Intervista ai Sottotono: Poco Male, il ritorno sul palco e nuove influenze

Sottotono

Dopo l’uscita di Poco Male abbiamo fatto due chiacchiere con Tormento e Fish, con interesse particolare verso la genesi del singolo, dalla realizzazione del beat al nuovo approccio alla scrittura, e i cambiamenti degli ultimi anni che hanno coinvolto i Sottotono e la loro musica.

La ricerca costante di nuove ispirazioni e sonorità, come sottolineato dai due, non sostituisce la necessità di mantenere invariata la propria identità, come dimostrano le scelte musicali degli ultimi progetti.

Di segui potete leggere l’intervista. Buona lettura!

La nostra intervista ai Sottotono

Poco Male è il titolo del vostro nuovo singolo. È stato scritto dopo l’uscita del disco? Avete degli aneddoti particolari da raccontarci sulla realizzazione?

Fish: «Poco Male è nato nell’estate 2021, appena dopo l’uscita del disco, stavamo andando a Roma per un’attività e abbiamo iniziato a comporre il pezzo. Io ho buttato giù la prima versione della base in treno, all’andata, Tormento ha scritto la prima strofa nel viaggio di ritorno».

Tormento, com’è cambiato il tuo approccio alla scrittura negli anni? Con Poco Male, hai seguito un modus operandi diverso oppure tendi a seguire lo stesso approccio di sempre?

Tormento: «C’è stata sicuramente una trasformazione, i testi di Sotto Effetto Stono erano più selvaggi, quando poi ho trovato 7mila persone di fronte a me che li cantavano c’è stata un’inversione di rotta sui testi. Da allora è stata una crescita e una ricerca costante di mettere concetti che fossero profondi, positivi e di ricerca personale. Con Mastroianni e con Poco Male sono contento che tutti questi anni di esperienza mi abbiano permesso di mantenere la semplicità che ci vuole in una canzone, anche se, leggendo tra le righe ci sono concetti fondamentali per stare bene».

E invece Fish, come nasce il beat? L’avete ragionato assieme?

F: «Sia per la musica che per i testi io e Torme buttiamo giù tante idee. Il beat definitivo di Poco Male è stato quello uscito e provato al secondo tentativo. Fino a quando non siamo convinti, buttiamo giù ipotesi e ritmi. Provo a mettere delle basi, dei campioni, fino a che non trovo la modalità giusta».

Fin dagli anni Novanta siete sempre stati influenzati dalla black music: oltre alla chiara ispirazione dell’hip hop west coast anche dal soul e dal funk. Da quando avete iniziato di nuovo a collaborare attivamente prendete sempre spunto da questo mondo oppure state cercando altrove?

T: «Negli anni 90 ci stava ancora campionare e prendere idee dagli anni 70. Nel 2022 diventa un periodo storico troppo lontano dai giorni nostri. I riferimenti musicali di oggi sono quelli degli anni 90 e noi ancora li sentiamo come se fossero successi ieri quando invece son passati quasi 30 anni. Oggi è un mix, ci sono cose molto vecchie che segnano ancora una novità e invece trend che nascono ora o comunque frutto del 2000, e che comunque danno uno sprint innovativo».

F: «C’è da dire che l’hip hop è cercare di fare il digging, cercare la parte migliore senza avere un solo genere musicale di riferimento. Succede che si prenda un pezzo da un disco rock e poi diventa una hit rap, o un pezzo reggae o dance e diventa una porzione di qualcos’altro. È una ricerca continua di qualcosa che non è ancora stato fatto o sentito. Cercare l’originalità nel proporre qualcosa che arriva da un altro genere e la porti ad essere qualcosa del genere che piace a te».

Le vostre sensazioni riguardo il ritorno dal vivo? Dopo due anni di inattività credete che il Covid avrà cambiato ulteriormente il pubblico che sta sotto un palco?

F: «Nel pubblico più giovane, ma anche negli artisti, vediamo una grandissima energia e voglia di tornare a scatenarsi, così come noi alla loro età abbiamo vissuto i concerti. Chi invece è più della nostra età a volte ha il timore di tornare a buttarsi in mezzo alla mischia, a tante persone. Speriamo che questa pandemia non abbia cambiato la mentalità da sempre appartenuta alla nostra generazione di vivere la musica dal vivo. Da musicista è impossibile pensare alla musica senza pensare ai live. La magia la fa solo il pubblico».

È passato quasi un anno dall’uscita di Originali. A distanza di mesi credete che il pubblico abbia recepito nel migliore dei modi il progetto? Voi cambiereste qualcosa o siete soddisfatti al 100% anche a posteriori?

F: «Il lavoro per il disco è stato egregio, noi partivamo da uno stop di 20 anni dove i più giovani non ci conoscevano o comunque molto poco. La cosa bella è stata vedere che tutti gli artisti presenti nell’album si sono proposti loro stessi per esserci e questo è stato un inizio che ci ha spronato a portare avanti il progetto e le nostre idee».

T: «La cosa bella è che ci è stato riconosciuto un gusto nelle produzioni e nella ricerca musicale. Per noi vuol dire portare un plus valore nella musica italiana, più che essere competitivi nel mercato, questo era il nostro vero obiettivo».

Già nei primi anni di attività siete sempre stati particolarmente accoglienti e favorevoli verso le nuove generazioni. Ritrovate qualche analogia nelle nuove leve rispetto a quando avete iniziato negli anni Novanta?

F e T: «Forse troviamo più similitudini con la generazione di Sfera, Izi, Tedua, Coez, Ghali, Achille Lauro, che non sono l’ultimissima generazione, sia a livello di suoni, testi, ritmi pop, sia perché come noi hanno rotto dei tabù anche dal punto di vista della moda nel mondo musicale. C’è da dire che la nuovissima generazione sta spostando tantissimo le mode e tendenze rispetto a prendere spunto dagli anni 90. Sarà bellissimo e interessantissimo vedere come faranno evolvere la musica».

Potete anticiparci qualcosa su un eventuale vostro prossimo progetto? Dobbiamo aspettarci qualcosa di diverso rispetto a Originali?

F e T: «Per ora ci siamo concentrati molto sul tour e suoi concerti, alla fine dell’estate cercheremo di capire cosa è più giusto per noi, è un passaggio fondamentale. Non bisogna fare quello che gli altri pensano sia giusto, ma seguire la propria strada con il proprio stile. Per il momento lasciateci suonare un po’, dai!»