Noi, Loro, Gli Altri di Marracash è un album necessario – Recensione

Marracash

Negli anni ’90 la politologa e intellettuale tedesca Hannah Arendt disse che la società di massa non vuole la cultura ma gli svaghi. Per questo motivo, nel contesto in cui esce, Noi ,Loro, Gli Altri di Marracash è un vero e proprio manifesto, una sorta di modello coerente a cui l’artista ha guardato per un’intera carriera e che in questo presente sta cogliendo i suoi meritati frutti.

Ormai è sempre più lontano e mutato il concetto di intelli-gangsta cui il rapper della Barona ci aveva abituato, a favore di un intelligenza che è divenuta palese e a sé stante anche fuori dalla cultura del genere. Da Persona in poi Marra ha impresso nella sua musica una maturità nuova, che lo ha migliorato, che non si limita al contenuto ma che si allarga alla forma, minuziosa in ogni suo più piccolo particolare. Così tanto che inserirla in una categoria significherebbe ridimensionarla.

Andiamo quindi ad approfondire uno dei progetti più interessanti che ci ha regalato questo 2021.

Io, Noi, Loro, Gli Altri: le persone di Marracash

Se Persona era stata una liberazione, un disco di rottura che definiva tutto ciò che Marracash non voleva essere, con il nuovo disco ci si palesano nuove interpretazioni anche su ciò che c’era prima, dandoci la possibilità di ampliare la nostra prospettiva sulla sua intera discografia con un particolare riguardo per Status, un disco che col senno di poi sembra costituire le fondamenta del nuovo progetto per quel che riguarda visione, sound e concept.

Non è un caso infatti che le strade con Marz si siano incrociate per la prima volta proprio in occasione di Status, dove si intuiva già come il produttore avesse un gusto per la musica lontano dai soliti canoni del genere. Noi, Loro, Gli Altri è infatti un disco che cerca in ciò che già esiste la propria natura, attingendo alle più disparate realtà: dalla lirica di Ruggero Leoncavallo in Pagliaccio alla hit di Infinity Love nel pezzo con Guè, passando per il tributo a Vasco in Io sino al punk rap attuale di Rokas in Giorni Stupidi, accompagnando egregiamente il massiccio lavoro compiuto sui testi con brani che rappresentano un unicum nella produzione urban italiana attuale.

Così facendo Marracash è riuscito a confezionare un album che non somiglia a nessun altro nonostante le tante influenze di cui si nutre ed il merito non può che essere condiviso con Marz (e Zef “che ha fatto da backup per tutto il progetto“) che ha curato ogni aspetto della produzione musicale.

Julio Cortazar definiva la virgola come “una porta girevole del pensiero, necessaria per esprimersi limpidamente” ma sembra che Marracash questo labirinto lo abbia saputo sabotare con la forma che per definizione è la cosa più lontana dal concetto di pausa espresso dalla virgola, il rap, utilizzando una chiave di lettura inedita e che gli appartiene esclusivamente.

Una traccia come Cosplayer è significativa perché pur facendo leva su argomenti risaputi si serve di un vocabolario e di una elasticità di pensiero rara, che difficilmente può essere accostata ad altri rapper italiani perché pochi di questi hanno lo status per parlare di certe cose; c’è Noi, che oltre ad essere una delle tracce più significative del disco è anche un esempio di come si sia evoluta la sua scrittura, non nuova a storytelling del genere, finendo per diventare una sorta di trascrizione letterale della nostalgia e del passato.

Per non parlare di Dubbi – il cuore del disco, letteralmente – in grado di far innamorare anche l’ascoltatore più occasionale grazie alla sua profondità, eleganza e precisione del tema trattato, che ci ricorda anche quanto bella sia la lingua italiana quando viene utilizzata nel modo giusto.

Parafrasando delle sue barre contenute in Pagliaccio quando il Marracash attuale parla di qualcosa lo fa ormai coi guanti, con un atteggiamento sentimentale e non sentimentalista proprio di chi ha un background ragguardevole da cui attingere.  Basti pensare al modo in cui vengono dipinti i soldi, in modo molto più cinico e crudo rispetto alla glorificazione frivola a cui assistiamo oggi inermi, o alla spietata disamina sociale presente nella seconda strofa di Loro, che farebbe invidia alle penne più capaci del nostro tempo per quanto va in profondità:

Fai sognare gli italiani, io li vorrei svegliare
Sale chi è senza talento e senza morale
Nessuno fa niente se si sente impotente
Ma è così facendo che lo rende reale

Noi di J.Peele, Loro di Sorrentino: il cinema di Marracash

Qui Marracash si serve molto anche del cinema, dove l’omaggio non avviene soltanto nominando questa o quell’altra opera (Parasite, US, LORO e tanti altri) ma prende vita nelle immagini che le sue parole evocano, proprio come un’altra eccellenza italiana sta facendo in contemporanea, Paolo Sorrentino. Il regista napoletano è infatti nelle sale in questi giorni con il lungometraggio È Stata La Mano di Dio, in cui devoto all’autorialità di Federico Fellini (che Marra cita in Dubbi) si fa nuovo portavoce della cultura che ne ha segnato  il destino personale.

Più che di intellettuali in questo caso dovremmo forse parlare di pura umanità ed empatia, visto anche il contesto storico in cui viviamo, dove l’arte ha questo potere di raccontare il nostro presente più vividamente che mai.

Noi, Loro, Gli Altri è il miglior disco di Marracash perché contiene in sé tutto il percorso che lo ha portato qui e che l’artista ha avuto l’enorme coraggio di esporre agli altri già dalla copertina, che riesce davvero a dare un’anima al disco mettendo il punto ad una fase della sua personalissima narrazione.

Rispetto a Persona, Noi, Loro, Gli Altri è un disco ancora più compatto, che vuole indagare dalla realtà facendone parte, cercando di star fuori dai cliché nonostante l’eterogeneità delle tracce di un disco che vuole e deve arrivare a tutti, mantenendo però la sua forte matrice autoriale, anche quando strizza l’occhio al pop come in Crazy Love.

Questo non è un album che si esaurisce  ma che si rigenera – quel Cliffhanger lì – grazie ad un forte replay value portato dalla ricercatezza delle rime e dal dialogo ma soprattutto grazie all’empatia che si crea tra chi ne parla o chi lo ascolta, disperdendo il disco tra le vite di noi, loro e gli altri.

Salto la parte con il fornello acceso
Salto il ritornello come il tornello in metro
Dopo la virgola all’infinito come il Pi greco
La merce sfrigola, si è ripreso come il PIL greco

Un disco necessario per l’attuale momento del rap italiano e per il nostro presente, che celebra non solo il suo autore ma tutta la visione del suo team, dalle modalità di comunicazione alla lavorazione sulla qualità del suono. Un punto a favore per l’intero settore ed ovviamente per Marracash che nel suo “vedo rapper manichini senza niente da dire, a me queste rime non mi fanno dormire imprime tutta la sua grandezza.