Intervista ai Romanderground: il nuovo album Palingenesi e la ricerca della rinascita

Romanderground

Dopo cinque anni di silenzio, i Romanderground sono tornati con un nuovo album intitolato Palingenesi, disponibile dal 14 aprile su tutte le piattaforme digitali e pubblicato da Music Against the Walls. Il trio rap capitolino, composto da Prisma, Mister T e Dj Snifta ha lavorato a stretto contatto con Squarta e Gabbo (Cor Veleno) per realizzare un disco che rappresenti una nuova fase nella loro carriera.

Abbiamo avuto l’opportunità di realizzare un’intervista ai Romanderground per saperne di più sul processo creativo dietro questo album e la loro evoluzione musicale.

Romanderground e il nuovo disco Palingenesi: la nostra intervista

Palingenesi è un disco di rinascita, che racconta un percorso esistenziale e a tratti spirituale, con una ricerca di contenuti e citazioni che si riflettono nelle liriche e nei suoni potenti e moderni. Rispetto al precedente Amor&Odio, il linguaggio è più diretto e indirizzato all’ascoltatore, con un messaggio di speranza e l’incitazione alla rinascita. La scelta delle metriche e delle produzioni melodiche di Squarta e Gabbo sottolinea l’evoluzione del gruppo, che ha voluto tornare sulla scena con un approccio più maturo e un messaggio potente.

Le collaborazioni presenti in Palingenesi sono poche ma accuratamente selezionate, con la partecipazione di artisti affermati come Danno dei Colle Der Fomento e il veterano Hyst, oltre a interpreti più giovani come William Pascal e Beatrice Gatto. Non perdetevi la nostra intervista  in cui il gruppo ci racconta il dietro le quinte della creazione del loro ultimo lavoro e le loro aspettative per il futuro.

Ciao ragazzi, citando i Colle: dove siete stati tutto questo tempo?

Mister T: «La distanza che separa Amor&Odio da Palingenesi è di quasi 6 anni anni. Sappiamo che è un lasso di tempo enorme considerata la velocità a cui viaggiano oggi le notizie musicali e le uscite di album. Il primo anno e mezzo dall’ uscita di Amor&Odio lo abbiamo passato suonandolo dal vivo in più di 22 città e località Italiane, tutto da indipendenti, il che come puoi immaginare, vuol dire anche il triplo della fatica. Le energie e le soddisfazioni con cui quel disco ci ha ripagati sono state tali da spingerci a voler progettare e scrivere un nuovo album. Perché così tanti anni? Potrei dirti “la pandemia”, ma la verità è che tutto il tempo trascorso, pandemia compresa, è stato necessario per realizzare come evolvere nella nostra dimensione musicale.

Abbiamo cercato di capire come continuare a fare musica, evitando di tornare sulla scena con un Amor&Odio pt.2 ma con un prodotto che rappresentasse a pieno la nostra evoluzione e rispondesse alle nostre esigenze umane e artistiche. Palingenesi è la sintesi perfetta di questa ricerca.Una ricerca durata sicuramente a lungo, ma che ci è valsa la pena di prenderci tutto quel tempo, perché è servito a ritenerci pienamente soddisfatti del lavoro svolto. Speriamo che lo siano anche gli ascoltatori.»

In quanto tempo è nato il disco? Avete raccolto pezzi nel corso degli ultimi sei anni o è un lavoro più recente?

Mister T: «Come ti accennavo prima il lavoro ufficiale a questo disco è iniziato circa 1 anno e mezzo dopo l’uscita del nostro precedente album. Nel 2019 una telefonata di apertura, seguita da un primo incontro e scambio di visioni con Squarta e Gabbo, ha portato all’inizio della lavorazione di questo progetto. La prima canzone che abbiamo scritto e che ha dato il via alla lavorazione dell’album, in termini di suoni e di concetti, è stata I sentieri del CAI. Nel primo anno ci vedevamo spesso con Squarta e Gabbo.

Circa una volta a settimana eravamo a Fidene al Rugbeats Studio lavorando all’album. La pandemia e lo stop forzato dell’anno seguente, hanno sicuramente interrotto quel flow. Durante la pandemia, per non restare del tutto fermi abbiamo lavorato ad un side project su strumentali americane Quarantena Diaries. Un minitape iniziato in casa e terminato in studio che abbiamo pubblicato nell’estate del 2020. Abbiamo ripreso i contatti e il lavoro con Squarta e Gabbo verso la fine di quell’anno e da quel momento ci è voluto circa un altro anno e mezzo per chiudere la scrittura di alcuni brani e le registrazioni di tutto il disco.

Il restante tempo rimasto, è stato quello che ci è servito per preparare al meglio ogni tassello del disco nell’ottica dell’uscita e ci ha dato modo di creare un bel percorso di racconto e di uscite mirate dei vari singoli, fino a questo momento. Ora siamo pronti per il pubblico.»

Come avete scelto le collaborazioni al microfono?

Prisma: «Per le collaborazioni, abbiamo coinvolto semplicemente gli amici con cui condividiamo palchi e situazioni da anni. Sicuramente volevamo dei ritornelli cantati. Beatrice Gatto ci ha “svoltato” il brano su Arpanet. Il suo ritornello è devastante e lascia un messaggio che è addirittura più potente delle strofe. È stata pazzesca. Con Hyst ci si conosce artisticamente da anni e personalmente è la voce maschile della scena, che nel cantato non ha rivali.

Volevamo collaborare assolutamente con lui sul singolo Palingenesi perché oltre ad essere un grande cantante è portatore di messaggi importanti a livello di disciplina della coscienza. Volevamo poi, ovviamente, dei rapper. Sia con William Pascal che con il Danno era già da anni che si parlava di fare un pezzo insieme. Ne erano passati troppi e questo disco è stata l’occasione giusta.»

Da un punto di vista strettamente musicale mi sembra un progetto più completo, anche a livello di strumenti, rispetto ai vostri dischi passati. È effettivamente così? Se sì, come siete arrivati a questo nuovo suono?

Prisma: «Assolutamente si! Dopo l’uscita di Amor&Odio, è nata in noi la voglia di rinnovare contenuti e linguaggio. Volevamo raccontare qualcosa di più personale e con mio fratello, abbiamo deciso di mettere su carta proprio i nostri interessi in comune: la spiritualità e la psicologia. Nel disco non mancano di certo i pezzi più “Rap” nel senso stretto del termine, ma sempre con delle piccole citazioni o riferimenti alla crescita personale. Partendo da questo, un  rinnovamento anche a livello musicale é stato necessario.

Squarta e Gabbo hanno accolto le nostre idee e hanno prodotto delle strumentali perfette per noi, limitando l’uso del campione e cercando di “creare da zero” il più possibile. Avevamo delle reference musicali, dei target da raggiungere e ogni volta ci confrontavamo al Rugbeats Studio con loro. Probabilmente è stato uno dei processi più creativi che abbiamo mai sperimentto a livello musicale.»

Come è nata l’idea del singolo I sentieri del CAI?

Prisma: «Sono un appassionato di trekking. Mi piace camminare tantissimo e appena ne ho l’occasione, sono in mezzo alla natura, su qualche montagna. La voglia di inserire questo aspetto della mia vita in un testo, anche solo come metafora, mi stuzzicava da tempo e così ho proposto il concept ad Andrea, che ha scritto un ritornello bellissimo. Il CAI (Club alpino italiano) rappresenta l’associazione per eccellenza che scopre e segna i sentieri di montagna (e non solo) per facilitare il cammino di chi verrà dopo. Mi piaceva l’idea di poter tributare chi ha aperto un sentiero per noi e la fatica che serve per aprirne di nuovi…»

C’è un pezzo del disco a cui tenete particolarmente?

Mister T: «Personalmente non c’è un pezzo a cui sono più legato rispetto ad altri. L’album è un racconto dall’inizio alla fine, può avere vari livelli di interpretazione, ma i brani sono tutti strettamente correlati e in qualche modo connessi tra loro. Ogni pezzo ha dato il via alla creazione del brano successivo. Con questa premessa è davvero difficile avere un brano intero preferito rispetto ad altri. Se invece dovessi andare a pescare tra le varie strofe del disco, allora sarebbe più facile rispondere a questa domanda.

Per esempio una delle strofe che mi piacciono di più tra quelle che ho scritto è quella nel pezzo con Danno La Forma dell’acqua. Mi piace perché è leggera, scivola bene, con tante citazioni ben riuscite e un flow più originale del solito. Mi sono divertito tantissimo a scriverla e quando la provo per i live è una di quelle che mi gasa di più. Per le stesse identiche motivazioni ci metto anche la strofa scritta in I sentieri del CAI. Per quanto riguarda riguarda le strofe di Ale, adoro quello che ha scritto in Eterna Jam, Numeri uno e Grazie. Quando scrive con quel flusso di coscienza ed evoca quelle immagini quasi poetiche attraverso le rime, credo abbia davvero pochi eguali in tutto il paese, e non lo dico da fratello, ma da ascoltatore e fan autentico.»

In Arpanet parlate di quanto possa essere alienante e pericoloso un certo uso di internet: che rapporto avete voi questo mondo e con i social?

Prisma: «Li utilizziamo e sappiamo che sono una risorsa, ma onestamente penso che siano la morte dell’arte e della creatività. Penso che nel mondo virtuale – dei social in particolare – quasi tutto quanto venga  “regalato” con troppa facilità: tutto è alla portata di tutti e questo crea, a mio parere, un’abbattimento della curiosità.  Credo che la curiosità rappresenti la base essenziale per l’apprendimento ed è proprio la curiosità che può elevarci davvero come esseri umani.

Il mondo dei social, invece, è guidato da algoritmi che tendono a farci vedere sempre le stesse informazioni, chiudendoci dentro a delle bolle mentali, da cui non sempre è facile sganciarsi. Con questi presupposti, un appiattimento del genere umano è inevitabile.  Nel brano Arpanet, ovviamente, abbiamo portato all’eccesso quello che potrebbe essere un eventuale scenario distopico.»

Non voglio fare il boomer del rap, ma a volte mi mancano i tempi di una decina di anni fa: il rap aveva una dimensione differente, giravano pochissimi soldi, ma forse era tutto più autentico. Voi cosa ne pensate? Cosa rappresenta oggi il rap per voi?

Mister T: «Quando abbiamo iniziato il rap era diverso. È vero, aveva qualcosa di più autentico, ma allo stesso tempo anche di più grezzo. Inevitabilmente qualche pezzo ce lo siamo perso per strada e nella strada abbiamo scoperto pezzi nuovi. Tutto sta, credo, nel significato che diamo noi alle cose per come erano e per come diventano. Ogni sensazione o emozione a riguardo dipende dal modo in cui siamo noi a vivere il cambiamento. Sono passati tantissimi anni, è cambiato il paese, è cambiato il linguaggio, la mentalità, sono cambiate mode e gusti, è cambiato il modo di dare informazioni e la capacità di assorbirle, quindi, è cambiata la musica.

Il cambiamento fa parte delle nostre vite, è assolutamente normale che le cose cambino e continuino a cambiare. Se tutto restasse fermo e immobile sarebbe strano. Forse, per alcuni sarebbe più comodo e semplice, ma se non ci fosse cambiamento, non ci sarebbero nuovi stimoli. Senza nuovi stimoli e senza cambiamento le cose smettono di esistere e muoiono. Perciò è meglio un Hip Hop cambiato piuttosto che un Hip Hop morto. Perché, lo ripeto: l’Hip Hop non è morto, è vivissimo.

La musica vive e si evolve e ciò sta avvenendo anche per la musica hip hop. Certo sarebbe bello vedere più artisti a 360° e con la A maiuscola nel nostro paese, come ce ne sono tanti in giro per il mondo, ma su quello purtroppo siamo un po’ vincolati dalla mentalità superficiale e – discograficamente parlando – di “plastica” che affligge l’Italia. Tutto ciò è intorno a noi, non lo possiamo cambiare, ma possiamo cercare di trovare un modo per coesisterci.

Possiamo costruire giorno dopo giorno la nostra strada, percorrerla e fare in modo che arrivi a più persone possibili. La prima cosa è essere fiduciosi e non smettere mai di crederci, la seconda è non farsi condizionare o sopraffare negativamente da quegli aspetti del cambiamento che non ci piacciono. In poche parole al cambiamento esterno va data la giusta importanza, nel bene e nel male. La cosa più importante su cui concentrarsi invece resta la propria dimensione artistica, avere ben chiaro in quale direzione si vuole andare e quali cambiamenti necessari apportare per la propria evoluzione musicale.»

Avete qualche data di presentazione del disco nei prossimi mesi? Con quale formazione?

«L’album è appena uscito e già sabato prossimo saremo in Sicilia a Giardini Naxos per presentarlo dal vivo per la prima volta. Tra maggio e luglio sono previste altre serate di cui a breve daremo annuncio dalle nostre pagine. Per la maggior parte dei live cercheremo di girare in una nuova formazione a 4. Che oltre a me e Sandro ai microfoni e Sergio ai piatti, vedrà Michael Masci accompagnarci alla batteria per tuta la durata del live. Per Roma invece vogliamo prepararci bene ed implementare nel live il basso di Gabbo, oltre ovviamente a tutti gli ospiti del disco e non solo. Roma è importante e vogliamo fare una grande festa nella nostra città per il giorno di presentazione di Palingenesi.»