Scarlet di Doja Cat è una conversazione sull’arte

Doja Cat è sicuramente una delle celebrità musicali più controverse e chiacchierate degli ultimi anni. Ancora più discusso è stato Scarlet, il suo album uscito nel settembre del 2023.

Nei mesi precedenti il lancio del disco, la poliedrica artista californiana aveva incendiato la comunità hip-hop anticipando l’arrivo di un progetto completamente rap, che avrebbe messo in risalto le sue doti da MC.

Doja Cat racconta ad Apple Music il significato di Scarlet

Promosso dalla smash-hit Paint The Town Red, l’album ha raccolto il plauso di gran parte della critica mantenendosi inoltre costante nelle principali classifiche americane.

Il successo di Scarlet è stato altresì favorito da Agora Hills, il singolo rap e R&B pubblicato in corrispondenza dell’album. Nelle scorse settimane, l’inedito ha raggiunto la #9 della Billboard Hot 100 rendendo Doja la prima rapper ad ottenere nove top 10 da solista nella chart statunitense (fonte: Billboard).

Come approcciare allora il progetto, per meglio comprenderne il significato? Occorre veramente storcere il naso di fronte alle pretese dell’artista di dare alle stampe un album rap?

Doja Cat ci ha fornito un’importante chiave di lettura nel corso di una lunga intervista rilasciata ai microfoni di Apple Music. La chiacchierata con Ebro Darden è stata, infatti, l’occasione per meglio approfondire il suo nuovo sforzo discografico e fare chiarezza sulle controversie degli ultimi anni.

Scarlet: il palcoscenico di Doja Cat

Scarlet può essere visto come un palcoscenico, ossia uno strumento attraverso il quale Amala ha deciso di trasmettere la propria arte. Questa assume le vesti della musica rap e, di conseguenza, il focus non deve insistere sul rapping in sé e per sé considerato: Scarlet è, infatti, un progetto rap in senso lato in quanto è un semplice strumento per mettere in scena un personaggio.

La narrazione ruota attorno all’omonima strega rossa, che – nell’immaginario collettivo – è il capro espiatorio di molti mali del mondo. Le canzoni facenti parte della tracklist le danno quindi modo di prendersi gioco delle accuse di satanismo (Demons), lamentarsi dell’attenzione dei media (97) e mettere al centro la propria libertà di persona e artista (Love Life).

Nel momento in cui Doja Cat si cimenta con il rap – con ottimi risultati per altro, non lo fa per proclamarsi la migliore del game, ma per divertirsi ed affrontare questi argomenti attraverso un genere musicale che ha sempre amato.

“Ho detto la mia in certe canzoni parlando della mia vita personale. Nel rap è importante ma può diventare ripetitivo. Ecco che, dopo aver toccato alcuni punti fondamentali, ho lasciato andare il tutto. Mi sono assicurata di non spingermi troppo in là. Non devo passare dal pop al rap ed essere la rapper migliore. Ciò di cui mi assicuro è andare in studio e apprezzare ciò che mi piace creare.”

La strega rossa è quindi la maschera attraverso la quale la rapper si presenta al pubblico. Ascoltando l’intervista, si capisce come – attraverso la dicotomia Amala/Scarlet – entri in gioco una forte contraddizione.

Da un lato, infatti, Doja ci dice di non toccare volutamente argomenti delicati quali depressione ed ansia perché non vuole essere il punto di riferimento, sul tema, per gli ascoltatori. Dall’altro, però, specifica come il personaggio della fattucchiera non sia completamente slegato dalla realtà.

L’artista affronta questo secondo punto con Ebro per rispondere alla domanda sul messaggio che voleva restituire con il video di Attention, il lead single.

“Volevo dire “Ciao!” ai detrattori. Si trattava di mostrare me stessa in una luce diversa nel senso che non stavo impersonando un personaggio che non traesse ispirazione dalla realtà. Ero semplicemente io ed era la versione più cruda di me stessa che potessi mostrare.”

La risoluzione di una contraddizione

Doja Cat riesce però a conciliare questa contraddizione nel corso di Scarlet? Lo fa attraverso la musica. È inevitabile che, come ogni artista, Amala parta dal proprio vissuto personale, ma – al contempo – non lascia che questa parte della sua vita rimanga al centro dell’attenzione.

Cuore di tutto è, infatti, la musica intesa come forma di intrattenimento e, quindi, come arte: un’arte che trova nel rap la propria forma di espressione. 

Scarlet rimane così un album spiritualmente rap, ossia rap nella sua essenza e negli elementi che ne hanno ispirato la creazione. Questo emerge dal carattere braggadocious di alcune tracce come Ouchies e Shutcho, dal materialismo di Wet Vagina e dalla denuncia della misoginia dell’industria musicale di F.T.G. 

La libertà di Doja Cat

In che senso, allora, l’ultimo album di Doja Cat può essere inteso come una conversazione sull’arte? Scarlet è l’occasione per riflettere sulla musica come prodotto della creatività, forma di intrattenimento e strumento attraverso il quale far divertire il pubblico.

L’artista usa la musica rap per raccontare dei cambiamenti attraversati e per realizzare un’impresa mai tentata prima: cimentarsi con un certo tipo di sound e toccare certi argomenti. Un messaggio proprio anche della cover:

“Sono terrorizzata dai ragni. L’intero album rappresenta una transizione e la vittoria sulle mie paure. La copertina mi vede quindi scendere a patti con le mie paure, faccia a faccia, prendere il controllo.”

Scarlet ci restituisce così un grande senso di libertà: una libertà della quale la gran parte degli artisti della scena contemporanea hanno un disperato bisogno.

“Non voglio essere una personalità. Non renderò felici tutti quanti e questa realizzazione mi ha liberato immensamente.”