La nuova strada di Pablo – Intervista

intervista Pablo

Pablo, al secolo Paolo Brazza, nasce a Caserta nel 1992. Laureato al conservatorio della cittadina campana, diventa presto amico e poi manager di Speranza, coltivando parallelamente il suo percorso musicale. Dopo alcuni lavori realizzati negli scorsi anni, nel 2021 arriva il momento di un nuovo progetto, culminato con la pubblicazione di Povero Pablo. Il disco incontra diversi generi ma è il rap ad essere dominante, anche per quanto riguarda i temi trattati. Abbiamo voluto scambiare due chiacchiere con Pablo per scoprire cosa c’è dietro questo nuovo esordio.

La nostra intervista a Pablo

Come spiegheresti Pablo a chi non ti conosce? Qual è stato il tuo percorso?
«Pablo è ciò che senti nelle canzoni, è quella sensazione che si prova quando smetti di dirti bugie, all’inizio fa male ma dopo capisci che è giusto così. Io ho iniziato il mio percorso in tenera età, mia madre cantava e anche il padre (mio nonno): lo facevano per passione. Ho ereditato questa fortuna da loro. Ho capito che cantare era la mia strada quando mi sono reso conto che non c’era altro che mi faceva sentire bene come la musica, ho fatto duemila lavori al di fuori della musica anche per molto tempo, ma era solo per sostenermi economicamente».

Come nasce il disco Povero Pablo?
«Prima di questo disco ero inattivo da un po’, reduce da anni di fallimenti musicali, effettivamente prima di Povero Pablo stavo quasi per lasciare tutto, poi si sono presentate delle occasioni che nonostante la paura ho colto e un anno fa ho cominciato a lavorare su questo progetto. Povero Pablo è un sorriso che acceca chi sperava nella mia fine (Odio), è il regalo di chi mi ha annaffiato sperando che fiorissi (Amore), è la paura di non riuscire (Rabbia), è la forza di esternare il mio essere e trascriverlo nelle canzoni (Passione)».

Nella title track dici “ho fatto musica per tutti e non è piaciuta”: a cosa fai riferimento?
«Come dicevo, ho accumulato tanti fallimenti musicali prima di Povero Pablo, non è per niente facile senza mezzi provare ad emergere, specialmente se vieni da una città come Caserta, le possibilità sono veramente poche».

Siamo stati al live di Speranza ed è stato una bomba - Live Report • BUGzine
Credits: BUGzine

Che rapporto hai con Speranza? Avresti mai creduto che sarebbe arrivato dov’è oggi?
«Ugo è un fratello per me, abbiamo condiviso tanti momenti insieme e continueremo a farlo. Non ho mai creduto il contrario, Speranza è da sempre il Re del rap in città, sono onorato di aver contribuito a portare la sua musica in tutta Italia e aggiungo che quello che ha mostrato fino ad ora artisticamente e solo l’inizio!»

Orologio falso narra di una storia realmente accaduta: cosa successe esattamente?
«Anni fa mi bussarono a casa delle persone che mi gridavano di scendere in modo molto nervoso, scesi e mi avviai verso di loro. Erano in due, uno di loro lo conoscevo e non si avvicinò a me, ma l’altro tirò fuori la pistola e me la puntò contro dicendomi di dargli i soldi che gli dovevo. Ovviamente non ero io la persona che cercava e con molta tranquillità gli chiesi quanti soldi voleva: mi disse 80€.

Ringrazio Dio tutti i giorni per aver fermato in tempo chi avrebbe potuto fermare il mio tempo. Il tempo vale più di qualsiasi strumento lo misuri, che sia oro o semplice ferraglia un orologio rimane solo una carcassa. Orologio falso parla di questo: trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, vedere gli occhi di chi non avrebbe esitato a premere il grilletto e lo sguardo da carogna divenuta dolce dopo aver ottenuto ciò che voleva.

Quel momento in cui tutta la vita scorre rapidamente davanti ai tuoi occhi diventa l’occasione per capire il vero valore del tempo e per parlare di come cambia il rapporto con esso. Quando vieni da un posto in cui “a volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame”, come diceva Totò.»

Nel disco parli di strada ma con l’amaro in bocca di chi conosce i risvolti amari di quella vita, sempre più giovani invece inneggiano alla malavita nei brani, raccontandola come una strada da percorrere. Cosa ne pensi di chi ha questo approccio?
«Forse sono stati più fortunati di me, anche se mi sembra strano, io non ci ho mai trovato niente di positivo. Sta di fatto che ogni uno ha i suoi punti di vista. Personalmente “la strada” mi ha insegnato tanto, ma a caro prezzo, carissimo!»

In Milano parli un po’ del mito di questa città che vede da sempre centinaia di migliaia di persone trasferircisi in cerca di fortuna. Al netto dell’offerta di lavoro, credi che sia un po’ sopravvalutata come città? D’altronde Speranza ce l’ha fatta da Caserta…
«Per noi Milano è stata la salvezza, e lei che ci ha chiamato prima di tutti gli altri. Milano mi sta dando la possibilità di cambiare la mia vita, nessun altro posto me l’ha data prima di Milano, ovviamente Caserta è sempre mia madre, la amo e la porto sempre con me».

Il disco ha una malinconia di fondo abbastanza evidente: adesso come sta Pablo?
«Sto bene grazie, sono molto concentrato sul mio futuro».

Che futuro vedi per la scena campana? E il presente? È davvero così unita come sembra da fuori?
«Ci sono tanti artisti che stimo nella scena napoletana, alcuni di loro sicuramente faranno grandi progetti in futuro! Non so risponderti sulla questione dell’unione, stando a Caserta non è che ho avuto contatti frequenti con la scena napoletana, però li vedo molto uniti, sono stato un grande fan dei Cosang, li ascolto ancora molto frequentemente».

Progetti futuri?
«Sono già sul nuovo disco, darò il meglio di me! Grazie di vero cuore».