DMX: un artista controverso, che ha lasciato il segno nella scena

DMX

DMX ci ha lasciato solo qualche giorno fa. Un artista sicuramente controverso, che nel bene e nel male ha segnato profondamente la scena hip-hop mondiale.

Abbiamo ripercorso brevemente la sua carriera e la sua vita in cui si sono alternate hit planetarie, flop commerciali, momenti di fragilità e storie di rivalsa.

DMX, il più controverso dei rapper

DMX, acronimo di Dark Man X, nasce Earl Simmons nel 1970. Prima ancora di diventare maggiorenne ha dovuto fare i conti con la giustizia e delle grosse difficoltà.

È stato arrestato un paio di volte – per il rapimento di un cane da una discarica e per sequestro di un auto, con conducente – e segnato in modo indelebile da una tossicodipendenza iniziata a soli 14 anni.

In seguito DMX dirà di essere stato ingannato a fumare un blunt corretto crack. Fatto sta, che la dipendenza dalle sostanze lo accompagnerà per tutta la vita, fino al suo tragico epilogo, il 9 aprile scorso.

Andremo ora a vedere:

Gli esordi e il successo

Se da giovanissimo si era distinto nella sua città, Yonkers, per il suo carattere, è a 28 anni che DMX si farà conoscere in tutto il mondo per la sua musica.

Nel 1998 pubblica per la Def Jam il suo primo album It’s Dark and Hell Is Hot. Il disco è un successo planetario, che farà ottenere 4 dischi di platino. Stiamo parlando di un’epoca in cui i riconoscimenti erano legati alle copie fisiche realmente vendute. Non stiamo parlando di streaming o views. Il disco di esordio di DMX vendette 4,8 milioni di copie solo negli USA, raggiungendo la prima posizione delle classifiche.

Sempre nel corso del ’98 pubblica anche il secondo album, Flesh of My Flesh, Blood of My Blood. Anche questo secondo album è un successo. Altri 3 platini conquistati. Passa esattamente un anno e DMX pubblica il suo terzo album, … And Then There Was X. Il terzo successo consecutivo: altri 5 platini conquistati.

DMX chiuderà il suo contratto con la Def Jam con altri due album di successo. Parliamo di The Great Depression (2001) e Grand Champ (2003), che gli faranno guadagnare un altro platino ciascuno.

Siamo nel 2003. In 6 anni di carriera da rapper DMX ha pubblicato 5 album, tutti e 5 primi in Billboard all’esordio, guadagnando un totale di 14 dischi di platino, solo negli Stati Uniti. Ha ricevuto 3 Grammy Nomination, 5 nomination agli MTV VMA, una nomination e una vittoria agli American Music Award. Ha recitato in 5 film, curando le rispettive colonne sonore, ha prestato sé stesso ad un videogioco di ruolo oltre a numerosi cameo televisivi.

Ma soprattutto, ha ottenuto successo a livello globale con singoli come Ruff Ryders’ Anthem, Party Up (Up in Here), X Gon’ Give It to Ya, Where the Hood At?. Sono i tipici brani che anche chi non ha mai ascoltato rap in vita sua, se ha partecipato ad una qualsiasi serata hip-hop, in qualche parte del mondo, ha per forza ascoltato almeno una volta.

Dopo una discesa, però, c’è sempre una salita. DMX lo scoprirà sulla sua pelle, perché successo e fama non sempre risolvono i problemi…

I problemi con la giustizia e le numerose controversie

Come anticipato, DMX non ha avuto una vita semplice: numerosi sono stati gli ostacoli che si è trovato davanti fin da giovane, a causa anche di un diagnosticato Disturbo Bipolare.

Purtroppo la fama, il successo e i soldi, spesso non fanno che aggravare la situazione per una persona problematica quale era Earl Simmons.

Di fatto, per tutta la vita farà dentro e fuori dal carcere per numerosi crimini. Quelli più ricorrenti per lui sono stati possesso di droga e armi, maltrattamento sugli animali, violazione della parola (di fatto non rispettando una libertà vigilata), mancanza di pagamento degli assegni di mantenimento ai figli, furto, aggressione (sia a forze dell’ordine che a compagni di cella), guida senza patente…

Ha fatto molto discutere il suo rapporto con i cani, la cui razza preferita erano i pitbull. DMX ha sempre dichiarato amore per i cani, definendo sé stesso e i suoi amici “Dogs“, tatuandosi sulla schiena l’immagine del suo primo cane e mettendo un pitbull sulla copertina del suo album Grand Champ. Eppure, questo legame morboso con i cani probabilmente non era vero amore, dal momento che è stato più volte accusato di maltrattarli.

Per quanto riguarda la vita privata, ha messo al mondo 15 figli, da 9 donne diverse e più volte è stato accusato di non mantenerli. Il tutto è ancora più paradossale alla luce delle sue dichiarazioni, in cui si è definito religioso e studioso della Bibbia.

Non è questo, tuttavia, ciò che ci compete. In queste pagine preferiamo concentrarci su altro: la sua musica.

La redenzione attraverso la musica

I problemi con la giustizia e il dentro-fuori dal carcere hanno reso più difficile il prosieguo della carriera musicale di DMX, ma non lo hanno di certo fermato.

Nel 2006 esce il suo sesto album, Year of the dog… Again per Columbia Records. Nonostante il disco sia di ottima fattura, non raggiunge il successo commerciale dei precedenti. Esordisce al secondo posto sulla classifica di Billboard e sfiora la vetta solo per una manciata di copie. Contiene comunque diverse tracce degne di nota, tra cui Lord give me a sign, che suona come una redenzione dagli eccessi del passato.

Per un periodo sembra addirittura che DMX volesse smettere con la musica per dedicarsi esclusivamente allo studio della Bibbia e alla predicazione del Vangelo, come aveva fatto Mase.

In realtà DMX affronta altri anni difficili, continuando a fare dentro-fuori dal carcere. Firma un nuovo contratto per 2 album con l’etichetta Seven Arts Music. Da questo contratto viene pubblicato nel 2012 Undisputed. Nonostante alcune ottime tracce, il disco non raggiunge neanche lontanamente i successi del passato.

Stessa sorte per l’album successivo, intitolato Redemption of the beast (2015). In questo lavoro si aggiunge l’aggravante della mancata promozione del disco, dal momento che DMX ed il suo staff ritengono che l’etichetta lo abbia pubblicato senza la loro autorizzazione.

Siamo nel 2016, DMX viene trovato apparentemente privo di vita in un parcheggio della sua città natale, Yonkers. La bestia non si è redenta, come indicava il suo ultimo album. È vittima, ora più che mai dei suoi demoni. Il caso, dichiarato pubblicamente come un attacco asmatico era stato invece causato da un’overdose.

Gli ultimi tempi

L’ultimo periodo di DMX era stato accompagnato da un’ennesima parvenza di redenzione. Era uscito dal carcere a fine gennaio 2019, dopo aver scontato l’ennesima reclusione, questa volta per evasione fiscale e bancarotta (la terza…). A settembre aveva firmato un nuovo contratto con la Def Jam, tornando all’etichetta che lo aveva accompagnato nei primi 5 album di successo.

Lo avevamo visto collaborare nell’ultimo disco dei The LOX, amici di una vita e concittadini, anche loro di Yonkers.

Insomma, sembrava che questa volta, ormai compiuti i 50 anni avesse messo la testa a posto e volesse tornare ad una vita più tranquilla.

Una tranquillità a quanto pare mai raggiunta. L’eccesso di sostanze stupefacenti ha portato DMX al decesso, il 9 aprile di quest’anno, dopo diversi giorni di ospedale, in bilico tra la vita e la morte.

L’eredità di DMX

Non appena si è diffusa la notizia della sua overdose e successivamente della sua morte non sono mancati i messaggi di cordoglio da parte di tutti gli esponenti della scena, italiana ed americana.

Anche questa volta, non sono mancate le controversie. È sempre difficile quando si parla di un rapper, che mette la propria vita nei brani distinguere la parte umana da quella artistica.

Purtroppo, in questo caso più che mai sarebbe doveroso invece discernere l’uomo Earl Simmons, dall’artista DMX.  Non si può quindi negare la sua importanza per la scena, il suo impatto sul mondo hip-hop, le sue rime, le sue hit e il suo flow graffiante, quasi urlato, che lo hanno distinto da chiunque altro nella scena.

La sua eredità è sicuramente enorme sotto il punto di vista musicale. DMX ci lascia 8 album ufficiali che racchiudono alcuni dei migliori brani hip-hop usciti nella cosiddetta “Bling Era” ovvero il periodo che va dal 1997 al 2006.

Come se la sua ottima discografia non bastasse, sulle piattaforme streaming sono comparsi un paio di nuovi progetti, come una raccolta della sua saga di skit Prayer per accompagnare la sua permanenza in ospedale o un ennesimo best of del suo periodo in Ruff Ryder.

L’omaggio più grande ce lo ha fatto, infine, la sua etichetta X-Ray Records, pubblicando un brano inedito per omaggiare la sua morte. Un brano particolare, quasi rock, in cui però risalta ancora il flow ruggente del DMX dei tempi d’oro.

DMX è stato sicuramente un artista molto controverso, ma allo stesso tempo uno dei migliori MC di sempre, che abbiamo perso a soli 50 anni. Chissà se avrebbe potuto regalarci ancora dei brani di impatto come quelli degli esordi.

Rest in peace DMX.