Magliette Che Diventano Pigiami, il nuovo EP di Blue Virus – L’intervista

Blue Virus

Blue Virus ha pubblicato un nuovo EP, intitolato Magliette che diventano pigiami. Un EP decisamente personale e introspettivo, molto lontano dal rap dissacrante e spudorato a cui ci aveva abituato con i suoi primi progetti. Blue Virus è cambiato, come tutti, pur mantenendo una sua coerenza. Questo EP potrebbe aprire nuove strade al progetto musicale di Blue Virus, al momento non lo sappiamo. La verità è che al momento non lo sa neanche Blue Virus stesso.

Abbiamo avuto il piacere di fargli qualche domanda, in occasione della release di Magliette che diventano pigiami. Di seguito potete trovare l’intervista che gentilmente ci ha concesso.

Blue Virus, l’intervista per l’uscita del nuovo EP Magliette che diventano pigiami

In questo nuovo progetto ti abbiamo visto spostato su un tipo di sound diverso dal solito: meno barre e più cantato. È l’evoluzione naturale del progetto Blue Virus o è un progetto concepito di proposito per distinguersi dalla tua passata discografia?

«Non credo di saperti rispondere con precisione. A me le cose cadono addosso, facendomi spesso un gran male. Non saprei nemmeno se si tratti di un male positivo, guardando il risultato a prodotto confezionato, o se a posteriori destabilizzi chi mi segue perché è costretto a sentirmi nell’ennesima nuova veste. Che poi nuova veste fino ad un certo punto, aggiungo dei dettagli a ciò che è sempre stato il percorso artistico. Mi ritengo piuttosto coerente, sta agli altri addentrarsi nel mio mondo, ad una certa».

Quali sono state le tue ispirazioni musicali per realizzare questo progetto che suona quasi R’n’B?

«Ritengo questo nuovo EP più come un progetto su sonorità Pop/Lo-Fi, ma capisco cosa intendi. Detto fuori dai denti, sono una groupie di Joji e per quanto abbia preso spunto qua e là dai suoi lavori in passato, in questo caso ho voluto concentrare tutti i brani verso quella direzione. Con molta meno fama e molto meno talento, però».

Se nei dischi precedenti ci ricordavi Fabri Fibra di Mr. Simpatia, in questo progetto non ci sono più riferimenti all’horrorcore o alle punchline. Cosa è cambiato in Blue Virus?

«Come già ti dicevo, non credo sia cambiato granché. Arrivo dal rap e negli anni mi sono artisticamente evoluto, crescendo io stesso con l’età, quindi il tutto ha preso nuove forme e diventando questa cosa qua, che non saprei nemmeno definire. Utilizzo da sempre le uscite ufficiali come incentivo per mettermi a nudo e descrivere situazioni che nei mixtape racconterei in altri modi, magari più ironici, magari più violenti, perché sono così nella vita reale e come credo sia così chiunque. Quindi mi piace dare diverse sfumature alla mia musica a seconda delle situazioni, poi posso capire perfettamente che c’è chi preferisca un “personaggio” piuttosto che un altro. Gusti».

Probabilmente con questo tuo nuovo mood musicale riesci ad essere ancora più introspettivo e colpisci maggiormente l’ascoltatore. È questo lo scopo di Magliette che diventano pigiami EP?

«Assolutamente sì. Si avvicina il Natale, non volevo uscire con un progetto decontestualizzato. L’EP è nato quando mi sono accorto che col mio gruppo WISH YOU WERE DEAD le tempistiche erano più lunghe del previsto, essendo io e Yota Damore di Torino, mentre Nick Sick di Roma. Non volevo concludere l’anno senza pubblicare nulla, quindi si è partiti da Palude 4 con Polezsky per poi dirigersi verso la realizzazione dei brani finiti in scaletta in questo progetto».

Nonostante la tua discografia ormai ampia e le tue numerose collaborazioni, probabilmente non hai fatto il salto a livello commerciale, in grado di darti una visibilità a livello nazionale. Con chi ti piacerebbe collaborare nel mainstream italiano?

«I nomi sono tanti e non sono amante delle liste della spesa, vorrei motivare nel dettaglio ogni mia scelta, quindi al momento ti dico che vorrei capire cosa stia succedendo alla mia musica, prima di pensare ad eventuali collaborazioni mainstream».

Nei tuoi brani, parli maggiormente di te stesso e di amore, a differenza di una nuova scena che sembra invece più incentrata a parlare di strada, analizzando poco sé stessi. C’è però qualcuno della nuova scena che ti piace?

«Qualcosa di interessante qua e là lo trovo, ma nulla che mi faccia venire voglia di riaprire Spotify per riascoltarlo, forse proprio per il motivo che hai citato».

Ti piace riascoltare i tuoi vecchi progetti? Ad esempio, condividi ancora quello che dicevi in Sandro Terapia o Hiatus?

«Se quello che ho pubblicato è venuto fuori così, è perché quantomeno all’epoca lo condividevo, poi qui stiamo parlando di un mixtape del 2016 e l’altro mixtape del 2017, quindi più che altro bisognerebbe entrare nel merito tecnico dei progetti e capire cosa avrei fatto in quella maniera, a distanza di anni. Ti parlo di beats, scelta featuring, mixaggio dei brani e cose annesse».

L’anno 2021 sta giungendo al termine. Quali sono stati i progetti italiani o stranieri che ti sono piaciuti di più quest’anno?

«In Italia direi “Noi, Loro, Gli Altri” di Marra a mani basse, mentre di americano mi sono piaciute diverse cose, tra cui il disco di Tyler, The Creator, dei BROCKHAMPTON e di boylife».

Penso che la salute mentale sia un argomento spesso troppo sottovalutato e non visto come una vera e propria patologia. Tu hai parlato spesso nei tuoi progetti, incluso questo, di terapia, medicinali, solitudine e depressione. Al di là del personaggio e del rap, quanto è importante secondo te la musica per parlare dei problemi di salute mentale?

«Non mi sono mai approcciato alla scrittura per fuggire da qualcosa o per guardare il testo concluso e dire a me stesso che stavo meglio rispetto a prima di cominciarlo, io scrivo perché mi piace proprio descrivere situazioni che da fuori vorrei ascoltare, e cercando di capire se la gente la veda come me. Spesso e volentieri la consapevolezza dello spessore di quello che racconto la raggiungo quando ricevo dei messaggi molto lunghi e privati».

Come hai vissuto la pandemia e la quarantena dello scorso anno? Paradossalmente, per alcune persone, avere maggior tempo per sé stessi è stato quasi terapeutico. Pensi che si tornerà alla normalità?

«La normalità come quella di gennaio 2020, quando tutto era già letteralmente nell’aria ma nessuno ci credeva più di tanto, la vedo davvero lontana. Io ho vissuto quel periodo grossomodo come vivo la vita di tutti i giorni, nel senso che tolto qualche impegno sporadico sono sempre chiuso in casa a scrivere o in studio a registrare. Durante la prima pandemia ho scritto e pubblicato a sorpresa su YouTube il disco di Sandro Terapia come una sorta di allenamento mentre nell’ombra lavoravo a Radio Modem: Un Mixtape Di Blue Virus uscito poi a novembre 2020».

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro di Blue Virus? Pensi di continuare con questo nuovo stile musicale o pensi di poter tornare in futuro al rap, con il flow e gli incastri che ti hanno sempre contraddistinto?

«Appena lo scopro, giuro che sarai tra i primi a saperlo. Non so cosa farò. E non è per togliermi al volo la risposta da darti, ma perché non ne ho sinceramente idea».

Ringraziando ancora Blue Virus per l’intervista vi invitiamo ad ascoltare il suo nuovo EP, Magliette che diventano pigiami dal link sottostante.