Luchè – Il DiCaprio del rap italiano

Luchè

Luchè ha lottato tanto quanto Leonardo DiCaprio per ottenere i riconoscimenti desiderati (e meritati).

In questo articolo scriverò di un rapper che ha fatto della perseveranza la sua migliore arma, fino a raggiungere il successo desiderato. La storia di un artista che ha anche pagato per scelte inizialmente incomprese dal grande pubblico ma che pian piano è riuscito a diventare un capo saldo del genere. Come? Attraverso dedizione, carattere, passione e – naturalmente – talento. Luchè non è semplicemente uno dei migliori rapper al momento nel nostro paese, è di più. Rappresenta chi sa di meritare di più ma fatica a raggiungere il risultato sperato perché per arrivare alla massa c’è sempre bisogno di compromessi, e lui – di compromessi – non ne vuole sapere.

Partiamo dal principio.

Luché era, insieme a ‘Nto, uno dei due componenti dei Co’Sang, gruppo street rap napoletano. Raccontare la vita di periferia di una città come Napoli è difficile principalmente per un motivo: premetto che io non sono partenopeo, però si percepisce l’amore incondizionato che i cittadini residenti hanno nei confronti di questa metropoli. Il gruppo in questione è stato tra i primi ad avere il coraggio di raccontare anche verità scomode al riguardo, mantenendo sempre la forte appartenenza verso Napoli con grande onore. Il loro era uno vero e proprio street rap: suoni crudi e immagini violente, il tutto rigorosamente espresso in dialetto napoletano. Il duo pubblica due album. Il primo – Chi more pe’ mme – nel 2005, tra i brani uno in particolare è rimasto nella storia: Int O’ Rione. Il secondo lavoro si chiama Vita Bona e sarà l’ultima pubblicazione ufficiale della coppia che però, prima di sciogliersi ufficialmente nel 2012, rilascia anche un mixtape, Poesia Cruda (2010).

Le critiche: scioglimento dei Co’Sang e L1.

La divisione dei Co’Sang fu un calvario per Luchè, che venne additato come principale responsabile dell’accaduto e fu sommerso di critiche da parte dei vecchi fan. Al protagonista in questione non piace piangersi addosso e tutto ciò che vive in quel periodo confluisce in L1. Il primo album ufficiale da solista è la principale causa del disprezzo dei fan/hater che non accettarono un disco così temporalmente vicino allo scioglimento. Anche la scelta di abbandonare il dialetto in favore della lingua italiana non fu inizialmente accolta a braccia aperte. Inoltre nel disco affronta temi più personali e introspettivi rispetto a quelli passati. L1 è la dimostrazione della personalità di Luche, che in un momento difficile come quello della separazione da un gruppo storico per il genere, continua a lavorare e produrre senza fermarsi e come se non bastasse percorrendo strade, almeno inizialmente, in salita (ad esempio la scelta di cambiare “lingua” o quella di ampliare gli argomenti trattati).

Con la prima fatica apre la strada verso il suo successo. La tracklist contiene anche collaborazioni di livello come Club Dogo, Marracash e Emis Killa che fungono da approvazione per l’intera scena. Da questo momento la difficoltà per il rapper non sarà essere considerato uno dei migliori all’interno della scena, bensì ricevere l’adeguata approvazione da parte del pubblico, che ci metterà un po’ ad arrivare.

La presa di coscienza e la rinascita underground: la firma con Roccia Music e L2.

Nel 2013 Marracash e Shablo fondano Roccia Music e pubblicano Genesi, un disco di presentazione del roster nel quale è presente anche il protagonista in questione che poi, nel 2014 esce con L2.

Il disco è fondamentale per la sua carriera perché segna il punto di svolta a livello artistico e attitudinale. Rappresenta la presa di coscienza delle proprie abilità e di dove può arrivare. La composizione dell’album si attiene a suoni crudi e street. All’ascolto si percepisce un’attitudine molto aggressiva, coerente col suo periodo artistico di rivalsa pura. Con questo progetto dimostra di non essere stato sconfitto dalle critiche, ma piuttosto di essersi rinforzato.

L’album ha molti riferimenti alla vita di strada e al rapporto con la sua città, il filo conduttore è proprio la narrazione impeccabile di vari aneddoti e di un immaginario molto forte (“Ray Ban neri, giacca di pelle nera, Audi sportback nera/Il genio di Marinella, in cielo la luna è nera, teniamoci per mano e recitiamo una preghiera“). Un lavoro aggressivo quindi, senza tralasciare però la parte introspettiva sempre presente in Luche. Pensiamo infatti a tracce come Ghetto Memories feat. Achille Lauro o Lieto Fine che sono due delicatissimi racconti all’interno dell’autore e delle sue esperienze.

“La mia città mi ha rinnegato ma ho troppo orgoglio nel cuore”

La grinta espressa nel disco si traduce in altre attività che dimostrano la sua grande personalità, come quella di aprire una pizzeria napoletana a Londra: Quei Bravi Ragazzi. Una scelta che lo ripaga a dovere visto il successo che sembra avere il locale.

Con L2 Luché riesce a ottenere la visibilità persa, una base che sarà molto utile per il suo futuro: ad esempio grazie a questo lavoro farà il suo primo live da solista a Milano al Legend Club.

La conferma di Luchè: Malammore

Due anni dopo L2 è il momento di Malammore, primo disco sotto major che lo porterà ad avere una maggiore esposizione.

Il 2016 (anno di pubblicazione dell’album in questione) rappresenta quindi la conferma e l’ascesa del suo successo. Malammore è forse il momento più importante per la carriera del rapper, perché pian piano lascia le critiche alle spalle e riceve sempre più consensi, sia da parte della critica che – ancora più importante – da parte del pubblico. Con questo album sforna le prime vere e proprie hit a livello nazionale (basta pensare a O’Primmo Ammore che verrà utilizzata per il telefilm Gomorra). Le vendite faticano un po’ a raggiungere la certificazione, ma in compenso ai live c’è un grandissimo riscontro, segno che qualcosa sta cambiando. Soprattutto al sud (e specialmente in campania) ogni concerto è un successo.

Arriviamo quindi a uno dei momenti più significativi per la carriera di Luche, il (quasi) sold out al Palapartenope con seimila persone sotto il palco. Una data talmente speciale per lui da dedicargli il video del singolo Fin Qui in collaborazione con CoCo. Il lieto fine del rapporto con la sua città.

Malammore inoltre è il primo album nel quale l’artista dedica varie tracce ad argomenti meno usati in passato. Vediamo infatti diverse tracce che parlano d’amore (Ti Amo, Quelli Di Ieri, Lo Stesso Viso) oppure di lui in modo molto personale (Quando Non Ero Nessuno, Il Mio Ricordo, Andrò Via Da Qui, Devi Amarmi). Una direzione, quella di aprire i temi oltre la vita di strada, che aveva già intrapreso con L1 e L2, ma che con Malammore fa emergere definitivamente, senza abbandonare però la sua matrice street che emerge con pezzi come Violento o Il mio nome.

In questo periodo fonda anche il suo brand Black Friday, una linea di abbigliamento a edizione limitata. Dalla sua creazione ha già pubblicato tre stagioni, la prima piuttosto base senza un vero e proprio immaginario, la seconda con il concept della pop star e la terza con quello del potere. Inoltre recentemente ha aperto una pizzeria Bravi Ragazzi anche negli U.S.A. a Brooklyn, e una hamburgeria a Londra, il Daddy Buns Burger.

Il successo: Potere

“ci sarò sempre se qualcuno dei miei mi chiede aiuto, comprerò pace a mia madre e un futuro a mio figlio, fino a sentirmi forte come un Dio e loro sanno che è tutto merito mio”

Questo è il senso del potere per Luche. Questa citazione – presa da Potere 2 – è di una potenza incredibile ed è perfetta per definire l’ambizione del rapper partenopeo. Non intende il potere nel senso di ricchezza, ostentazione, lusso. È un potere inteso come il poter fare, il poter dimostrare il proprio valore.

Il nuovo album può essere visto come il naturale sequel del precedente. Gli argomenti sono abbastanza simili, infatti vediamo la traccia prepotente, quella d’amore e c’è spazio anche per l’introspezione. Poco prima della sua uscita raggiunge il disco d’oro con Malammore, poi – nel giro di cinque mesi – arriva la medesima certificazione anche per Potere.

Il 2018 rappresenta il successo. Non solo l’album è ben accolto, ma anche le collaborazioni con i colleghi sono molto acclamate (pensiamo a Casa Mia di Noyz Narcos o a Modalità Aereo di Guè Pequeno). La consacrazione ricevuta durante l’anno è stata il frutto di anni di sacrifici e fatiche, di delusioni e rivalse.

Nel 2018 ha finalmente acquisito il potere desiderato, ora dovrà essere capace a mantenerlo.

Da rapper a ristoratore passando per “stilista”, Luche dimostra la sua intraprendenza e competenza. La scelta di intraprendere la carriera solista, il percorso musicale che ha compiuto, la decisione di affiancare alla musica altri business, sono tutte strade che hanno portato un uomo che aveva perso tanto al successo nel giro di qualche anno.

Ora è considerato da tutti uno dei maggiori esponenti della scena rap italiana, dai colleghi alla critica passando per il pubblico.

Grafica di Matteo Da Fermo.