Da Tuff Kong Records a Villains: intervista a Cuns

cuns intervista

Abbiamo raggiunto il produttore italiano nonchè fondatore di Tuff Kong Records Cuns per farci raccontare del suo ultimo periodo, e ne abbiamo approfittato per parlare di tante cose, da MRGA a Conway The Machine.

N.D.R. Per chi non la conoscesse già, Tuff Kong è una realtà italiana affermatasi grazie alla qualità del servizio che offre, un vero e proprio ponte che collega l’Italia agli States grazie alla stampa e ristampa di dischi che si muovono tra il mainstream e l’underground con assoluta fluidità.

Il percorso di Cuns dimostra che la lungimiranza paga

Ciao Andrea! Benvenuto su Rapologia. Partiamo da Villains: com’è nata l’idea di curare l’intera produzione del progetto? Sappiamo bene che con MRGA lavorate a stretto contatto ma questa è stata davvero una piacevolissima sorpresa.

«Ciao e grazie a voi dell’invito. Villains è un pò fissare una prima bandierina insieme, nel percorso parallelo che stiamo facendo MRGA, Tuff Kong ed io. Essendo accomunati da una visione simile e da una chiara vicinanza per quello che riguarda il gusto e le scelte artistiche e musicali è stato abbastanza naturale dare vita a questo primo progetto, speriamo di una lunga serie, curato insieme dall’ inizio alla fine. Colgo l’occasione per ringraziare Gioielli e tutti i ragazzi che hanno collaborato alla realizzazione del disco.»

Il tuo background nella produzione è davvero impressionante, dall’Italia agli Stati Uniti sembra che tu abbia avuto occhio per artisti che oggi stanno raccogliendo quanto seminato: da artisti oggi più noti come Conway ad altri più underground come Knowledge The Pirate. Puoi raccontarci come sono nate queste connessioni con l’estero? Qual è stata quella che ti ha portato più soddisfazioni?

«Le collaborazioni oltreoceano sono nate inizialmente via chat su Instagram o Facebook verso la fine del 2015. Io avevo molti beat raccolti negli ultimi due anni e volevo farci qualcosa, così un giorno parlando in chat con Conway gli ho buttato la l’idea di un eventuale collaborazione e ci siamo messi d’accordo per fare due pezzi, che io avevo già in mente di stampare su 7”. I primi contatti sono stati sempre cosi, via social, subito dopo c’è stata la nascita di Tuff Kong e si è iniziato a creare un canale di comunicazione direttamente con l’etichetta. Alla fine sono contento di tutti i miei lavori e degli artisti con i quali ho collaborato, qualcosa per un motivo e qualcosa per un altro magari, ma se proprio dovessi sceglierne uno di quelli usciti fin ora forse direi Bronck’s Kill con A.G. Sono un suo grande fan praticamente dal secondo giorno che ascoltavo rap e lo reputo ancora oggi direi uno dei 10 MC’s più forti mai esistiti, quindi se c’è un premio quello lo vince lui. In più questo piccolo EP che abbiamo confezionato insieme viene avvalorato dalla presenza sulla maggior parte dei pezzi degli scratch di quel mostro delle ruote d’acciaio di DJ Stile.»

Oltre alla produzione è impossibile non citare l’enorme lavoro che stai portando avanti con Tuff Kong. Ci piacerebbe che ci raccontassi la genesi di questa realtà che oggi è un punto di riferimento per collezionisti ed appassionati, non solo in Italia.

«Facendo riferimento alla domanda precedente, la collaborazione con Conway è stata la scintilla che ha messo in moto il motore di Tuff Kong ma già c’era un pò l’idea sia nella testa del mio socio Domenico che nella mia, quindi da subito abbiamo iniziato a pensare al tipo di lavoro che avremmo potuto fare con le nostre passioni, competenze e progetti. Da lì, anche grazie ad innumerevoli incontri con nuovi amici e colleghi, si è poi evoluta passo passo la realtà che oggi è Tuff Kong Records. Per ora siamo stati focalizzati principalmente sulla stampa e ristampa di album rap, ma stiamo lavorando per potenziare il nostro lato produttivo e speriamo in futuro di incrementare il numero di progetti interamente curati da noi.»

Se non erro Conway è uno dei primi artisti con cui sei riuscito a realizzare una copia fisica.. Ci piacerebbe che ci raccontassi qualche aneddoto su questa chicca, che a risentirla ancora oggi è davvero tanta roba. Consideri oggi The Machine nella tua top 10 dei rapper preferiti? 

«In realtà il rapporto è stato molto professionale, io avevo un piano e lui aveva un piano, entrambi abbiamo fatto quello che dovevamo fare e il risultato è questo mini EP di 2 canzoni. Si tratta di un piccolo lavoro ma alla fine io ancora ci sento l’ impegno che ci è stato messo al tempo da tutti quelli che hanno partecipato alla realizzazione di questo primo mattoncino. Oltre a Conway voglio citare Sine alla co-produzione, Stabber al mix e master e Scarful con il primo di una lunga serie di artworks, oltre al nostro logo, che hanno formato il carattere estetico dell’etichetta. Sicuramente ad oggi anche Conway come A.G. è nella mia top 10, anche se ad essere onesto gli ultimi dischi mi sono piaciuti meno dei precedenti. Detto questo The Machine rimane un killer a rappare, credo che ad oggi sia difficile trovarne uno meglio.»

Il tuo modo di produrre sembra semplice ma dannatamente efficace, riesci a dare un’impronta unica al tuo sound. Chi sono i produttori che ti hanno più ispirato in questi anni? E rapper americani con cui vorresti lavorare in futuro o con cui stai già preparando qualcosa?

«Devo dire che ho sempre ascoltato molta musica in generale, molto rap ma anche molta musica elettronica, jazz, soul… Sento quasi tutto.  Ci sono tanti bravi produttori che rispecchiano il mio gusto e nei quali posso sempre trovare una fonte di ispirazione, ma i miei produttori preferiti sono tutti artisti con un loro forte e riconoscibile tratto distintivo come Alchemist, Dilla, Madlib o Large Pro, giusto per citarne alcuni. Quando lavoro cerco sempre di tenere a mente questo discorso dell’ originalità e della personalità di un beatmaker, quindi cerco sempre di far confluire le mie influenze e la mia fantasia in quello che faccio. Mettici anche che non mi ritengo un produttore molto tecnico, quindi tendo molto a seguire l’istinto e il mood del momento. Il desiderio nel cassetto è una collaborazione con Roc Marci, il sogno un pezzo con Ghostface e Raekwon! Per quello che riguarda i progetti in arrivo vi posso solo anticipare che ci sono due cose quasi pronte in forno, una in casa a Roma e l’altra in America, a Detroit.»

Tornando in Italia, già prima di Villains avevi nel tuo curriculum diversi credits nelle produzioni con altri artisti italiani anche fuori dal contesto creato da Gioielli. Qual è il primo rapper in Italia che ha avuto fiducia nelle tue produzioni? E con chi credi di aver realizzato la tua miglior strumentale?

«Il primo a darmi fiducia come produttore fu Lou Chano, ai tempi del primo Quadraro Basement. Lui in quel periodo oltre che produttore si può dire che fosse il produttore esecutivo del Truceklan e si occupò di alcuni dei dischi da solisti dei membri del klan oltre che del corale Ministero dell’Inferno. In quel contesto uscirono i miei primi beat, un pezzo sul disco di Duke Montana, uno su quello di Cole e uno sul Ministero. Successivamente Pagliaccio di Ghiaccio pt.2 di Carter e un paio di beat sul disco del Gast, di cui Bomber è probabilmente la traccia che ancora ad oggi considero la migliore del mio primo periodo di produzioni.»

Sia nell’ambito del beatmaking che in quello imprenditoriale hai sempre privilegiato gli States, e credo di capire il perché. Ma come vedi la scena italiana – anche mainstream – adesso che sembra si stia riaffermando il rap dopo una parentesi che sembrava guardare altrove? Negli ultimi anni inoltre vedo che Tuff Kong si sta aprendo sempre di più anche ai progetti italiani, come è capitato di recente con Ensi o col Colle der Fomento… 

«Ma guarda la storia del rap italiano in parte rispecchia un il nostro essere italiani. Qui siamo pieni di idee geniali ma siamo frammentari e svogliati, in più mettici un pubblico sempre restìo alle novità e alla ricerca. L’Hip-Hop come cultura qui ha attecchito ormai più 30 anni fa, ma è sempre rimasto una cosa per pochi (forse era meglio? Chissà) e fino a qualche anno fa quasi neanche potevi farne una professione o comunque non era facile che succedesse. Detto questo ad oggi si è un pò aperto un mondo nuovo che dopo i primi primi anni di solo mainstream, ora ha portato il “nuovo linguaggio” del rap anche qui nelle stanzette e negli impianti di tutti, più o meno teenager, e a questo punto vedremo se gli anni a venire produrranno una diversificazione al livello di stile e se gli si creerà anche un mercato solido dietro. Noi come etichetta abbiamo sempre cercato di stare in connessione con gli artisti italiani con i quali abbiamo affinità, infatti la nostra seconda uscita è Strozzapreti Alla Romana di Danno, Chef Ragoo e Suarez e nella nostra storia (Colle, Kaos, Dsa, Ice One, Noyz, Gast, Gengis) c’è e ci sarà sempre la rappresentanza del rap italiano che ci piace.»

Rimanendo sull’argomento, immagino che col tuo lavoro tu abbia avuto modo di avere a che fare con realtà che difficilmente conosceremmo qui. Ti senti di consigliarci qualche artista americano che farà parlare di sé nell’immediato futuro ma di cui al momento si sa poco e niente?

«Guarda il panorama è veramente infinito, non sono proprio sconosciuti, ma a parte i soliti noti vi posso elencare un paio di nomi che secondo me hanno fatto uscire cose interessanti di recente. Wiki, Navy Blue, Doofus, Ransom. L’ultimo di Lloyd Banks io ancora ce l’ho in rotation ormai da 6 mesi e per me è uno dei dischi più fichi del 2021, mentre cosi, anche se non richiesto, il pezzo dell’anno è Kriminel di Mach-Hommy.»

Chi è secondo te al momento il rapper più talentuoso del panorama underground italiano?

«La faccio breve, per me il rapper italiano più talentuoso in generale è Er Costa. Due nomi nuovi tra i giovani sicuramente Armani Doc e Rollz Rois.»

Per concludere volevo chiederti come è nato il recente progetto tra Tuff Kong e Buckwild, che remixa alcune perle del vostro catalogo.

«Buckwild si è interessato al nostro lavoro vedendo le nostre collaborazioni con AG e OC e parlando è uscito fuori che gli sarebbe piaciuto fare un disco di remix di pezzi presi dal nostro catalogo, tra l’ altro tutti prodotti da me. Figurati, io sono caduto dalla sedia appena me l’ha detto! Da li si è instaurato un rapporto che ci ha portato a lavorare a più di un progetto insieme a questa leggenda della D.I.T.C. State connessi!»