Analisi del testo – “La Solitudine” di Rkomi

Rkomi La Solitudine

In attesa di novità sui prossimi progetti, abbiamo analizzato “La Solitudine” di Rkomi, uno dei brani migliori contenuti nell’ultimo album “Io in terra”.

Nella prima puntata di questa rubrica abbiamo analizzato “Vendetta” di Marracash. Questa volta, invece, ci concentreremo su uno dei rapper più particolari della scena: Rkomi.

Il suo ultimo album – “Io in terra” – ha riscosso un notevole successo raggiungendo anche il disco d’oro. Tutto il progetto è sicuramente personale, specialmente una canzone è davvero significativa sotto questo punto ti vista: “La Solitudine”. Andiamo ad analizzare, quindi, La Solitudine di Rkomi

Come la scorsa volta, se prima ti serve una rinfrescata riguardo alle figure retoriche clicca qui.

Analisi tecnica de “La solitudine” di Rkomi.

La traccia consta di due strofe e due ritornelli, senza una particolare struttura metrica o di rime. Da menzionare il fatto che i versi terminano quasi sempre con un gioco di suono con il verso precedente.

Partendo con le figure retoriche possiamo notare varie similitudini (“come burattini”, “come Kimi Raikkonen”, “come insetti”, “come Cobain”) che hanno la funzione di marcare i concetti espressi. È presente l’utilizzo del “riocontra” quando al posto di “grammo” dice “mogra”, tecnica utilizzata per evidenziare lo slang. Vediamo anche una paronomasia, ovvero l’accostamento di due termini dal suono simile ma dal significato diverso (“soldo soldatini”) con lo scopo di ottenere un particolare effetto fonetico e risaltarne il significato.

Nella seconda parte del ritornello, invece, è visibile un’allitterazione della lettera “p” (“i miei scendono a patti, una patina di ghiaccio, e pattinavo nel mio pianerottolo”). Nel testo, inoltre, Rkomi sembra infrangere la cosiddetta “quarta parete” dal momento che, anche a causa della modalità di scrittura che usa, pare quasi che parli all’ascoltatore in varie barre (“e so che con i versi che ho forse la prossima volta ci esci di testa..”). Per fare un ulteriore esempio al riguardo è da sottolineare anche l’utilizzo della domanda retorica (“vuoi una stanza anche te?” oppure “quale funerale?”). È presente una diafora per l’utilizzo della parola “solo” nel verso “da quando è uscito solo sto solo”, infatti il termine si riferisce prima per indicare la canzone e poi per esporre il proprio momento nel quale si sente, appunto, “solo“.

La più grande particolarità del rapper di Calvairate è la gran quantità di enjambement che utilizza. Molto spesso grazie al suo flow unico spezza la frase (ad esempio “scambio notte e giorno sono/ otto al mogra mamma / mi vede più su You Tube che in zona”) – o addirittura l’ultima parola – in due, e completa la stessa in due versi anziché in uno soltanto: ad esempio “giro il mondo senza muovermi da qui parla / no la mia lingua la lingua del quartiere”.

Il suo punto forte però è senza dubbio la metafora: ne fa un utilizzo ampio e ricercato, che rende la sua scrittura unica nel suo genere. Nelle sue liriche sono presenti barre dove imprime attraverso un’immagine il concetto della frase stessa. Per fare un esempio possiamo osservare il primo verso: “un fiume in piena la mia penna”. È una metafora che fotografa un’immagine che rende bene il significato di ciò che vuole dire.

Ascoltando la canzone ci si rende conto che quasi tutto il testo è creato attraverso questa modalità che rende la sua una scrittura abbastanza “astratta”. Non è facile descriverlo ma nelle sue tracce si percepisce la sensazione in questione. Non a caso è da molti considerato tra i migliori a livello lirico per quanto riguarda la nuova scuola.

Durante l’ascolto del progetto è presente in particolare un’immagine che ricorre in cinque canzoni nel disco (“Mai più”, “La solitudine”, “Milano bachata”, “Maddalena Corvaglia”, “Mirko no”): il castello di carte. Questo può essere interpretato come una metafora per descrivere, attraverso il castello, ciò che sta costruendo e raggiungendo, e attraverso il fatto che sia costruito da “carte” ne sottolinea la fragilità.

Analisi contenutistica de “La Solitudine” di Rkomi.

Sul piano contenutistico possiamo dire che il titolo tradisce forse un po’ dal momento che il testo non parla in particolar modo della solitudine ma, come ha anche specificato l’autore del pezzo in un’intervista, è riferito di più al mood che intraprende la traccia.

“Il testo di ‘Solitudine’ parla di rivincita, non è cupo quanto il beat. Lo definirei noir, anche se poi a livello di scrittura non si percepisce un senso di solitudine così profondo. A scriverlo è stato Mirko, al 100 percento. Dietro i miei testi ci sono sempre io, con tutto il mio bagaglio di esperienze”.

Più nel dettaglio, la traccia parte con lo scrittore che inizialmente prende coscienza del passo che sta facendo con l’uscita di quello che sarà il suo primo album ufficiale sotto major.

“Un fiume in piena la mia penna, io in terra a me la scelta”

Prosegue su questa strada quasi parlando con l’ascoltatore – cosa che si può percepire anche dalla domanda retorica che sembra voler fare all’interlocutore “ma che bel castello, vuoi una stanza anche te?” – e continuando a esporre segnali che fanno capire che la sua vita sta cambiando, ora che la sua arte gli permette di vivere più agiatamente rispetto prima. Ma senza dimenticare il passato e, infatti, possiamo notare una barra che riporta la testa alla vita precedente, una frase che – come spiegato precedentemente – riesce ad essere particolarmente di impatto e poetica: “per una quota come burattini addirittura”.

Proseguendo, alla fine della prima strofa ritorna sull’esposizione dei cambiamenti e rivela all’ascoltatore che ha trovato un equilibrio nella sua vita (“e trovo il centro, me lo tengo stretto come un telo bianco“), un equilibrio che vuole tenersi stretto e che ha raccontato anche in un’altra intervista. Una sorta di “centro” che Mirko invita a non mollare mai, a tenerselo stretto nonostante la tante difficoltà che inevitabilmente comprometteranno questa situazione di tranquillità.

Nel ritornello espone, tra le altre cose, quell’immagine sopraccitata molto ricorrente nelle sue canzoni. Come sempre, attraverso essa riesce a imprimere perfettamente quello che vuole comunicare. Un castello per significare la via che sta prendendo la sua vita, una via verso il successo – ma di carte – per far capire la sensazione di precarietà.

La seconda strofa riprende, quindi, col raccontare varie immagini del suo passato: stupefacenti, quartiere, domopak, posti di blocco e conoscenze poco raccomandabili descritte con una frase magnifica, ovvero “per il soldo soldatini” che racchiude l’essenza di quella che è la mentalità di certi ambienti.

“Nella noia le mie nottatacce le prevedo come Nostradamus”

Con questa frase comincia la fine dell’ultimo gruppo di versi e racconta di come diverse volte ha previsto le notti peggiori, riuscendo comunque a uscirne intero e non sconfitto. Un modo per esprimere anche la volontà di rivalsa verso i momenti più scuri.

Conclusioni

Rkomi è la prova che anche tra la nuova scuola c’è qualcuno che scrive bene ed è capace liricamente. Ha un approccio particolare e questo è vero, quindi può non piacere. Sono da sottolineare, tuttavia, le sue abilità in questione e non a caso è stato notato da un certo Marracash che l’ha voluto sotto la sua etichetta: Roccia Music.

“Io in terra” è un lavoro che per essere apprezzato ha bisogno di essere ascoltato a dovere: ad un primo ascolto può non arrivare la profondità del progetto ma in realtà, nel complesso, risulta maturo e completo.

 

rkomi

Grafica di Manuél Di Pasquale.