Rakim ha reso più ‘jazzistica’ la scrittura del rap. Rakim è l’esponente più influente del ‘rapping-about-rapping’. Rakim è stato una risposta valida alla violenza delle strade, e la sua pesante eredità è stata raccolta e proseguita in tutto il mondo, da tanti rapper. The RE-UP è la versione remix di G.O.Ds network – reb7rth, un rework interessante che alimenta ulteriormente un estate decisamente Hip Hop, un estate ricca di uscite e di grossi nomi, storici e nuovi. The RE-UP è un disco breve ma interessante, che con le sue atmosfere rilassate ci inghiotte, tra le liriche profonde e avvolgenti di Rakim.
Non è il disco dell’anno. E forse è meglio così. Perché le nostre aspettative sono sempre troppo alte, e mai realmente proporzionate. The RE-UP è un disco reale. E questo basta.
Rakim, The RE-UP e la new-old school
Permettete una breve digressione. Il lessico inglese – date anche le circostanze storiche, e geo-politiche, che ne hanno permesso la distribuzione (e in alcuni casi, l’imposizione) a livello mondiale – è uno dei più ricchi. Forse, proprio per questo, per la comprensione base, bastano all’incirca 3.000 parole.
La ‘semplicità’ della lingua inglese contrasta, in maniera feconda, quando incontra la complessità artistica. Rakim è l’artista che, nel nostro ambiente, ha elevato la tecnica del rap, anche ad un livello per così dire ‘meta-narrativo’.
Auto-comprensione, multi-sillabicità, rime interne e “inside-jokes”. C’è un rap prima e un rap dopo Rakim. Dunque, parlarne, equivale in qualche modo a cercare un confronto diretto con un Dio: un dio laico, ma grazie al quale il livello base di ogni rapper a lui posteriore poteva partire da un gradino più alto.
L’elevazione della tecnica è il lascito più grande del Maestro, del Dio. Provate a risentire Paid in Full, sorta di disco-ponte fra l’early rap e il golden age rap degli anni 90. Provate a risentire un pezzo come When i’m be on the mic, prodotto da Dj Premier. Risentitevi tutto The 18th letter.
Per chi si è sempre occupato del rap italiano – quasi per una sorta di ‘paranoia da parallasse’, di pudore reverenziale, nei confronti della lingua nel quale tutto è cominciato, la lingua dell’Hip Hop – è impossibile non cercare di comprendere attraverso i propri schemi, i propri punti di riferimento.
Una lezione di realtà
Ecco perché, per certi aspetti, The Re-up mi ha fatto pensare a Canerandagio di Neffa (di Chicopisco, anzi, visto che stilisticamente sembra un continuo ideale dell’ultimo EP da Rapper del Ritmico Pellino). L’intenzione di riportare lo “stile old school” e renderlo attuale. Una lezione di realtà, che non vuole essere un’operazione nostalgia (nelle intenzioni, ma non è detto che non lo sia in pratica).
Difficile dunque, data la premessa, confrontarsi a-criticamente con un Dio. Anche se pagano. Anche se il confronto con un’icona e la sua aura va sempre premiato, almeno per il coraggio. E il coraggio, a volte, è semplicemente ammettere la fallibilità del Dio in questione.
Nelle otto tracce del lotto – ricche di featuring pesanti: Ras Kass, Planet Asia, Prodigy, Method Man, Kool G Rap… – c’è molta varietà, certo. C’è tanto mestiere, e pochi picchi. Tuttavia, questa versione remix di G.O.Ds network – reb7rth, aggiusta il tiro.
Beat più a fuoco, più appropriati ad una penna raffinata come quella di Rakim. Anche se è difficile trovare un pezzo memorabile, se avete cominciato ad ascoltare questo disco con questo particolare intento. È comunque un ottimo disco, fruibile e godibile, di un maestro ormai maturo.


