L’arte di scontentare tutti: Jake La Furia e Bobo Vieri

Jake La Furia Christian Bobo Vieri

Nessun rapper ha influenzato la mia visione del rap come Jake La Furia. Nessun giocatore ha influenzato la mia visione del calciatore professionista come Christian (Bobo) Vieri. È sempre abbastanza complicato fare parallelismi tra persone che si occupano e lavorano di ambiti differenti: i gradi di separazione che li distanziano sono spesso così tanti da renderli inconciliabili.

Ma non per questo non ci si può divertire, se si accetta che tutto questo è un gioco, può risultare appunto divertente e intellettualmente stimolante provare a cercare tratti in comuni in persone che hanno poco o niente da spartire (professionalmente parlando) le une con le altre.

Jake La Furia e Bobo Vieri: due personalità simili?

A livello professionale, Jake La Furia e Bobo Vieri si posizionano ai due estremi di ciò che molti ragazzi sognavano e sognano di fare da grandi: il cantante (in questo caso il rapper) e il calciatore. Marracash, in una recente intervista, diceva che il desiderio di fare il rapper oggi deriva più dalla voglia di diventare famoso che dalla sincera passione per la musica, un po’ come fare il tronista una decina di anni fa – o il calciatore aggiungo io.

Si tratta di un lavoro che negli ultimi anni è diventato aspirazionale per molti, perché permette di accedere, una volta raggiunto un determinato livello, a tutti quei benefici che la fama crea – in primis la santa trinità di Gué Pequeno: donne, droga e denaro.

Jake La Furia

Christian (conosciuto più genericamente come Bobo) Vieri ha rappresentato la personificazione di molti aspetti che questo immaginario comprende. Lui, insieme a pochi altri, ha dato forma all’immaginario bomberistico all’italiana, che è stato ed è ispiratore di community vastissime come quelle di ‘Calciatori Brutti oppure Chiamarsi Bomber.

Ma cosa significa essere un bomber? Da un punto di vista strettamente calcistico significa essere un numero nove con grande finalizzazione, non un semplice attaccante, ma una prima punta da minimo doppia cifra di gol a stagione. E Vieri è stato un bomber; i numeri parlano per lui: 236 reti in 475 partite (di cui 123 in 190 partire con la maglia dell’Inter) giocate in carriera sono numeri importanti, o hai delle qualità molto sopra la media oppure non hai proprio la possibilità di arrivare a quei numeri ad alto livello.

Ma questo non basta, non basta perché essere un bomber sul campo da calcio non ti rende un bomber al di fuori di esso, quello lo fa la capacità di imporre la propria personalità nella sfera pubblica generalista, un mondo che, nell’Italia degli ultimi 20 anni, ha spesso coinciso con un certo tipo di tv e con i giornali di gossip.

vieri ronaldo

Essere al centro del gossip, avere uno stile di vita lussuoso e ostentarlo, frequentare modelle e veline che stanno nei salotti della tv, e nei programmi Mediaset – la lista dei flirt a lui attribuiti è così vasta che Alessandro Cattelan ha inventato per lui un gioco chiamato Bomber Advisor – essere sui giornali al di là delle prestazioni sportive: questo significa essere un bomber.

In questo senso Vieri ha dettato un tracciato che in molti poi hanno seguito e ammirato, ma anche giudicato e odiato, per questo è stato a lungo al centro delle polemiche, sia per scelte professionali che personali.

Finita la propria carriera professionistica, Bobo è riuscito a reinventarsi molto meglio di altri, attirando simpatie e consensi per un modo di fare divertente e sincero, dichiaratamente non giudicante.

Questa attitudine ha anche rimesso al centro della discussione le sue qualità come calciatore, che ora, liberate dal gossip, possono giustamente viste per quelle che sono, ovvero quelle di uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione – non a caso Stefano Borghi gli ha dedicato uno speciale su DAZN.

La sua storia così ricca di controversie e cambiamenti (in un periodo cambiò sei maglie in sei anni) ha dato forma al pensiero che poi ha espresso molto chiaramente in alcune dichiarazioni fatte a Muschio Selvaggio soprattutto in merito all’eterno dilemma che muove le discussioni intorno al mondo del calcio: mercenario vs bandiera di un club.

Io volevo cambiare, ho bisogno di cambiare, mi piace cambiare, fare cose nuove, volevo la sfida nuova.

Nella vita mi hanno sempre giudicato, e non sapevano niente di me, quindi io ad oggi non giudico nessuno. Se uno vuole andare a prendere soldi, fa bene, perché questo è un lavoro.

La gente è invidiosa, ti rompe il cazzo dalla mattina alla sera, perché sei ad un livello dove gli altri non sono, sei sempre sui giornali etc. il successo non è ammesso, cercano sempre di romperti il cazzo su qualcosa.

Queste invece sono le parole di Jake La Furia rilasciate durante un’intervista per Esse Magazine, per la promozione del disco, 17, con Emis Killa: parlando di Neffa, che ha smesso di rappare e non vuole parlare di rap:

Io lo capisco, è una persona simile a me, che vuole fare quello che gli pare, mi pare giusto che non si debba giustificare per tutta la vita.

Parlando invece dell’eterna lotta tra credibilità e soldi:

La risposta perfetta sarebbe un po’ e un po’, però mi hanno rotto i coglioni lo stesso, i social sono comunque pieni di insulti, qualunque cosa fai, fai scontento qualcuno, allora meglio un sacco di soldi.

La carriera di Jake La Furia e quella di Vieri, per quanto naturalmente diverse, hanno dei punti di contatto: entrambi sono stati star per un collettivo, Club Dogo e Inter; entrambi hanno “tradito” quelle bandiere; entrambi hanno strizzato l’occhio al mondo della tv senza vergognarsene; e entrambi hanno adesso uno status di cui mediamente godono.

Jake La Furia, nonostante una marea di scelte discutibili che avrebbero ucciso la carriera di molti rapper, rimane, ancora oggi, il rapper preferito del tuo rapper preferito; e Bobo Vieri, nonostante gli insulti quasi quotidiani che prende per la Bobo Tv con Lele Adani, Ventola e Cassano, è ancora uno dei calciatori più amati e seguiti in Italia.

Giocando di fantasia si può anche pensare a similitudini tecniche, perché la forza (fisica e delle parole) e, più in generale, la fisicità sono il centro di gravità attorno al quale entrambi hanno fatto ruotare le loro carriere. Questo modo di approcciarsi alla musica, così spesso, è sempre stato al centro del rap di Jake e del calcio di Bobo, mai realmente troppo tecnici, ma esplosivi, aggressivi nell’attitudine e nell’atteggiamento.

Jake La Furia non è il più tecnico dei rapper ne il più raffinato, ma ha sempre avuto la capacità di utilizzare le parole giuste per colpire come a pugni l’ascoltatore, i suoi brani più forti sono quasi una combinazione da pugilato, in cui infila una dietro l’altra barre pesantissime. Anche per questo nei beat così lenti come quelli della trap non ha quasi mai trovato una zona di confort vera, la sua forza è sempre stata nella costante e veloce progressione delle rime – che non significa extrabeat alla MadMan ma rap duro e crudo.

Jake La Furia

Allo stesso modo Vieri non è mai stato un attaccante che ha fatto della tecnica la sua cifra, non era un bomber come Benzema, in grado di fare gol ma anche cucire il gioco con la squadra, quanto piuttosto un numero nove più classico, esplosivo in progressione, in grado di segnare sul filo del fuorigioco ma anche con il tiro della distanza, abile di testa e in grado di far salire la squadra come boa, in caso di necessità. Un attaccante che necessitava di esprimere la propria fisicità per rendere al meglio.

Non so quanto Jake La Furia sarebbe contento di essere paragonato a Vieri, lui, milanista accanito, accostato ad uno dei giocatori più iconici dell’Inter, ma è anche vero che la fama di Bobo è così trasversale che forse si farebbe solo una risata.

Di certo lui non rientra nell’immaginario bomberistico di cui si parlava in precedenza, per quanto abbia dimostrato di essere nella sua tazza di the anche in quel tipo di mondo e di riferimenti, non ha il physique du role, ne è mai stato al centro del gossip nostrano al contrario, per esempio del suo ex compagno di gruppo Gué Pequeno – finito sulle copertine di tutto i tabloid per la storia con Nicole Minetti.

Di Jake La Furia nella vita privata non si sa nulla, sappiamo che è sposato e ha dei figli, ma non li ha mai mostrati pubblicamente e non ha intenzione di farlo. Questo di per sé lo rende un alieno rispetto a tanti colleghi, che invece basano la propria costruzione di identità artistica attorno allo sbandierare le proprie attività private. Ma questo non è importante per lui, ne gli interessa dare in pasto chi lo circonda a quel mostro che è la fama.

La caratteristica che più di ogni altra ha contraddistinto il percorso di Jake La Furia post Club Dogo, è stata quella di decostruire pezzo per pezzo l’immagine che i fan avevano di lui: dalle partecipazioni ai programmi tv, alle hit reggaeton, ai featuring improbabili, fino a dischi solisti mai all’altezza delle aspettative – eccezion fatta (?) per 17 – tutto sembra essere stato fatto per demolire l’immagine che i suo follower avevano di lui.

E ancora ad oggi, nonostante siano passati quasi otto anni dal momento di stop delle attività dei Dogo, è ancora difficile digerire questo mutamento così radicale nella sua figura. Nonostante questo per lui è sempre stato fondamentale rimanere fedele prima di tutto a se stesso e alla sua voglia di cambiare e mettersi in gioco, tanto che in un brano di Keta Music 3, Street Movie, afferma fieramente: 

Ho fatto un’altra hit reggaeton perché mi piace cagarvi il cazzo

Una dichiarazione di intenti molto esplicativa che conferma come per lui non sia importante fare contenti gli altri ma fare quello che si vuole, sempre e comunque, anche a costo di risultare antipatico, o di deludere chi ti ha seguito fino a quel momento, perché nessuno delle persone che scrivono o giudicano sono mai stati nella posizione in cui sei tu.

Deludere le aspettative sembra essere per stato per Jake, come per Bobo, un modo per rimanere fedele a se stesso, senza dover rispettare i canoni che gli altri avrebbero voluto rispettasse.

Una mentalità che negli anni gli ha fatto guadagnare un rispetto universale indipendente da quello che fa, tanto poi bastano poche barre di un suo qualsiasi featuring in cui decide di impegnarsi, per rimettere tutto nella giusta prospettiva.