Sarà per le aspettative dato l’ambizioso titolo o per una promozione basata più sul momento che sul dare al progetto una presentazione esaustiva ma The Marshall Mathers LP 2 di Eminem è stato compreso da pochi.
Nonostante i vertiginosi numeri e traguardi conquistati dai singoli e dal intero album, l’ottavo sforzo discografico di Eminem segna un capitolo imprenscindibile e fondamentale per la carriera del rapper di Detroit.
In The Marshall Mathers LP 2 troviamo passato, presente e futuro di Eminem
Per presentarvi al meglio The Marshall Mathers LP 2 di Eminem, affronteremo i seguenti punti:
- L’inizio di una nuova era
- La necessità di guardarsi dietro
- Director’s Cut
- One More Thing
- Burnout lirico
L’inizio di una nuova era
All’alba del nuovo millennio il mondo era in un isterico spirale di emozioni contrariate, c’era chi festeggiava spensierato con la personale speranza di un futuro inedito e positivo e c’era chi invece si lasciava andare dall’ansia di un ignoto pericolo. Non è un segreto che neanche dopo due anni le cose sarebbero finite con dare ragione ai secondi.
Ipocrisia, terrorismo e la morte del sogno americano iniziavano ad avere un peso sull’immaginario della grande bandiera a stelle e strisce. La musica Hip-Hop era quel microcosmo che racchiudeva tutto questo, se gli anni 90 sono stati un vero e proprio Vietnam per la scena rap, il finale aveva spaccato in due la scena: da un lato il flashy life style istituito da una Bad Boy post-B.I.G. e dall’altra un’oscura reincarnazione dello street rap rendeva DMX il nuovo re. Era palese che il teatro aveva bisogno di un nuovo spettacolo per tenere alto il proprio prestigio.
L’arrivo di Eminem nel mainstream fa da bandiera a tutto questo e si spinge oltre i confini del rap rappresentando contemporaneamente la progressista capacità del genere. Un MC bianco di Detroit protégé di uno dei pochi sopravvissuti a quel Vietnam e con il dannato vizio di smascherare i clown la dove operavano. Non era una questione di distruggere pop star liricamente o di presentarsi al tavolo dei suoi coetanei per ottenere con lavoro e abilità i loro stessi successi, il fenomeno Eminem almeno nel mainstream nasce nel momento esatto in cui gli Stati Uniti e il mondo avevano bisogno di un “villain”, qualcuno a cui puntare il dito.
Si sa, i villain come in un buon fumetto DC rubano spesso la scena, risultando persino più interessanti degli eroi e questo ha giocato un ruolo fondamentale nel velenoso flow di Marshall Mathers. Se il primo disco ha presentato un alter ego con flashback di una vita precedente, il secondo mostrava la persona dietro lo show, pronto a presentarne uno tutto suo. Il primo The Marshall Mathers LP è un classico non solo per la qualità di rap e beat che presenta ma per aver mostrato quanto una rima possa avere la potenza di un tornado, a prescindere dalla comunità a cui si appartiene.
La necessità di guardarsi dietro
Con Relapse e Recovery, Eminem chiudeva un cerchio di ripresa musicale e personale, una vera e propria fisioterapia artistica in cui in una prima fase si ritentavano i campi del tecnicismo e in una seconda si tornava alle olimpiadi. Ma dopo questi due anni di rinnovato successo, poteva Marshall Mathers ignorare il fantasma della sua opera? Potevano i fan cadere nel banalismo mediatico stipulato da Not Afraid di un “Eminem buono, cambiato”? Insomma dimenticarsi del tornado di 10 anni prima sarebbe stato forzato, a tratti ipocrita.
Ebbene sulla soglia di questo pensiero categorizzo The Marshall Mathers LP 2, arrivato nel novembre 2013.
Insieme a giganteschi progetti come 21 di Adele o Random Access Memories dei Daft Punk, TMMLP2 è forse uno degli ultimi progetti mainstream ad aver avuto il gigantesco push economico e pubblicitario prima dell’era degli streaming. Un album annunciato mesi prima con spot, trailer e affiliazioni pubblicitarie con brand enormi (es. Call Of Duty) e con un’attenta presentazione di ogni singolo brano che anticipasse il lavoro finale.
È chiaro che Eminem non era più il villain di tredici anni prima ma la sua arte era ancora lunge dall’essere escapista. Dopo un 2009 in cui si testava il terreno e un 2010 all’insegna dei primi live europei e di hit scala classifiche, Eminem si trovava in bilico tra una rinnova e ossessiva passione nei confronti dell’arte del mcing e la realizzazione di essere divento, di nuovo, una mega pop star. Recovery ha portato nuovi fan e nuove sonorità, ma c’era qualcosa che mancava al piatto, qualcosa che si era riacceso un anno dopo con l’EP, Hell: The Sequel insieme al ritrovato amico Royce Da 5’9’’.
Quel progetto ha permesso a Marshall di prendersi una pausa dalle aspettative da Eminem e nelle spoglie di Evil di tornare a rappare per il semplice gusto di farlo, esattamente come nei primi anni 90 all’Hip-Hop Shop di Detroit. Inedite cadenze, flow nuovi e una più sempre presente voglia di regalare flashback lirici e musicali a chi c’era dal dayone.
Il blueprint di TMMLP2 è arrivato prima di qualsiasi altro titolo Eminem abbia scelto per i suoi lavori nella sua intera carriera. Con un concept a portata di mano, sapeva di dover rendere l’occasione speciale, un percorso divertente di fan-service, capelli ossigenati e visual della 19946 Dresden ma una cosa era certa: TMMLP2 non poteva essere un seguito.
Più volte è stato dichiarato da Eminem che l’album non era un more of the same del precedente, non un progetto che volesse direttamente seguire il primo. Con questa mentalità Shady ha selezionato in una grandissima quantità di canzoni (il numero più grande mai registrato dal 2002) quelle che facessero da specchio a ciò che il classico del 2000 portava in termini di temi e impatto. Considerando la magnitudine del progetto (sedici pezzi nella versione standard e ben sei brani in quella deluxe) è facile avere il presentimento di quanto lavoro e scrittura ci sia stato dietro.
The Marshall Mathers LP 2 è probabilmente il progetto più importante della seconda fase della carriera di Eminem proprio perché esattamente come il primo dava una delineata e coincisa immagine del rapper di Detroit, questa seconda parte presenta perfettamente e coerentemente la versione aggiornata di quella stessa immagine tredici anni dopo.
Nonostante il richiestissimo ritorno alla drum-machine di Shady, alcuni dei produttori del blockbuster Recovery ritornavano dato che ormai nell’identità di Em c’era anche quello. Il rockeggiante suono delle batterie di DJ Khalil in Survival o la sensibilità pop dei beat di Alex Da Kid saranno e sono forse compromessi troppo pesanti per i fan di lunga data ma per la legione di nuovi appassionati era un diretto e atteso secondo round.
Grazie alla grande quantità di brani, Eminem trovava spazio anche per presentare altri lati inediti della sua indole artistica. Dopo la conquista della sobrietà e privo da ogni distrazione e controversia mediatica, Marshall sfoga la sua passione per il genere che gli ha cambiato la vita mutandosi in un MC fondativo. Una vertiginosa e informativa quantità di easter egg, tributi e ricerche per le sonorità degli artisti che gli hanno presentato il potere del microfono: LL Cool J, Bestie Boys, Run DMC ecc.
TMMP2 veniva trainato dal primo singolo Berzerk proprio perché non era un’operazione nostalgica solo per i fan, ma anche per sé stesso.
Me? I’m a product of Rakim, Lakim Shabazz, 2Pac, N.W.A., Cube, Doc, Ren, Eazy, thank you, they got Slim.
Rick Rubin è entrato in scena per dare a Em spunti creativi mai testati prima, un ritorno allo scratch per mostrare in una maniera creativa quali erano gli eroi e i dischi che avevano ispirato il villain del 2000. Ovviamente The Marshall Mathers LP 2 di Eminem non vive unicamente di collegamenti indiretti ma nella sua ambiziosa collezione di brani trovano spazi riferimenti musicali come So Much Better o tematici come Bad Guy, altri nascosti e ancora avvolti nel mistero come Stronger Than I Was.
Nel personalissimo disegno di questo album, l’unico MC ad accompagnare Marshall è un Kendrick Lamar nel pieno vortice del esplosione post-strofa-Control. Un episodio in cui due degli MC più quotati di sempre condividono barre di storytelling su un beat provocatorio specialmente da chi si aspettava una battle track alla No Love. Love Game è l’ennesimo esempio di come TMMLP2 ha l’obiettivo di rispecchiare le esigenze personali del suo autore superano la volontà di soddisfare il pubblico.
Il pericolo più grande di quest’operazione nostalgia era ovviamente rinchiuso nella persona dietro. Se Eminem avesse completamente ignorato il suo posto nel presente del 2013 sia come persona che come artista, questo articolo non esisterebbe e avrebbe iniziato un doloroso freestyle del cigno.
Per fortuna non è andata così dato che il progetto è disseminato di riferimenti, storytelling e riflessioni di un uomo maturato drasticamente ma pur sempre lo stesso che si è presentato al mondo con un fuck off. Brani come So Far… o Asshole presentano una divertente, drammatica e esistenziale lettura filologica che Eminem fa del suo masterpiece del 2000. Se So Far… è un esilarante anthem di un boomer che inizia a temere il karma che brani come I’m Back o The Real Slim Shady avrebbero potuto provocare, Asshole è la triste verità che il mondo esageratamente violento e perverso descritto in TMMLP1 non è affatto lontano dalla realtà di oggigiorno.
Come potete notare il potere di TMMLP2 sta proprio in questo, nella coerente portata lirica con cui un appassionato del primo può sentirsi a casa nonostante non riesca a passare davanti a certe scelte sonore.
Se la hit The Monster è una diretta conseguenza del vertiginoso successo di Love The Way You Lie, Eminem non si è poggiato nella sua comfort zone ma anzi ha costruito anche su questo beat pop il liricismo degli altri brani inclusi nell’opera con i loro temi. Al fianco di un hit più tradizionale troviamo anche la portentosa Rap God, uno spunto creativo con il merito di aver dimostrato che nel 2013 Eminem poteva ancora mettere ai suoi piedi il mondo semplicemente rappando.
L’intro Bad Guy è probabilmente il modo più spettacolare e cinematografico con cui un progetto di Eminem si apriva da White America e il plot twist dell’iconico quarto verso (ne abbiamo parlato qui) rivela tra le righe a cosa stiamo per assistere. Tra le vittime descritte nel pezzo vi è proprio Debbie Mathers, celebre (non per bei motivi) madre del MC di Detroit ed è proprio a lei che viene dedicato il brano più delicato dell’intero progetto. Headlights è la testimonianza che la sua relazione con i fan è ancora sacra. Un brano terapeutico per lui e riflessivo per le legioni di stan che scopriranno magari grazie a questo prezioso momento che maturare e crescere significa anche saper perdonare e abbracciare le proprie colpe.
Ma se Eminem ha rianimato così tanto quei ricordi e quei temi e ci ha regalato strofe su strofe ispirato a quei primi anni della sua carriera, Slim Shady cos’è oggi?
Evil Twin ci dà la risposta a questo quesito, chiudendo l’opera del 2013 con la morte del “non sono stato io a dirlo, è stato Slim Shady” giacché Eminem con questo album ha affrontato il più grande nemico della sua carriera: sé stesso.
Abbracciando il giocoso alter ego per la prima volta, Eminem decide di prendere con sé il bagaglio di controversie, creatività e colpe che Slim Shady gli ha portato sin dalla sua nascita.
I think the lines are starting to get blurred…
Director’s Cut: la parte bonus di The Marshall Mathers LP 2 di Eminem
My favorite album used to have like bonus joints like this – Kanye West
Prendendo spunto da queste parole possiamo considerare la parte bonus di TMMLP2 uno dei più alti livelli raggiunti da del materiale supplementare.
Con ben sei brani inediti, Eminem per la prima volta nella sua carriera ha rilasciato una quantità tale di bonus track da potersi considerare come un bonus EP. Tracce come Baby, Desperation e Wicked Ways offrono un behind the scenes al brainstorming dietro la creazione di TMMLP2. Canzoni in grado di intrattenere a tal punto da farci dimenticare il loro posizionamento nella tracklist.
Se a tutto questo ci aggiungiamo la poetica Beautiful Pain con Sia e il masterpiece Groundhog Day, è letteralmente impossibile tornare indietro e accontentarsi della versione standard del progetto. Il camp di Eminem deve essere stato cosciente di tutto questo dato che se ascoltato nella sua versione deluxe, persino il delirante skit outro del disco viene rimosso dalla sua posizione originale alla fine di Evil Twin per essere inserito alla fine dell’ultima bonus track.
Insomma una vera e propria director’s cut contenente alcune delle scene più potenti e emozionanti del film.
One More Thing
Abbiamo parlato di come The Marshall Mathers LP 2 sia stato un’operazione nostalgica per i fan e per Eminem dietro ma Don’t Front porta questo concetto ancora oltre. Un’ulteriore bonus track distribuita esclusivamente con l’accostamento pubblicitario a Call Of Duty e successivamente in una speciale versione della compilation Shady XV dell’anno successivo.
Nonostante la sua esclusività il brano sorprende, un sample di I Got Cha Opin dei Black Moon fa da palcoscenico per un inedito Eminem. Un iconico beat in cui per la prima volta Eminem esce dalla sua lane sonora per buttarsi a capofitto in un atmosfera 90s con un flow letale, tributo al sottovalutato gruppo di Buckshot. Non è un caso la scelta del beat e del suo ospite dato che Eminem prima ancora di firmare per Dre stava per mettere su casa nella Duck Down Records dello stesso Buckshot.
Un bellissimo “What If?” per chiudere la più completa esperienza di TMMLP2 in bellezza.
Burnout lirico
Riprendendo TMMLP2 in play, mi sono reso conto di quanto materiale ci sia in questo progetto. Nel 2013 ho dato per scontato la varietà e qualità del progetto essendo come molti altri abituato ad ottenere sempre di più dai nostri artisti preferiti. Leggendo quel momento nel 2022, è evidente come dopo questo sforzo discografico, Eminem si sia preso una pausa dalla sua carriera solista.
Revival uscito quattro anni dopo ha deluso le aspettative anche per questo, con un concept decisamente meno ambizioso e più debole, canzoni come Guts Over Fear e successivamente Walk On Water dimostrano di come TMMLP2 abbia prosciugato la mente creativa di Eminem almeno per un po’ di tempo.
Fortunatamente le cose sono cambiate dal 2018 ma siamo convinti ci sia un motivo per cui al centro della cover di Curtain Call 2 è presente proprio una versione ritoccata della principale immagine promozionale di TMMLP2. Un disco fondamentale nella carriera di Eminem con la capacità di accontentare non solo diverse esigenze discografiche di hit di rilievo e numeri da capogiro ma anche quella miriade di fan che volevano, insieme al loro rapper preferito, rivisitare il più grande e controverso momento della sua carriera.
Un’immagine vale più di mille parole e nel caso di The Marshall Mathers LP 2, la scena finale del video di The Monster è la perfetta rappresentazione di tutta l’idea alla base di questo progetto. Due persone distinte, una maturata e rinnova e l’altra rinchiusa in un violento passato. L’unica cosa rimasta sono le rime, da prendere e portare a casa.