10 anni di 5tate Of Mind – Intervista a Rischio a.k.a. Jimmy Spinelli

Rischio Jimmy Spinelli Guè Pequeno

Sabato 30 ottobre 2021 Rischio a.k.a. Jimmy Spinelli ha celebrato i primi 10 anni del suo brand di streetwear: 5tate Of Mind. Per l’evento era presente un ospite d’eccezione, nonché storico collaboratore, modello e ambassador di 5OM: Guè Pequeno.

Il Guercio, durante il meet’n’great è stato disponibile a fare fotografie e firmare autografi per i fan accorsi.

Noi abbiamo colto l’occasione per scambiare due chiacchiere con Jimmy Spinelli per parlare del suo brand, della scena italiana e dei suoi progetti musicali.

«Nella musica e nello streetwear dipende tutto dall’energia che ci metti» – Intervista a Rischio per i 10 anni di 5tate Of Mind

Partiamo parlando di 5tate Of Mind. Facciamo un breve bilancio dopo ben 10 anni di attività…

«Sono stati anni non semplicissimi. Ho dovuto imparare a fare questo mestiere, ovviamente ho avuto anche la fortuna di poter fare errori grazie al fatto che potevo vantare delle collaborazioni che mi hanno permesso di continuare a promuovere e tenere il marchio “in hype”. Da un paio d’anni il marchio è in licenza e mentre io continuo a seguire tutta la parte creativa, la modellistica e la promozione, la parte distributiva e produttiva è affidata ai nostri partner. Adesso serviamo circa un centinaio di negozi e abbiamo aperto il primo Store a Bologna ad aprile».

5tate of Mind è presente solo in Italia al momento? All’estero?

«Per ora solo Italia, anche se il nostro core iniziale è stato partire con il claim State of Mind associato ai nomi delle città, quindi in quel periodo lì abbiamo distribuito qualcosa anche all’estero. Però per concentrarci poi sullo sviluppo del brand con una proposta completa, abbiamo dovuto tralasciare un pò quella linea, perché sarebbe stato troppo impegnativo seguirla al meglio».


Nel corso degli anni tantissimi rapper hanno provato a fondare il loro brand di streetwear e sono quasi tutti falliti molto in fretta. In molti casi, a dispetto dell’ampia fanbase, il brand non è mai riuscito a vivere in maniera autonoma. Qual è stato invece il successo di 5OM per riuscire a sopravvivere per 10 anni come brand indipendente? Anche la stessa Z€N di Guè Pequeno ora non esiste più…

«Dipende dalle persone che lo hanno curato e dalle energie che ci hanno messo. Poi bisogna anche azzeccare la cosa giusta. Z€N inizialmente lo aveva fatto poi ha avuto dei problemi di diritti, perché stampavano il Rolex, la Lamborghini…. Ogni brand ha le sue peculiarità e i suoi momenti. Dipende un po’ dalla proposta e un po’ dall’energia che c’è dietro a spingere».

Sappiamo che 5OM è nata partendo dal merch Bolo State Of Mind di Bolotov Mixtape. Quand’è che hai avuto l’intuizione che questa cosa si sarebbe potuta espandere, trasformare in un brand e andare oltre Bologna e oltre l’Italia?

«Le magliette, le giacche e le felpe andarono a ruba oltre a quello che poteva essere il mio pubblico di riferimento del rap, legato all’hip-hop. Ho visto che c’era molta energia legata all’orgoglio cittadino e ho pensato potesse essere una cosa che si poteva replicare in altre città, quindi sono partito da altre città italiane, tra quelle che sono più riconosciute e riconoscibili per lifestyle e per mentalità ovvero Napoli, Roma e Milano, aiutato inizialmente nella promozione dai Co’Sang, dai Colle der Fomento e dai Club Dogo. Visto che era andato bene questo passaggio, ho provato a replicarlo all’estero, nelle zone dove io magari avevo qualche appoggio e dove il carattere delle città aveva qualcosa di forte compreso magari un flusso turistico importante. Quindi abbiamo iniziato con Ibiza, abbiamo provato Barcellona, Amsterdam e ultima Kingston, che ci ha dato molta soddisfazione con gli artisti jamaicani… Poi la cosa è andata un po’ a scemare per indirizzare le nostre energie allo sviluppo del marchio come ti dicevo prima . Però è una cosa che è rimasta lì ed è iconica. Chi l’ha vissuta se la ricorda con molto piacere, quindi mai dire mai…»

Il passo successivo, dopo il successo di State Of Mind legato ai nomi delle città, è stato ideare nuovi “slogan” o collezioni di successo, che hanno dato la forza al brand. L’ultima collezione ad esempio è Lovers Cospiracy. Sono tutti inventate da te?

«La maggior parte sì. Sono mie idee che sviluppo insieme i ragazzi con cui lavoro».

Non è una cosa così scontata: uno può avere una buona idea all’inizio e poi affidarsi completamente ad altre persone per portare avanti il brand

«Non voglio essere presuntuoso, ma la mia mente è più creativa che logica/applicativa. Passo da un’idea a un’altra per associazioni, quindi mi viene relativamente facile trovare idee nuove. Ragiono per associazioni di idee: è una cosa che mi piace fare. A livello artistico poi mi è sempre piaciuto seguire i miei progetti a 360°, da quello che può essere l’immagine, la parte video e ovviamente la parte di concetto, che è una parte importante anche di 5tate Of Mind.”

In pratica 5tate Of Mind sei tu a 360°…

“Ovviamente da solo non potrei fare tutto, anche perché non sono un grafico. Ho dei collaboratori con cui buttiamo giù idee, ci confrontiamo e arriviamo a un prodotto finto».

Tra le varie collezioni realizzate, quali ti hanno dato maggiori soddisfazioni? Sia a livello di numeri che a livello personale?

«A livello personale, quella che mi ha dato più soddisfazione è stata quella realizzata per il venticinquennale di SXM dei Sangue Misto. Per me che l’ho vissuta da ragazzino come qualcosa di mitologico, è stata una soddisfazione enorme. Poi ovviamente tutte le collaborazioni con Noyz e Guè Pequeno, perché sono fratelli e mi hanno sempre dato l’opportunità di poter fare cose fighe lasciandomi praticamente carta bianca. Ne abbiamo fatta più di una e sono state tutte molto soddisfacenti, sia a livello di numeri che a livello di risultati stilistici. Abbiamo cacciato delle belle bombe e quelle rimangono».

Per il futuro di 5OM cosa dobbiamo aspettarci? Nuove collezioni per gli artisti con cui hai già collaborato o collaborazioni inedite?

«Le collaborazioni con gli artisti sono sicuramente una parte importante di quello che abbiamo fatto e sicuramente ce ne saranno altre, noi poi siamo sempre molto attenti ai giovani che escono fuori. Al di là di aver praticato il rap come artista, io sono proprio fan del rap. Quindi quando esce qualche ragazzo nuovo forte, mi fa piacere supportarlo e mi fa piacere se questo sentimento è reciproco».

Negli ultimi 10 anni la scena hip-hop è cambiata tantissimo, passando da un genere di nicchia a un fenomeno mainstream diffusissimo in tutta la penisola. Pensi che 5OM sia figlio di questo cambiamento o piuttosto una causa, ovvero che abbia avuto un merito in questa crescita della scena? Qual è stato il ruolo dello streetwear nella crescita della scena?

«Che 5tate of Mind abbia “contribuito” allo sviluppo della scena, mi pare un po’ eccessivo. Diciamo però che abbiamo sempre cercato di fare le cose con certi criteri, rispettando sempre certi canoni. Ancorati alle origini ma cercando di essere innovativi e originali».

Secondo me, 5OM ha fatto fare uno step importante all’abbigliamento hip-hop, passando da semplici t-shirt stampate a un marchio di riferimento…

«Beh se parliamo del nostro piccolo in Italia, sicuramente ho dato coraggio a un sacco di persone che sono venute dopo per provare a fare il proprio percorso».

Noyz Narcos 5tate of mind

Parliamo ora di musica. Il mio punto di vista è che tu abbia un grande talento. L’impressione è che la scena lo riconosca, nella musica così come nell’abbigliamento, ma che il pubblico non riesca a comprendere appieno i tuoi pezzi. Cosa ne pensi?

«Io ho una maniera di scrivere un po’ criptica, mi piacciono le metafore, mi piacciono le frasi che hanno più di una chiave di lettura e questa non è sicuramente una cosa per tutti. C’è anche da dire che non ho avuto poi quella costanza che ti permette di fidelizzare un pubblico, nel tempo. Magari i più appassionati del rap in generale mi conoscono e qualcuno si è appassionato a quello che ho fatto e che faccio, ma soprattutto negli ultimi anni la costanza è una chiave imprescindibile per tenere l’attenzione su quello che fai e di conseguenza a farlo apprezzare e capire meglio».

Nel corso degli anni hai collaborato con praticamente tutta la scena italiana. Con quali artisti ti trovi meglio dal punto di vista musicale? La cosa curiosa è che tu hai collaborato con persone molto distanti tra loro. Tanto per fare un esempio: hai collaborato con Clementino, così come con Dargen D’Amico, artisti che non hanno nulla in comune l’uno con l’altro…

«In generale farei un torto a qualcuno a dirti mi sono trovato meglio con questo piuttosto che con l’altro. Tutti i pezzi che ho fatto, con tutti gli artisti con cui ho collaborato mi piacciono e sono riconoscente a loro che hanno avuto piacere a collaborare ai miei progetti. Ogni pezzo ha una vita sua e poi ogni ascoltatore ha le sue preferenze, io in generale non ne ho una in particolare».

In passato si diceva anche che tu avessi pronto un pezzo registrato con Kaos. È vero o è una leggenda? Uscirà mai?

«È vero, ma purtroppo per questi problemi miei di poca costanza e tempi dilatati, Kaos riutilizzò la strofa in uno dei suoi ultimi dischi, credo il penultimo. Quindi, no, quel pezzo non uscirà mai, anche perché con i vari cambi di computer quel progetto l’ho perso. Dovrei chiedere a Kiquè con cui lavoro, forse nei meandri di qualche hard-disk qualcosa ha…»

Il tuo ultimo progetto Per soldi 09/15 sarebbe dovuto essere il primo 50% di lavoro, che in teoria sarebbe dovuto essere seguito da Per amore 07/17

«Esatto, una seconda metà che c’è, è lì, ma non ho mai avuto tempo e forza per farla uscire».

Dobbiamo sperarci ancora o è tipo Detox di Dr. Dre?

«No, no, è lì! Non è che dici “…non è stato fatto, è solo un’idea…”. È lì! Mi auguro di riuscire a farlo uscire prima o poi, magari quando avrò un po’ più di tempo rispetto al lavoro che sto facendo con 5tate Of Mind! 5tate Of Mind adesso monopolizza le mie giornate».

History Time. Adesso, presi dalla nostalgia, tutti spingono per una reunion dei Club Dogo piuttosto che dei Co’ Sang. Io invece spero in una reunion della PMC! Tu sei stato il primo a uscire dalla PMC, infatti il tuo secondo disco, Reloaded non è uscito sotto il marchio PMC. Se si può dire, che cosa era successo all’epoca?

«Sì, ci sono state delle incomprensioni con Fabiano (Inoki n.d.r.) e a seguire anche con qualcuno degli altri e decisi di fare il mio percorso, però non voglio male a nessuno. Poi con Fabiano ultimamente ci siamo anche riavvicinati. Sono contento se lui riesce a fare le sue cose e se ha trovato una strada per portare avanti i suoi progetti. Escludo però che ci sarà una reunion della PMC…».

Nel corso degli anni hai visto passare sicuramente molti rapper: dai pionieri, ai veterani, fino ai ragazzini. Ora come ora, chi segui della scena e su chi dovremmo puntare per il futuro? Chi ci sarà al top tra 10 anni?

«Le cose sono talmente veloci al giorno d’oggi che possono nascere e morire in brevissimo, è difficile dire chi ci sarà tra 10 anni. Molti arrivano da 0 a 100 in pochi secondi e non hanno tempo di crescere e costruirsi una visione, cercando di replicare quello che li ha portati dove sono. La longevità si crea invece quando riesci ad aggiungere sempre un pezzettino. Di ragazzi forti ce ne sono tanti, tra i meno conosciuti in particolare mi piacciono Tony Boy di Padova, Vettosi e J Lord di Napoli, ma ce ne sono tantissimi altri.. altri che mi vengono in mente Digital Astro, Heartman… Però adesso tocca a loro, usare le energie bene e trovare la propria strada».

Dal punto di vista musicale, chi erano i tuoi modelli quando hai iniziato e quali sono ora gli artisti americani che segui maggiormente?

«Ho sempre ascoltato di tutto ma tutta la scena di New York, degli anni 90 e inizi 2000, è stata parte fondamentale della mia formazione. In generale mi piaceva l’attitudine “do it yourself” costruire la propria etichetta, i propri marchi di abbigliamento e in quello Jay-z è stato un maestro! Della roba nuova, se devo dirti uno che ascolto assiduamente ora non c’è. Ascolto volentieri le cose nuove ma non riesco ad appassionarmi a qualcuno in particolare».

Pensavo che ci fosse qualcuno che ti ispirava: anche musicalmente tu sei cambiato molto. Il tuo ultimo progetto è molto attuale, anche come sound. Non sei uno di quelli rimasti a fare il rap come lo facevi 20 anni fa. Mi sembri molto attento sulle novità…

«Quello perché è un’attitudine personale: non mi piace fare sempre la stessa roba. Mi viene un po’ naturale cercare di cambiare. Perché comunque, ritornando un po’ al discorso “dallo 0 a 100, del formarsi e del trovare la propria strada” che ti facevo prima riguardo ai giovani, io non ho mai avuto, a differenza di altri, un pezzo iconico o un disco iconico. Sono stati tutti bei dischi, ascoltati, ho ricevuto complimenti, ma non ce n’è mai stato un pezzo che mi ha spinto a dire: ok, devo farlo così. Ho sempre avuto la libertà di fare ciò che mi piaceva in quel momento e dire quello che volevo dire».

Dal punto di vista musicale, cosa dobbiamo aspettarci da Rischio? Per Amore?

«Si lo spero, oltre a Per Amore ho anche degli altri pezzi pronti e in lavorazione. Adesso è tutto capire se riesco a trovare le energie e le sinergie giuste per farli uscire».

Però tu continui a scrivere e registrare?

«Sì, seppur non con una assiduità pazzesca. Non sono tutte le settimane in studio, però continuo a registrare! Purtroppo (o per fortuna) adesso le cose essendosi ingrandite, parlo della musica rap in Italia, in generale, necessitano di strutture e di passaggi che portano un disco ad uscire. Da solo, senza una struttura dietro non è semplice. Se riesco a trovare le sinergie giuste, qualcosa uscirà. Fare qualcosa per buttarla lì, non mi va. È un po’ come buttare un sassolino in un lago. Quando a una cosa ci hai dedicato sangue, sudore, sacrifici e comunque è una cosa che senti, buttare il sassolino nel lago non è una cosa che fai con leggerezza. Ci sta pubblicarlo quando c’è una struttura che può valorizzare il lavoro che stai facendo».

Ringraziando infinitamente Jimmy Spinelli per la disponibilità vi lasciamo il link per ascoltare il suo ultimo EP.

Buon ascolto!