Analisi del testo – “Prega Per Noi” di Achille Lauro

Achille Lauro Prega Per Noi

Attendendo il nuovo disco “Pour L’Amour”, analizziamo “Prega Per Noi” di Achille Lauro, una delle sue migliori tracce, contenuta nell’album “Dio c’è”.

Nelle precedenti “puntate” abbiamo analizzato i testi “Vendetta” di Marracash e “La Solitudine” di Rkomi: oggi, invece, ci occuperemo di “Prega Per Noi” di Achille Lauro, traccia contenuta nel suo album “Dio c’è”, una delle migliori della sua intera discografia per quanto riguarda l’aspetto lirico.

Come la scorsa volta, se prima ti serve una rinfrescata riguardo alle figure retoriche clicca qui.

Analisi tecnica di “Prega per noi” di Achille Lauro

La canzone non ha un preciso schema metrico, i versi terminano spesso in rima o assonanza e la composizione consta di tre strofe e tre ritornelli.

Osservando le figure retoriche presenti nel testo possiamo subito notare un’anadiplosi con il termine “mezzi” (“Sui mezzi sociali, mezzi a spacciare, mezzi spacciati, Nomi qui sui giornali, mezzi fatti, mezzi ai funerali”) per sottolineare la situazione che incombeva nel suo quartiere durante la sua adolescenza. Successivamente, all’inizio della seconda strofa, anche con la parola “figli” si può notare l’uso della stessa figura retorica (“eravamo piccoli figli ma figli di una pu**ana”). Infine anche nella terza parte si nota ancora, con il vocabolo “strada” (“e dopo un anno in strada parla di strada ma vive in centro”).

A fine del secondo gruppo di versi ritorna la ripetizione del termine “mezzi”, che può essere visto sia ancora come un’anadiplosi ma, in questo caso, anche come diafora, perché la parola in questione viene utilizzata con significati diversi, prima per definire la metà in modo quantitativo, poi per evidenziare la situazione di vita dei propri compagni (“mezzi mezzi morti gli altri mezzi mezzi cambiati”). Inoltre, sempre in quest’ultimo verso, si può notare un’allitterazione delle lettere “m” e “z”.

Nella terza strofa sono presenti alcune epifore, ad esempio prima con il termine “spacciatori” (“da rapinare gli spacciatori / a capo di spacciatori”) poi con la parola “faccia” (“mia madre che non poteva neanche più guardarmi in faccia / in che volevo farmi il nome tra chi mi sputava in faccia”). Oppure ancora con il vocabolo “senza” (“ti chiamano amico perchè senza di te stanno senza / chiuderanno il rapporto il primo giorno che starai senza”), e ce ne sono ancora.

Come si può quindi osservare, la ripetizione di una parola è molto utilizzata da Achille Lauro. In molte sue canzoni utilizza queste figure retoriche che consistono nella replica di un termine (nella traccia “In paradiso” l’epifora è addirittura usata in tutti i versi della seconda strofa) . Lo scopo è di rimarcare i concetti, creare uno stile unico e costruire giochi di parole o di suoni. Una caratteristica che risulta controversa se pensiamo al fatto che di per sè la ripetizione non è ben vista a livello stilistico. Achille però si sa, è in controtendenza per natura e il suo assiduo utilizzo delle repliche dei termini è intelligente e mai banale.

Continuando con l’analisi notiamo l’uso di metafore: ad esempio nella frase “vedevi i frutti” quest’ultimo termine indica (ovviamente) i risultati economici raggiunti con lo spaccio. Discorso analogo per il verso “pochi mesi e pensavo solo ai furti e non farsi bere”, la frase “non farsi bere” è una metafora che significa non farsi fregare.

Infine, è presente un’allitterazione della lettere “i” nel verso “non smisi ma vidi visi in crisi”, che contiene anche una paranomasia usata per ottenere un risalto fonetico (“vidi visi”).

Achille Lauro

Analisi contenutistica di “Prega per noi” di Achille Lauro

Prega per noi” è prevalentemente uno story-telling. Achille sfoga i suoi pensieri riguardo la sua adolescenza attraverso tre strofe ricche di versi (soprattutto la terza si distingue per la lunghezza). Narra delle vicende trascorse nel suo quartiere sin da quando aveva circa tredici anni, un’età nella quale la maggior parte dei bambini guarda i cartoni animati. Ma non tutti hanno la fortuna di nascere in ambienti benestanti e, citando proprio il protagonista di questo articolo: “la gente non pensa a volte scelta non è permessa”. 

Ma non è solamente un semplice racconto di vita. È un flusso di coscienza dove l’autore fa trasparire i propri pensieri durante l’ascolto, senza limitarsi al mero racconto.

Inizialmente nella prima strofa si sente la voglia di rivalsa, una forza che l’ha portato a farsi strada in un ambiente a dir poco complicato. Da adolescente ha lasciato la scuola per cominciare a lavorare come spacciatore. Una vita intrapresa perché “volevamo soltanto quello che avevano tanti”, prendersi quello che la vita gli ha negato dalla nascita, ovvero una situazione economica e famigliare benestante. Continuando, spiega che le persone comuni non concepiscono certe scelte e si lasciano andare nel dettare giudizi senza neanche provare a pensare il motivo di tali scelte (“e la gente che ci guardava in zona ci giudicava senza pensare a cosa ed ognuno mancava a casa”) e introduce l’ascoltatore a quello che sarà poi lo sviluppo fino a giungere alla conclusione.

La seconda strofa – come la prima – non raggiunge ancora a pieno la profondità dell’argomento. Però c’è un’evoluzione in quello che vogliono Achille e i suoi compagni: rispetto alla precedente strofa ora “volevamo di più, solo i sogni che fa nessuno”. Questo forse perché accontentarsi non fa parte dell’indole umana, soprattutto per chi sta ottenendo tutto partendo da zero. Quindi si è passati dal “volere quello che avevano tanti” a “volere i sogni che fa nessuno”. Inoltre la conclusione fa capire che cominciava a crearsi qualche crepa nel loro mondo, le conseguenze delle loro azioni hanno portato a morte, rapporti rovinati dalla droga e ragazzi cambiati in peggio.

La terza strofa è, certamente, il punto più alto della canzone. Achille fa emergere le problematiche nell’intraprendere certe direzioni. Questioni che vanno dalle amicizie per convenienza all’amore perso a causa della vita che aveva imboccato. Il non fidarsi più di nessuno, il pensare solo a se stessi e al proprio “successo”. Uno stile di vita che porta a morte e distruzione. Un ambiente del genere non può portare a nulla di buono e il rapper di “Ragazzi Madre” lo racconta chiaramente.

“L’amore perso perché non dicevo basta
mia madre che non poteva neanche più guardarmi in faccia
io che volevo farmi nome tra chi mi sputava in faccia
tra amici per convenienza, perché tu sei qualcuno
a qualcuno fa convenienza avè qualche conoscenza
ti chiamano amico perché senza di te stanno senza
chiuderanno i rapporti il primo giorno che starai senza”

Infine, passa nel descrivere i ragazzi di oggi che cominciano a spacciare ma in condizioni ben diverse  – “e dopo un anno parla di strada ma vive in centro” – sottolineando di come questi non vivono nelle sue stesse condizioni avendo un frigo pieno, un padre e una madre affianco. Cose che Lauro e i suoi compagni non avevano, per loro è stata una scelta per necessità non per circostanze. Da sottolineare, infatti, come l’autore non idealizzi mai positivamente ciò che ha fatto.

Conclusioni

Questa è una delle migliori tracce della discografia di Achille Lauro. Un’autobiografia che fotografa parte della sua vita in modo impeccabile, passando dalla semplice descrizioni di certe situazioni ad un pensiero critico personale sull’argomento. Dimostra una sensibilità artistica che in pochi hanno, e un background molto singolare che lo rende particolarmente “real” all’interno della scena.

“Prega per noi” è un flusso di coscienza, uno sfogo. Nell’ultimo periodo il suo volersi continuamente evolvere sul piano musicale l’ha portato a pubblicare qualche singolo più frivolo e meno impegnato (senza voler dire che non apprezziamo tutte le tracce che ha prodotto recentemente). Sappiamo bene che ha una capacità artistica che hanno pochi.

Negli anni il rapper fondatore di “No Face” ha saputo trasformarsi costantemente e ha dimostrato capacità variegate e sempre distinte rispetto ad altri, non ci resta che attendere il suo prossimo progetto.

“Parlo a chi verrà dopo, ai pochi che sanno ascoltare
dico che pochi ripaga, troppi riposano in pace”.

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Grafica di Matteo Da Fermo.