Madreperla di Guè – Recensione traccia per traccia

Guè

Dallo sfornare classici dell’underground come Mi Fist con i Club Dogo, per poi ridimensionare l’hip hop a Milano con lo stesso gruppo, fino a comporre pietre miliari da solista durante la scorsa decade: cos’altro ha da dimostrare Guè? Una domanda che, incredibilmente, continua ad essere soddisfatta dai lavori dell’autore stesso. Tantissime le volte in cui si ascolta una nuova uscita del rapper e si finisce col dire “Guè lo ha fatto ancora“, ma con Madreperla la storia va oltre le aspettative.

Da Mr. Fini del 2020 Guè ha deciso di entrare in una forma musicale dove l’hip hop è sempre più protagonista, rispetto alle venature pop o trap che oggi straripano nel mainstream urban italiano. Il mixtape del 2021 Fastlife 4 si è imposto con successo come una schietta dichiarazione di intenti.

Guè nella cover di Madreperla si fa trovare in un luogo-simbolo della sua città Natale, la Galleria Vittorio Emanuele II, con l’outfit in citazione a Nino Brown, protagonista della pellicola-culto New Jack City. Questo tipo di citazioni scannerizzano la profondità intellettuale che Guè possiede quando si parla di hip hop. Il suo talento nella musica parla da sé. Uniamo a questi fattori uno degli artigiani migliori della musica rap, Bassi Maestro, che decide di dedicarsi alla produzione di una delle uscite più importanti della sua carriera, sommando il suo genio sonoro alla sua illimitata knowledge musicale, per un progetto fatto con passione.

Guè al microfono e Bassi alla produzione sono un dream team che già ci aveva deliziato di tracce come Pequeno, intro del disco Vero, o nel brano ispirato ai suoni della West Coast Fast Life, contenuto in Fastlife 4. Il potenziale di questa unione è immenso, e nel disco è pienamente raggiunto.

Madreperla di Guè è un disco culturale: recensione

Il disco è fuori dai canoni odierni del rap italiano mainstream, soprattutto perché non è semplicemente un disco rap, è un disco di autentico stampo hip hop. Dall’estetica ritratta, i campionamenti, i riferimenti musicali, le performance del Guercio, tutto spinge verso una direzione diversa dal rap trendy del momento, a favore di un contenuto più autentico e originale, tendente al rap formalista. Il risultato è egregiamente riuscito nella sua qualità ed unicità. Se Marracash ha avuto il suo Persona, questo disco può essere l’equivalente per Guè: un qualitativo blockbuster di autentica definizione artistica dell’autore.

Che Guè fosse particolarmente in forma lo si poteva intuire dalle sue apparizioni come featuring che hanno preceduto il disco: tra tutte 6 Mesi di TY1. Con una poetica intro cantautorale di Franco126 ed un’esecuzione incriticabile del rapper napoletano J Lord, sopra una produzione bella forte Guè ha offerto una delle strofe più incisive della sua carriera, dove evidenzia una verità non banale sul suo percorso:

Quindici anni di carriera, pesce tostoL’unico rapper che non si è ancora fatto rubare il posto

La consistenza che ha mantenuto tra gli anni è ciò che rende Guè fisso vincitore annuale di un campionato dove gioca da solo. Con Madreperla l’impresa vera è stata superare un’aspettativa altissima posta sul suo nome, saldo tra i più gettonati da decadi.

Musicalmente è un album hip hop tradizionalista, ma a differenza del “bianco e nero” di Fastlife 4, Madreperla è colorato da molteplici influenze nelle varie tracce, provenienti da generi tra cui la disco music, la dancehall, l’R&B. Il panorama musicale dell’album esplora diverse sonorità hip hop mantenendo una coesione sonora: Il lavoro fatto da Bassi è un totale “pezzo di bravura”. La profondità di suono funge da carta più vincente di un album magistrale. È uno di rari casi nel rap italiano dove il disco non ha nulla da invidiare a paralleli progetti americani, chiaro esempio: Da 1k In Su (ma di questo ne parleremo dopo).

Ciò che rende Madreperla magistrale, oltre al suo valore musicale, è proprio il fatto che si tratta di un album culturale. Non è un prodotto del momento, è un prodotto che va oltre al momento. La nostra speranza è che un lavoro del genere scuota il panorama urban nostrano alla portata del grande pubblico, verso un’essenza, un suono, un approccio musicale e un’attitudine necessaria, che col tempo purtroppo si è sbiadita.

Il disco contiene dodici tracce, per una durata essenziale ed incisa: andiamo ora ad analizzarlo traccia per traccia:

Prefissi

Accompagnato da uno stellare video musicale, in Prefissi Guè apre le danze rappando su un’ottima, scura e schietta strumentale funkeggiante:

Brother, è da sempre che sto in mezzo a ste robe
Non per finta, non per metterlo su Insta

Segue una delle performance più tecniche del disco, dove il Guercio cita numerosi prefissi telefonici internazionali, per poi spiegarne come ci è collegato, tra affari loschi e stile di vita veloce.

Nel brano ricalca la sua gloria di strada, dichiarandosi una minaccia per chi gioca nel suo stesso campo del crimine, senza averne la stoffa. Il brano è puro “bosseggiante” gangsta rap, dove Guè mostra la sua forma smagliante. Nel ritornello si sente un’influenza ai primi lavori di 50 Cent, mentre l’arrangiamento del beat ricorda produzioni come B*tch Please di Snoop Dogg.

Prefissi è una gemma che imposta su che piano musicale sta il disco, aprendo le giostre in maniera ottima.

Tuta Maphia

Primo brano composto per l’album da Guè e Bassi, nonché motivo della genesi di tutto il disco, Tuta Maphia è un pezzo meraviglioso. La produzione è massacrante: giro di piano dal tocco malandrino, abbinato alle liriche gangsta, con batterie schiaffeggianti. Il sound è old school, col boom bap, mantenendo un suono che risulta contemporaneo. Il ritornello spinge,e la strofa di Guè continua le tematiche del precedente, mantenendone la fotta e l’alto livello lirico:

Ogni giovane di strada mi è devotoQuanti rapper ho trapassato come il remoto

Condannando i rapper che recitano ruoli da fake gangster e le usanze di moda nel rap più contrapposte ai valori radicati nella cultura, Guè rivendica con prepotenza il suo ruolo nel gioco. Il ruolo della seconda strofa è stato affidato a Paky, uno che nelle rime, nella tecnica, nello stile, ed in generale nella massa artistica, non riuscirebbe a tenere testa gareggiando con capisaldi come Guè, o altri rapper con un imprinting tecnico. Questo tipo di artisti non sono stati chiamati nel disco (ad eccezione di Marracash per un ritornello) e, in tracce come questa, avrebbero potuto presumibilmente elevare il valore artistico della canzone. Tuttavia, a giudicare dalla gamma di collaborazioni optata per il disco, si percepisce come nel progetto ci fosse una volontà di unire la cultura hip hop autentica alle nuove generazioni e, in ogni caso, nulla delegittima al brano il fatto che sia una manata devastante.

Mi Hai Capito O No?

Madreperla continua la sua scia meravigliosa con uno dei suoi apici: Mi Hai Capito O No?. Un brano splendido, dove la strumentale contiene un diretto sample dell’arrangiamento musicale dell’omonimo brano del 1981 di Ron, cover della più celebre I Can’t Go For That degli Hall & Oates. Con l’aggiunta di uno scratch superbo, il brano è lucente, iper-ballabile, immerso in affluenze provenienti dalla musica disco. Il testo offre uno storytelling di Guè su una ragazza, incontrata in una Chinatown, che riesce a gestire a suo piacimento le emozioni del rapper, nonostante le abilità di quest’ultimo come latin lover e uomo di strada di successo:

Rispetto in ogni distretto
Pensavo fossi in love col mio flow ma mi sveglio da solo nel letto
Ti rivedrò sfrecciare sopra un Range
Ma oggi non piange la tua revenge

L’iconografia dipinta nel testo è limpida e cinematografica, mantenendo la leggerezza del contenuto, ciò va a dimostrare le capacità mostruose della penna del Guercio. Tra la citazione lirica ad Alan Sorrenti e il caratteristico ritornello con la voce campionata di Ron, è super-lodevole anche il freschissimo connubio tra hip hop dalle vibrazioni anni ’80, col tributo alla musica italiana dello scorso millennio che ha tracciato la cultura pop del nostro Paese. Questo pezzo è brillante, universale, trasversale e attempato, senza aver bisogno di una profondità di messaggio alla Brivido. Sicuramente uno dei momenti più vincenti dell’album.

Cookies N’ Cream

Tributando l’hip hop da club anni 2000, Cookies N’ Cream si rifà al sound reso iconico da classici come Candy Shop di 50 Cent e Yeah! di Usher. È chiaro come il fulcro del brano sia l’esercizio di stile e l’attacco di Guè è esemplare. In un brano del genere, dove l’impegnativa lirica passa in secondo piano, a pieni voti prende spazio il lato più burlesco del Guercio (alla Il ragazzo d’oro), marchio di fabbrica del suo stile:

Tolgo questo ice dal frigo
Vuole farmi assaggiare come Bello Figo

Cookies N’ Cream è originale e orecchiabile, mantenendo l’ambizione di tradurre culturalmente formule musicali dell’hip hop a stelle e strisce. La scelta di far apparire una rapper femminile come Anna, in una club banger edonista del genere, cerca – con le dovute proporzioni – di riprendere il ruolo che una Missy Elliot aveva in Work It. La strofa il suo, ad eccezione di certe evitabili doppie voci urlate. Sfera Ebbasta chiude il brano offrendo esattamente il lavoro richiesto, con un puro esercizio di flow scorrevole, melodioso ed egregiamente riuscito.

Need U 2nite

Bassi merita una standing ovation da tutto il panorama musicale italiano per aver prodotto certi capolavori di strumentali come questa: soffice ed elastica, dominata da un magnifico campionamento vocale del brano soft rock del ’79 Stay With Me Till Dawn di Judie Tzuke. Massimo Pericolo nella prima strofa introduce la tematica del brano:

Mi ero perso
Senza una stella in tutto l’universo
E lo sono diventato io stesso

La strofa di Pericolo è profonda e riflessiva: la solitudine e l’alienazione dal proprio contesto sociale sono temi che vengono affrontati in modo motivazionale, dove le soluzioni proposte a questi traumi e dilemmi sono la fiducia in sé stessi, la perseveranza, il credere nelle proprie volontà rispettando le proprie scelte. Gran bel messaggio. Guè offre invece una prospettiva più pessimista dove non vede via d’uscita dagli ambienti deleteri per la sua vita, che hanno segnato in lui una tendenza quasi irrisolvibile nel fare la cosa sbagliata. L’unica soluzione che vede è in una situazione amorosa che però si sta avvicinando alla fine. Need U 2nite si certifica come un vertice di vulnerabilità e produzione in Madreperla.

Léon (The Professional)

Ispiratosi all’omonimo film francese, risulta uno dei brani più generici della tracklist. Il contenuto gangster del disco viene affrontato senza infamia e senza lode. Il beat è incassante ma, forse, è quello che meno lascia il segno rispetto alle strumentali da cui è circondato. . Per quanto il disco sia inciso, Léon dà l’idea di “canzone da riempimento”. Se Tony contenuto in Santeria era colmo di citazioni al film che dava il nome al brano, qui le citazioni al film che lo intitola sono estremamente minimizzate, tanto che non viene nemmeno mai pronunciato il nome “léon” nel brano.

All’ombra del Sempione, pimpin’ in Milan
Dopo solo due parole siamo già andati di là
Come Nipsey faccio hustle
Prendo questa pussy al balzo

Considerando l’assenza di un contenuto vero e proprio, il pezzo gioca più da esercizio di stile, tuttavia anche in questa prospettiva è abbastanza povero. Le rime giocano facile con l’utilizzo massiccio dell’inglese e i giochi di parole non sono più di tanto ingegnosi. La durata è abbastanza breve e nemmeno a livello ritmico riesce ad imporsi. In Madreperla può essere considerato uno degli skip più facili.

Free

A proposito di Santeria, la coppia Marracash e Guè torna nella vincente Free. Il testo ruota attorno a un’importante critica al dominante pensiero del politicamente corretto. Nella sua strofa Guè evidenzia l’ipocrisia di chi finge di combattere battaglie che non gli interessano per apparire eroico all’occhio pubblico, sottolineando quanto questi valori siano sostenuti da gente che “predica bene ma razzola male”:

Sto qua per il montepremiTu mangi fried chicken mentre fai body-shamingE i moralisti fanno strisce, sì, sono così scemiChe postano di Black Lives Matter, ma in realtà odiano i neri

Un rimprovero, pungente e diretto, verso la società basata sull’apparire dei social media, che arriva a toccare la paranoia dell’artista riguardante il mondo in cui crescerà sua figlia. Questa paranoia è dettata da un’ottica dove, ai tempi di oggi, non si viva in un mondo progredito ma sempre più cinico e dittatoriale nei suoi standard contraddittori. Un’analisi interessante, che se facesse spuntare riflessioni individuali all’ascoltatore, agirebbe sicuramente con un tocco estremamente nobile. Il ritornello è gestito da Marra, riassume questo concept in modo orecchiabile, sopra un beat classico con lievi sprazzi di chiptune. Il livello musicale del brano viene declassato quando inizia Rkomi, con l’arrangiamento del beat che retrocede per adattarsi al mondo musicale di quest’ultimo, per una strofa poco memorabile ma comunque di livello superiore rispetto i suoi recenti standard.

Mollami pt.2

Primo singolo estratto dal disco, segue il filone dei brani dancehall di Guè, come Insta Lova, Milionario, Guersace e Oro. Il brano è super ballabile e vivace ed è il modo perfetto per far respirare il disco al di fuori di batterie incassanti e strofe impegnative. Casca facilmente all’orecchio come sia un rifacimento del brano Here Comes the Hotstepper di Ini Kamoze, interpolando la melodia del ritornello. Con accezioni di g funk nel synth portante, è uno dei brani ritmicamente meglio riusciti tra questa categoria per il Guercio. Fa chiaramente da sequel all’omonimo contenuto in Vero, che invece presentava sonorità molto rimandanti alla stilistica di artisti come Tyga e DJ Mustard.

Mo-mo-mollami, se poi mi parli solo di soldi
Attirerei soltanto la guardia e i balordi
Mentre tutti gli altri rapper sono in danger
Tengo la collana, brillo in mezzo alla gente

Quando il rapper si avventura nella dancehall, si sente che ha un bagaglio culturale abbastanza saldo sul genere che gli permette di farlo bene e Mollami pt.2 rientra sicuramente tra le dimostrazioni più chiare. Questa ramificazione, inusuale nel panorama urban italiano ma massiccia nel panorama della musica black mondiale, è genuina e spesso ben riuscita, dando valore e carattere all’artisticità di Guè.

Lontano dai guai

Mahmood era apparso in Sinatra nella traccia bonus Doppio Whisky e in Mr. Fini nel brano pop-rap Tardissimo. Entrambe le collaborazioni sono uscite di buona fattura ma a questo giro i due hanno fatto un vero e proprio capolavoro. A volte capita che nella sua musica Mahmood sminuisca la sua voce per innocui singoloni pop che non valorizzano a pieno il suo talento: qui Guè ha tirato fuori il meglio dal cantante. Un’esecuzione vocale R&B spettacolare, che flette le enormi capacità vocali di Mahmood, tra cui il suo delicato falsetto d’oro. L’emozione traghettata dalla voce del cantante fa da contorno spesso alle strofe di Guè, dove affronta tribolazioni sulla sua vita privata, tra fama e il suo stile di vita edonista, scavando a fondo in un’introspezione toccante:

Mio padre se ne è andato senza vedermi che riempivo il Forum
Nessuna donna mi ha riempito il cuore
Notte indimenticabile, dimenticherò todo
Il club è pieno ma io sono vuoto

Bassi merita i suoi fiori per aver creato un altro capolavoro di strumentale, dal carattere soft, accarezzando soul e jazz. Lontano Dai Guai è sicuramente uno dei momenti più preziosi della carriera di Guè.

Chiudi gli occhi 

L’unica traccia che presenta alla produzione delle mani aggiuntive a quelle di Bassi, ossia quelle di  Shablo, e si sente. Chiudi gli occhi è il momento più pop del disco, e contiene un intelligente campionamento di Amore impossibile dei Tiromancino, che eleva a momenti il brano dal classico pop-rap radiofonico dove ristagna. Nelle strofe il rapper si esibisce con stile nel narrare le complicazioni di una storia d’amore in prima persona:

Ogni sera uguale
Quella palla di fuoco che si spegne nel mare
Io me ne vado a male
Ferite con il sale, lo senti dalla voce nello stereo
Che sono high come un aereo

Il ritornello ha una melodia in pieno stampo pop contemporaneo italiano. È abbastanza prevedibile ed edulcorata con una doppia voce femminile (di Rose Villain, che ce ne ha parlato qui) posta a correggere la voce primaria del Guercio, non abbastanza intonata per questo tipo di ritornello. Al di fuori del campionamento dei Tiromancino questa canzone di qualitativo non offre più di tanto. È una traccia che troverebbe sicuramente posto nelle radio e nelle AirPods di giovanissimi che magari non riescono a digerire il resto dell’album: ciò la porta ad essere un pochettino fuori contesto.

Da 1k in su 

Era il 2015 quando aprendo la classifica di iTunes dal mio tablet trovai tra le prime posizioni un pezzo di Guè con Akon. La mia reazione fu quella di esclamare “cosa!?“. Collaborazioni internazionali con artisti del genere erano completamente inedite, bisogna dare credito a Guè: tra le tantissime cose che ha importato con la sua presenza nell’hip hop italiano, il featuring con la star dell’hip hop americano è una di quelle. Nonostante questo, Interstellar (nome della collaborazione con Akon) non era propriamente un fiore all’occhiello nel disco che la conteneva (Vero). Era palpabile come fosse un’unione forzata, quella produzione non era roba da Guè (difatti la canzone era uno scarto di Jason Derulo), e il testo, sebbene ben scritto, faticava in maniera evidente a scorrere sul beat. L’unica cosa che rendeva la combo un attimino reale era l’intro dove Akon cantava: “Akon and g pequeno!“. Comunque sia, era l’inizio di qualcosa che col tempo ha trovato sempre più spazio nel nostro music business, tra Sfera che collabora con Quavo e Lazza che duetta con Tory Lanez. Tuttavia queste collaborazioni spesso hanno il tono di compitino fatto dall’artista americano unicamente per soldi.

Oggi è il 2023 e Guè resta avanti agli altri. Da 1k In Su contiene il featuring di Benny the Butcher, astro della Griselda Records, ma qui non si tratta di “featuring internazionale”, qui si tratta di featuring vero e proprio. Il brano si apre con Guè citare proprio l’anno in cui collaborò con Akon, dicendo:

Nel 2015 ho fatto il primo milioneTu hai fatto la galera, bravo coglione

Bassi ha fatto un lavorone per un beat opaco, in piena concezione dell’unione di stile dei due rapper. Ma soprattutto il beat non ha nulla da invidiare a nessuna produzione di Tana Talk 4 (ultimo album di Benny the Butcher), anzi potrebbe essere benissimo una strumentale di quel disco, facendosi spazio tra le altre. Questo ha portato Benny a fare una strofa vera, di livello, d’impegno, che coronata assieme allo street rap eseguito al top di Guè, crea una delle collaborazioni internazionali musicalmente più memorabili dell’hip hop italiano.

Capa Tosta 

Il disco si chiude con Capa Tosta, brano che strizza l’occhio al sound newyorkese, dove Guè esplora il suo lato più romantico. Il pezzo figura la collaborazione con la nuova uscita discografica Napoleone, cantautore salernitano, che esegue ritornello e outro, fondendo R&B e canzone napoletana:

Santa Maria, come baci bene
Sotto ‘a stu cielo ‘e stelle
Nun succede ca nun succede,
Ma io so capa tosta

La collaborazione ricorda parallelismi americani come Puff Daddy e Usher in I Need a Girl, oppure Twista e Chris Brown in Make a Movie, per una formula musicale stra-usata negli USA, che in Italia è presente solo a strascichi. La combo è senza dubbio trionfante, con Guè che flette il suo flow con spaventosa naturalezza e Napoleone che si esibisce confidentemente in un ritornello abbastanza impegnativo. Una cosa, però, suscita particolare curiosità. Il timbro di voce, lo stile di canto R&B, l’unione di frasi napoletane e inglesi: sono tutte cose in cui, questa nuova uscita Napoleone, è incredibilmente simile al cantante di identità anonima Liberato. Le opzioni sono due: o dietro a Liberato si cela l’identità di Napoleone, o quest’ultimo si è impegnato parecchio per fare un’imitazione alla Tale & quale show del più famoso artista.

Guè Bassi Maestro Madreperla

In conclusione, Madreperla si certifica immediatamente come una delle uscite più importanti del rap italiano degli ultimi anni, arrivando ad essere considerato da una buona fetta del pubblico, già a pochi giorni dall’uscita, come l’album migliore pubblicato durante la carriera solista del Guercio.

In questo risultato è stato imprescindibile il lavoro di Bassi, che ha dato all’album quello che potrebbe essere discusso tra i tappeti musicali migliori del rap nostrano.

Guè ha detto che Madreperla è il disco che ha sempre voluto fare, che con la sua creazione si è trasformato in un sogno realizzato. Sotto questa prospettiva i desideri del pubblico e dell’artista si sono incontrati nella realtà con Madreperla.