Chiodi: l’album di Kaos che va oltre al tempo

Kaos One
Foto di James Beghelli

Da poco è uscito Chiodi, l’ultimo progetto di Kaos. Ogni volta che una leggenda vivente come lui realizza un disco occorre prendersi un po’ di tempo, ascoltare bene il progetto e infine provare a riassumere le emozioni che ci ha lasciato. Ci abbiamo provato con questa recensione, senza presunzione di avere la verità in tasca, ma raccontando con sincerità quello che Kaos tuttora rappresenta per noi.

Kaos: con Chiodi riesce a lasciare la sua eredità artistica in un progetto destinato a restare

Per valutare un progetto occorre sempre andare al di là delle canzoni o dei ritornelli che al primo ascolto ci restano in mente. Chiodi è un disco molto complesso, che esce in un periodo molto complesso della musica. E probabilmente il maggiore punto di pregio di questo è proprio riuscire a distaccarsi dal momento in cui viviamo. O meglio, riesce a cogliere tutte le complicazioni e le difficoltà del momento per buttarle fuori in 37 minuti di rime, fatte per restare anche una volta che il periodo sarà passato.

Il valore di un nuovo progetto di Kaos

Partiamo con ordine. Perché diciamo che ogni progetto di Kaos merita un’attenzione particolare? In primo luogo per la sua storia e il suo impatto nella scena rap italiana.

Se hai più di 25 anni, probabilmente Kaos è il motivo per il quale il tuorapper preferito ha preso in mano un microfono. Quindi per prima cosa occorre avere rispetto per la storia ed ascoltare bene ogni sua rima, perché se ha dato tanto alla scena, un motivo c’è.

In secondo luogo per l’ambizione. Perché un uomo Over 50 non è così scontato che riesca ad avere la fotta e la i contenuti per mettersi in gioco e ributtarsi dentro alla scena. Scena che lui stesso ha contribuito a generare, ma che probabilmente, sta facendo finta di essersi dimenticata di lui. Kaos invece sceglie ancora di mettersi in mostra, addirittura di mettersi a nudo, con un progetto personale ed anacronistico. Segna la presenza nella scena, ma allo stesso tempo riesce a mantenere le distanze.

Ovviamente nel corso di trent’anni l’ambiente è cambiato tantissimo per suono, concetti, contenuti e apprezzamento da parte del pubblico. Quando Kaos ha iniziato e ha pubblicato i suoi dischi di maggiore impatto, non esisteva un mercato musicale, non c’era neanche l’ambizione di poter far soldi con il rap né tantomeno di poter arrivare a un pubblico ampio e variegato quanto il rap di oggi riesce a fare.

Ma il rap di oggi, cos’ha in comune con il rap di Kaos? Probabilmente poco o niente. Ed è per questo che un disco come Chiodi, nato con i canoni del rap di Kaos riesce ad avere un valore aggiunto, che va al di là delle rime e dei beat.

L’attitudine di Kaos si conferma in Chiodi

Kaos One ha sempre avuto un’attitudine speciale nel momento in cui prende in mano il microfono. Riesce in qualche modo a buttare fuori la sua cattiveria, a sfogarsi contro la società in maniera quasi impersonale, in modo che l’ascoltatore riesca a immedesimarsi.

Facciamo un esempio, proprio con un estratto di Chiodi, The Outsider:

Qua c’è qualcuno che nessuno può comprendere
Qualcuno che aspetta, qualcuno che non può attendere
Qua c’è qualcuno senza nulla da difendere
Qualcuno con più tempo che parole da spendere
Non te la prendere, questo è il presente
Per qualcuno sei tutto, per qualcuno un perdente
Però è opportuno che qualcuno tenga a mente
Che se adesso sei qualcuno è perché qualcuno è assente

Kaos tramite barre personalissime e intime crea qualcosa in cui sicuramente Qualcuno riesce ad immedesimarsi. Proprio ripetendo ossessivamente la parola Qualcuno, questa traccia è chiaramente emblematica, ma tutta la sua discografia è costellata di barre scritte con l’intento di poter essere immedesimate dagli ascoltatori.

In Chiodi l’attitudine di Marco Fiorito si conferma, esattamente con gli stessi stilemi, riuscendo a realizzare il suo rap esattamente come ha sempre fatto, senza snaturarsi per ottenere la delivery del suo messaggio. Utilizza un sistema, se vogliamo antiquato, ma sempre efficace e in grado di emozionare chi con questo tipo di rap si è approcciato alla musica.

I contenuti di Chiodi: la capacità di creare un disco di rottura senza cadere nel banale e nell’attualità

Anche in Chiodi, Kaos riesce a fare un rap di rottura, hardcore allo stato puro, con barre e cattiveria, senza mai sfociare nel banale. Perché occorre riconoscerlo: il rap hardcore delle volte rischia di diventare una caricatura di sé stesso. Voler forzare rabbia, cercando ogni volta la barra più cattiva della precedente, delle volte rischia di diventare stucchevole e poco realistico. Al contrario lui misura ogni parola per riuscire a buttare fuori tutto quello che pensa senza mai passare il confine o correre il rischio di risultare ridicolo. E questa è una grandissima dote di Kaos, che a 50 anni suonati è disposto sì a mettersi in gioco ma senza commettere mai errori.

Altra dote di Kaos, difficilissimo per un disco rap hardcore nel 2022, è quello di non legarsi a faccende o situazioni di attualità. Perché lo sappiamo benissimo: rappare contro il governo del momento o le restrizioni (come quelle del Covid-19) sarebbe quasi troppo facile per uno come lui. Fare tracce o singole barre legate all’attualità ha sicuramente un grande impatto nell’immediato, ma finiscono per essere dimenticate o ridimensionate una volta che il tema in questione esce dai radar delle notizie.

Sicuramente Kaos da questo periodo surreale che abbiamo vissuto ha preso numerosi spunti. La sua abilità è stata quella di incanalare questi spunti all’interno del suo rap senza mai spiattellarli in maniera palese o pacchiana. Questo fa sì che i suoi brani non risultino legati al momento che stiamo vivendo o abbiamo appena vissuto, piuttosto sono fatti per restare. Una milestone per chi verrà dopo.

La tracklist e i beat di Craim

Il valore di un disco ovviamente non dipende solo dal rap, ma anche in buona parte dai beat e dal modo in cui le tracce vengono proposte nel disco. Chiodi è un disco curatissimo anche da questo punto di vista.

Craim si supera con i beat riuscendo a scovare tracce da campionare e inserire come sample, talvolta nella costruzione del beat, altre volte sfruttandoli per creare ritornelli o bridge. Inoltre mostra una sintonia incredibile con Kaos, oggi come negli ultimi due dischi.

Tornando a Chiodi, il disco è obiettivamente breve, per alcuni anche troppo, dopo un’attesa di 7 anni dal disco precedente. Secondo il punto di vista di chi scrive invece è la durata ideale per far sì che l’ascoltatore possa sentirlo dall’inizio alla fine, rispettando la tracklist decisa dall’artista, senza stancarsi. Perché un disco rap hardcore come questo, occorre riconoscere che abbia una pesantezza intrinseca, che a lungo andare potrebbe stancare. Kaos invece vuole che restiamo fermi ad ascoltare quello che ha da dire per 37 minuti. Se cercate un disco da ascoltare per riempirvi le giornate, forse non è il disco per voi.

Il disco è strutturato con una tracklist ben precisa. Si apre con Boris Karloff, omaggio all’attore che interpretava Frankestein, campionando la gettonatissima UFO degli ESG. Nonostante questa traccia sia stata utilizzate tantissime volte nel rap, ci piace immaginare che Craim abbia preso come spunto Who I am di Pusha T. La traccia di apertura infatti ricorda il concetto di “Voglio essere esattamente chi sono” di cui rappava Pusha nel 2013.

Prosegue poi con altre dieci tracce, in cui spicca il singolo Titanic, di cui vi abbiamo già raccontato la spettacolarità del beat che richiama l’S.O.S. lanciato in codice Morse e le tracce con i featuring, che sicuramente gli ascoltatori avranno apprezzato.

L’uomo dei sogni vanta il feat del Colle Der Fomento, Una ballata disincantata, incentrata sui sogni che non sempre si realizzano. Troviamo poi i DSA Commando in Quarta Parete, uno dei gruppi che probabilmente è riuscito meglio a portare avanti il concetto di rap hardcore introdotto da Kaos nei ’90.

Difficile scegliere la traccia preferita del disco, perché la tracklist è livellata bene e non ci sono tracce che spiccano o altre che sfigurano. Degna di nota però è la traccia di chiusura del disco: Ultima Necat.

Il titolo è tratto dalla locuzione latina Omnes feriunt, ultima necat che sta a significare “Tutte feriscono, ma l’ultima uccide“. L’ultima traccia infatti punta a dare il “colpo di grazia” all’ascoltatore barcollante dopo le prime dieci tracce di rap puro. Questa traccia sarebbe da far studiare a tanti rapper o presunti tali. In pratica, grazie al featuring con Marco Fiorito ovvero sé stesso, Kaos riesce a creare un dialogo fatto di domande e risposte, tra l’uomo e l’artista, fino al punto di fondersi, in quanto Kaos e Marco  sono l’uno una parte dell’altro.

L’uno non esisterebbe senza l’altro e viceversa.

Conclusioni

Chiodi è obiettivamente un disco che riesce a staccarsi dal tempo, sia per i testi che per i beat.

Un disco rap dagli ottimi contenuti che potremmo provare ancora tantissimo piacere a riascoltare anche tra tanti anni. La prova vivente che attitudine e contenuti, uniti a beat perfetti per l’MC, oggi come trent’anni fa possono avere un impatto enorme.

Kaos rientra nella scena solo per farci notare che lui ha sempre fatto un campionato a parte e se avrà voglia di darci un altro capitolo della sua discografia, continuerà a farlo.

Foto in copertina di James Beghelli x Bolo 5tate of Mind Store