070 Shake abbandona la superficie con You Can’t Kill Me

Distaccarsi da tutto per non essere feriti più da nulla e nessuno, 070 Shake – al secolo Danielle Balbuena, classe ‘97 – ne parla a ogni occasione buona. E si ripete, ma pare ripeterlo più a sé stessa che all’intervistatore di turno, e lo ripete una volta in più intitolando You Can’t Kill Me il suo secondo album ufficiale.

Il progetto targato G.O.O.D Music / Def Jam arriva a due anni di distanza dall’esordio Modus Vivendi. Quattordici brani per cinquanta minuti di durata, l’unica collaborazione è quella con Christine and the Queens. In un anno ricco di uscite importanti, il secondo sforzo discografico di 070 Shake rischia di passare sotto traccia, malgrado si dimostri sin dai primi ascolti come una delle pubblicazioni migliori degli ultimi mesi.

Dentro You Can’t Kill Me: il secondo album di 070 Shake

Punta di diamante del collettivo 070, Danielle si è fatta notare nel 2018 a fianco di Kanye West con il suo contributo nella lavorazione degli album frutto delle cosiddette Wyoming Sessions (ricordate in Santeria la parte in spagnolo prima del beat-switch? Ecco). Negli anni la cantante e rapper del New Jersey ha saputo ritagliarsi una propria dimensione che le ha permesso di togliersi diverse soddisfazioni, non ultima la collaborazione con Madonna per il singolo Frozen.

Per il suo secondo progetto 070 Shake non modifica la squadra, co-produce l’intero album assieme al sodale Dave Hamelin e riserva nuovamente il tocco finale a Mike Dean (sì, quel Mike Dean).

Se il team di lavoro attorno a 070 Shake appare invariato, You Can’t Kill Me svela tuttavia una maturità compositiva sconosciuta all’esordio. Quanto in Modus Vivendi veniva suggerito appena, in alcuni casi promesso ma non sempre mantenuto, qui viene realizzato senza più tentennamenti.

In particolare, al centro dei versi dell’artista c’è di nuovo l’esperienza amorosa vissuta nei suoi tratti più patologici, ma questa non viene più osservata soltanto dal punto di vista dell’innamorato deluso o, peggio, tradito. 070 Shake si mette in discussione e non sfugge alle proprie difficoltà nel connettersi con gli altri.

Dall’altro lato, le suggestioni elettroniche accennate in Modus Vivendi – che già mostravano più di qualche debito al Kid Cudi dei Man On The Moon – si esprimono ora completamente nella parte strumentale dell’album. L’atmosfera e i battiti cambiano di continuo, ampie code strumentali permettono alle invenzioni sintetiche di 070 Shake e Hamelin di respirare a lungo.

Il lavoro collettivo, di dettaglio è visibile nel suo compiersi anche nel Making of dell’album pubblicato dall’artista. Qui è evidente la ricerca a ogni passo del suono più bizzarro, della progressione più inusuale, a caccia di un semitono o di un’ottava più su per allontanarsi da soluzioni già sentite.

Il risultato di questa ricerca è un disco che suona come un corpo unico. Le tracce emergono quali passaggi successivi del processo di elaborazione di un ricordo ancora vivo, e fa male, ma esso va progressivamente a sfaldarsi fino a perdere di forma. History, Skin and Bones, Body e Come Back Home sono le tappe fondamentali di un’esperienza amorosa raccontata rigorosamente con verbi al passato.

Al netto di testi piuttosto convenzionali, a dare corpo e sangue a questo organismo sono le produzioni distorte e caotiche di Medicine o Cocoon, ma allo stesso tempo eteree in History e in Skin and Bones, o persino psichedeliche nell’ipnotica Blue Velvet. 070 Shake attraversa questi fondali sonori con una voce dolente che è tutta carne, vizio a volte, una voce vulnerabile.

L’artista spesso racconta di vivere ogni momento come se fosse già alle spalle e di mantenere un certo distacco dagli eventi, ma ascoltando You Can’t Kill Me si fatica a crederle. I brani contenuti nel lotto mostrano ferite a ogni passaggio, e se davvero 070 Shake ha trovato una nuova stabilità emotiva, la trova solo dopo aver attraversato per intero una strada dolorosa con un coinvolgimento che è invece completo.

Non deve essere un caso allora se il titolo originario You Can’t Kill Me Because I Don’t Exist sia stato accantonato per il più sintetico You Can’t Kill Me.

Danielle esiste eccome, e ha sofferto. Forse ora si sente un po’ meglio.