramica sugli ultimi mesi della carriera di Doja, per poi allargare la visuale e arrivare ad interrogarci sul senso della provocazione iniziale.

Amala Ratna Zandile Dlamini – questo il suo nome di battesimo – ha raggiunto la notorietà a livello planetario lo scorso anno quando con Say So e Streets ha scalato le classifiche di mezzo mondo. Alcune collaborazioni di prestigio – come 34+35 con Ariana Grande e Best Friend di Saweetie – hanno poi contribuito al consolidamento del suo nome.

Planet Her, l’album uscito a giugno 2021, è stato la conferma della validità di Doja Cat e le ha garantito svariate candidature ai Grammy 2022 e hit multiplatino come Kiss Me More con SZA.

I riflettori dei media si sono inevitabilmente accesi su questa ragazza che, nel giro di poco tempo, è riuscito a crearsi una nutrito seguito di follower ed ascoltatori. Unitamente a questa attenzione sono arrivate le prime critiche e accuse di appropriazione culturale, razzismo e quant’altro.

La chiave di successo di Doja risiede nella sua versatilità come cantante, scrittrice, produttrice ed anche rapper. E proprio il fatto di veder associato il suo nome alla cultura della doppia H ha fatto storcere il naso a non poche persone.

La versatilità di Doja Cat.

Diamo però un’occhiata più da vicino al suo stile musicale. Praticamente impossibile incasellarlo in un unico genere per via del suo eclettismo ed eterogeneità: nel corso della sua carriera, infatti, Doja Cat ha avuto modo di cimentarsi con pop, r&b, EDM ed anche rap.

Innegabilmente, la sua musica incorpora elementi rap ed è altrettanto evidente che esso non sia estraneo al suo background nonché al prodotto della sua arte. Doja è la testimonianza vivente di un panorama in divenire in cui il confine tra i vari generi sta divenendo sempre più fluido.

Dati questi elementi, il talento dell’artista risiede nella capacità di creare progetti musicali coesi, nei quali varie tendenze si alternano e mescolano tra loro regalando all’ascoltatore un’esperienza unica nel senso di unitaria e particolare.

Planet Her ha avuto il merito di ricordarci cosa significhi veramente vivere un’era discografica. In un’industria musicale in cui a dettare le regole sono le classifiche e gli stream, il terzo sforzo discografico di Doja Cat si è imposto come un vero e proprio viaggio nella mente dell’artista.

Il disco è, infatti, il pernio di una fase della sua carriera in cui tutto acquisisce un significato: dal lead single al resto dell’album, dalla copertina ai video passando per outfit e performance, tutti questi elementi si sono sommati tra loro per mettere in piedi e dare vita all’arte di Doja Cat. Insomma, non un lavoro usa-e-getta registrato solamente per denaro, ma con un intento ed una visione ben precisa.

Contaminazione.

Tornando alla questione iniziale, è noto che il rap stia contaminando sempre altri generi accogliendo di buon grado il proprio status di musica più riprodotta e diffusa. Tuttavia, sembra non accettare una contaminazione inversa, in forza della quale esso viene acquisito, incorporato e piegato alle esigenze di pop, r&b e via dicendo.

Il “caso Doja Cat” è illuminante in tal senso. L’artista ha fatto e continua fare uso di elementi rap nonché ad incidere canzoni rap, ma questo le impedisce di essere riconosciuta come una rapper a tutti gli effetti: cosa intralcia l’accettazione di questa contaminazione al contrario? Probabilmente, una certa mentalità alla base della cultura hip-hop.

Chi sostiene che un artista non sia un rapper, spesso si limita a dichiararlo senza interrogarsi sul perché di una tale affermazione. Tuttavia, le principali argomentazioni sul punto rimandano al fatto che un determinato artista non sia in grado in rappare. Ancora, che la sua musica – presunta come “rap” – non sia autentica in termini di contenuti o di intenti. Infine, che il suo sound non sia ascrivibile a tale famiglia musicale.

Al di là di Doja Cat, la scena musicale è però ricca di artisti che, nel corso della loro carriera, si sono dedicati sia al rap che al pop. Drake è forse l’esempio principe, seguito a ruota da nomi del calibro di Young Thug e Machine Gun Kelly.

Pertanto, si può mantenere il proprio status di rapper facendo anche pop. Il bello della musica contemporanea sta, infatti, nel superamento di certe barriere nominali che non hanno più senso in un panorama così variegato.

In una recente intervista apparsa su Rolling Stone, Doja ha avuto modo di dire la propria sulle critiche ricevute. A tal proposito, la giornalista ha scritto:

“Ironicamente, la sua versatilità è oggetto di contesa tra i fan dell’hip-hop, che si rompono la testa se considerarla una rapper o una pop-star. Giustamente, lei vede questa discussione come quella “che i bambini hanno su Twitter, ma che importa a nessuno nella vita di tutti i giorni.” Tuttavia, queste critiche la feriscono. “Chiunque dice che non sono una rapper è in errore” – dice – “Non sanno quel che stanno dicendo.”

Tant’è che, durante una recente diretta Instagram, l’artista ha dichiarato il proprio intento di incidere un’intera raccolta di inediti rap insieme a 9th Wonder e Jay Versace. Il primo produttore ha prontamente risposto all’invito dichiarandosi fin da subito disponibile per una tale collaborazione.

Una questione delicata.

Il panorama tratteggiato ci permette di capire quanto ancora sia fraintesa la versatilità nello scenario odierno, specialmente nel contesto hip-hop. Questa, infatti, viene scambiata per mancanza di autenticità e il tutto sfocia in una discussione senza senso.

Quando ci si chiede se una canzone sia rap o meno, possono esserci solamente due punti fermi: da un lato, un brano è tale se eseguito con una tecnica rap intesa come forma di esecuzione alternativa al cantato. Dall’altro, invece, la canzone rimane riconducibile al genere se esiste un collegamento in termini di sound. Ogni discussione al di fuori di questi due limiti ben delineati è inutile.

Forse, è giunto il momento di superare questo atteggiamento al fine di accettare e accogliere pienamente i cambiamenti dei generi musicali. Un cambio di mentalità indispensabile per sotterrare un purismo anacronistico e privo di senso.

Rap è la musica fatta di storytelling e deejaying, ma – nel 2022 – rap è anche il genere che sconfina, si mischia e si allarga dando voce alla libertà artistica e di pensiero che lo contraddistingue dal lontano 11 agosto del 1973.

Come anticipato, Doja ci fornisce solamente un esempio di quanto esposto e, purtroppo, non è il solo. Sfruttiamo quindi questi episodi per interrogarci sullo status della musica che tanto amiamo: varie sono, infatti, le vittime di tale ottusità. Si può cambiare qualcosa ogni giorno e sempre più.