Il viaggio di Dj Gengis in Beat Coin – Intervista

Dj Gengis

Se ascolti rap da più di qualche anno, il nome di Dj Gengis (noto anche come Dj Gengis Khan) non ti suonerà affatto nuovo. Da anni le sue produzioni e i suoi live sono sinonimo di qualità assoluta, cristallizzatasi anche grazie al pluridecennale percorso al fianco di Noyz Narcos.

Beat Coin non è il primo disco di Gengis – anzi, se contiamo anche i mixtape questa è la decima uscita ufficiale del producer – ma sicuramente il suo progetto più ambizioso e professionale, per certi versi. Quando si parla di album realizzati da produttori si tende sempre ad esaltare la capacità dell’artista di rendere omogeneo il prodotto: spesso non è del tutto vero, ma questa volta decisamente sì.

Non ci perdiamo in ulteriori chiacchiere e vi lasciamo alla chiacchierata che abbiamo fatto con Gengis, invitandovi a recuperare il disco.

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Ciao Gengis, la prima domanda ci viene spontanea: come nasce Beat Coin?

«È la mia visione d’insieme di due delle mie più grandi passioni: la musica e le cripto valute».

Essendo tutte differenti l’un l’altra (aspetto così non scontato nel 2021), c’è una traccia che preferisci nel disco?

«C’è qualcosa che mi piace particolarmente in ogni traccia, ma se dovessi sceglierne una farei davvero fatica, non per via del fatto che magari potrebbe indispettirsi un artista rispetto ad un altro, ma proprio perché ogni traccia ha una storia a sé dietro e sono affezionato ad ognuna di loro».

Negli ultimi tempi sono usciti diversi album di produttori, a differenza di qualche anno fa. Al di là dei motivi legati al successo dell’industria rap, credi ci siano altre ragioni che limitavano questo tipo di pubblicazioni in passato?

«Io in realtà ho sempre trovato lo sfogo a questo tipo di espressione con i mixtape, quella del producer album per me ne è stata una naturale evoluzione, anziché pescare le basi in giro, me ne sono occupato personalmente. Ci sono comunque dei validi esempi di producer album oltreoceano, i primi due che mi vengono in mente sono Gibbs e Alchemist o The Peace Maker di Tony Touch che magari rende più l’idea di “guest album” con tanti artisti diversi. Lì dove i producer hanno la possibilità di esprimersi con un album intero, possono sicuramente sperimentare al meglio pur restando nell’universo dell’artista col quale collaborano, dando comunque una propria visione d’insieme a dei progetti che per forza di cose – coinvolgendo tanti artisti e personalità diverse – sono sempre ambiziosi e complessi da gestire».

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Come nascono i tuoi beat? Qual è il tuo kit base per produrre?

«Ho un template su Ableton con tutti i plugin e le batterie che uso più frequentemente, dei marker con le strutture dei pezzi e le varie connessioni con giradischi e macchinari infernali esterni già fatte in patch bay. I giradischi sono sempre connessi ma non sempre sono necessariamente la parte centrale di una produzione, spesso parto da un giro di accordi o da un campione choppato. Per kit base, se intendi drum kit, mi piacciono molto le batterie di Decap».

La traccia di Soul Sinner è una piccola sorpresa del disco: come sei arrivato ad inserirla?

«Sinner è un talento di zona con cui collaboro da anni e credevo fosse opportuno concedergli questa opportunità. È una traccia cui sono molto legato».

Hai davvero un portafoglio di monete virtuali o hai voluto semplicemente giocare sul nome del disco? In ogni caso, cosa pensi del recente boom dei bitcoin?

«Smanetto con almeno 5 exchange diversi ma di folios ne ho principalmente 2, uno dove HoDLo, e l’altro dove gestisco il trading con l’ausilio di varie diavolerie tipo bots di arbitraggio e rebalance. Riguardo al recente boom, stando al s2f model che propone planB, siamo solo all’inizio ma è una mia personale opinione ed in ogni caso, invito chiunque legga ad effettuare sempre le proprie ricerche ed informarsi bene».

Se avessi avuto la possibilità di aggiungere due altri artisti nell’album, uno più adulto e uno più giovane, chi avresti scelto?

«Fabri Fibra e tha Supreme».

Nella tua carriera i live hanno sempre rappresentato un tassello fondamentale. Credi che il mondo dei live stia per vedere la luce dopo quasi due anni?

«La mia speranza era che tutto tornasse nella norma per la fine di quest’anno, ma non mi sembra ci sia una direzione chiara se non quella di rimandare, nonostante i tanti vaccinati – me compreso. É veramente più facile prevedere dove andrà il bitcoin da qui a dicembre che sapere fine farà la filiera dello spettacolo nel nostro paese. Vedo segnali di ripresa importanti all’estero, basta avere i social e vedi i festival strapieni di persone in America e Regno Unito. In Germania mi sembra che da qui a breve lasceranno entrare in discoteca col green pass, qui da noi? Siamo in finestra, come al solito».

Potendo scegliere qualche nome tra gli ospiti del disco da portare in tour, chi chiameresti?

«Ma un live con tutti quanti come lo vedi?»

Dj Gengis (@DjGengis) | Twitter