C’erano una volta i Brokenspeakers

Brokenspeakers

In una recente intervista, Ghemon ha raccontato quanto il rap in Italia fosse diverso prima del grande boom degli ultimi anni e come oggi il pop abbia praticamente conquistato tutto lo spazio, tanto che, paradossalmente, artisti come Tony Effe e Ornella Vanoni sembrano giocare nello stesso campionato. Effettivamente, era proprio così. Nei primi quindici anni dei Duemila, il rap italiano era un movimento pieno di fame e autenticità: si faceva musica non per i numeri, ma per necessità. Si scriveva per chi capiva davvero, per chi riusciva a riconoscere un valore in quel linguaggio, anche perché chi riusciva a “fare i soldi” era uno su mille. Tra le realtà che hanno mantenuto viva quella scintilla, una in particolare ha lasciato un segno indelebile: i Brokenspeakers.

Prima del boom: i Brokenspeakers

Nati dall’unione tra Circolo Vizioso e Unabombers, con Coez, Lucci, Hube, Ford78, Nicco, Franz, CeffoSine, hanno costruito un percorso che parte dal basso: dai mixtape underground, dalla strada vera.

Tutto inizia con Featuring Lucci, l’EP che ospita feat con Coez, Noyz Narcos e tutta la crew, segnando l’inizio di qualcosa di speciale. Da lì partono i mixtape che diventano culto: The Secret Mixtape Vol. 1 e Vol. 2, con brani come Fare il rap feat. Gemitaiz, Mondo maledetto e Poco di buono, fino al Tuff Music Mixtape, che chiude il cerchio prima degli album ufficiali.

Poi arriva L’album, il debutto che fa capire al resto d’Italia chi sono davvero: Cattive notizie feat. Danno, La cosa nostra, S.P.Q.R., Acqua alla gola. Barre crude, beat solidi, Roma raccontata senza filtri.

Il progetto si conclude con Fino al collo, il disco della maturità, che contiene Sempre uguale feat. Colle der Fomento, Da vicino e Cammina con me , brani che anni dopo Netflix sceglierà per la colonna sonora di Suburra – La Serie, stagione 2.

Poco dopo annunciano la fine del progetto e ognuno prende la sua strada. E per quanto a volte sembri una frase fatta dire che “meritavano di più”, questa volta è davvero così: i Brokenspeakers meritavano di più.

Perché la loro musica è rimasta viva, attuale, capace di accompagnare ancora oggi chi cerca realtà tra le barre e persino di raccontare Roma su uno schermo internazionale.

I Brokenspeakers non hanno mai inseguito il tempo. Hanno solo raccontato il loro.