«C’è un album in arrivo, spero prima della fine dell’anno» – Intervista a Murubutu

Murubutu intervista
Foto di Tamara Boscaino

L’Infernum Tour è ormai terminato e nel corso di questa calda estate ha portato in giro per lo Stivale l’album di Claver Gold e Murubutu uscito nel marzo del 2020: abbiamo raggiunto telefonicamente quest’ultimo per parlarne un po’.

Una nuova intervista a Murubutu sul Tour, la scuola e molto altro ancora

Domenica 22 agosto si è tenuta a Brescia una nuova data dell’Infernum Tour nel contesto della Festa di Radio Onda d’Urto, festival storico della provincia bresciana ormai vicino a compiere i 30 anni.

É stata una serata molto particolare. Inizialmente dovevamo realizzare un’intervista con entrambi, ma nel pomeriggio ci è arrivata la notizia dell’assenza di Claver per motivi personali. “É stato un po’ un casino ma è andata bene anche così” ci ha riferito il professore del rap italiano, che a causa di varie vicissitudini siamo riusciti a contattare telefonicamente solo due giorni dopo.

Possiamo però confermare quanto detto: un’ora di live tenuto da solo, con brani sia di Infernum che della sua discografia personale, e un pubblico seduto sotto il palco, pronto a cantare insieme a lui quelle strofe che lo hanno reso uno degli storyteller più forti della scena.

Questi argomenti e molto altro ancora, sono stati trattati in una nuova bella intervista a Murubutu che vi invitiamo a leggere attentamente. Dopotutto, è il prof che parla.

Buona lettura!

Sappiamo che i vostri concerti inizialmente vedevano un altro tipo di organizzazione e scaletta: come siete arrivati a scegliere i brani che effettivamente portate in giro con il Tour?

«Abbiamo scelto quelli che ci sembravano i brani più significativi ed efficaci da fare live: avremmo voluto portarli tutti in verità, forse a parte Taide che live non è particolarmente d’impatto, però alla fine in un modo o nell’altro abbiamo portato quasi tutto Infernum dal vivo. La scaletta è stata scelta in base alle dinamiche che hanno i brani, all’impatto live che abbiamo io e Claver e siamo abbastanza contenti dei risultati».

L’Infernum Tour è partito a fine giugno, quando avete suonato nella location suggestiva delle Grotte di Castellana in provincia di Bari: com’è stato? E al di là della situazione covid, lo ripetereste?

«È stato veramente bellissimo! Quelle grotte all’interno sembrano dei gironi infernali, perché hanno vari tipi di rocce e sedimentazioni diverse che sembrano disegnare i gironi. Sono bellissime da visitare e il contesto era veramente molto evocativo e suggestivo. Dal 7 al 9 settembre usciranno una serie di video girati nelle Grotte di Castellana e in cui io e Claver ci esibiamo con brani del disco e due remix inediti: è un modo per ringraziare sia l’organizzazione che le grotte stesse, che ci hanno permesso di fare un live in un posto così pittoresco».

Siete stati i primi ad esibirvi lì?

«No, hanno già fatto dei live in quelle grotte, solo che per via del Covid si sono dovuti fermare. Infatti, c’era già predisposta una posizione per il palco e, incredibilmente, ci sono suoni ottimi! Uno magari non lo direbbe, dato che ci si immagina un forte eco in una location simile, ma se ci fanno i concerti è perché l’acustica è ottimale».

A proposito di live e di Covid: vista la recente ripresa dei concerti e le varie modalità di organizzazione di questi eventi, quale ti sembra la migliore? Vedi una via di uscita?

«Secondo me la modalità con la gente seduta è per ora l’unica funzionale. Capita che i ragazzi durante i live si alzino, però io li ho sempre mandati al loro posto sia per correttezza sia per non aver ripercussioni. Pensando però ai live che stanno facendo in Svizzera o in altri Paesi con il green pass o il tampone, ritengo che nella modalità pre-Covid siano fattibili e non capisco perché in Italia non possano essere fatti. Dal momento in cui c’è il tampone negativo o la doppia dose, io non vedo perché non si possa fare quello che si faceva prima, anche perché tutto questo sforzo deve pur andare in qualche direzione, soprattutto per quanto riguarda l’ambito dello spettacolo che è stato così tanto martoriato».

Assolutamente d’accordo. Ma quindi tu e Claver, quando capita che qualcuno si alza dal proprio posto a sedere, dite al pubblico di rispettare le regole dell’organizzazione e di tornare seduti? 

«Si è successo già in quattro live. I ragazzi, in particolare sugli ultimi pezzi, si alzano e vengono sotto il palco perché giustamente hanno voglia di una dimensione molto più diretta e vicina di fruizione del live. Li ringraziamo per essere così presi bene, però è ancora presto per poterlo fare, anche perché è solo distanziamento e non verifica del vaccino e quindi è opportuno e corretto che tornino al proprio posto, anche per l’esempio che diamo a tutto il resto della cittadinanza».

Cavoli, non mi è mai capitato fino ad ora di vedere un artista prendere questa posizione durante un concerto in questo periodo…

«È capitato più volte ma lo faccio chiaramente a malincuore. Forse il pubblico che mi conosce come prof lo accetta più volentieri questo mio atteggiamento (ride, ndr)»

Passando al disco, di cui non andremo troppo nello specifico dato che ne abbiamo già parlato nella prima intervista e pure voi credo abbiate speso tantissime parole al riguardo in questo anno e mezzo dalla sua uscita, volevo chiederti una semplice cosa: perché proprio l’Inferno di Dante e non un’altra opera?

«È stata un’idea di Claver che verteva sul fatto che per molte persone la vita è un inferno. Ritrovare le vicissitudini, le sofferenze ma anche le colpe all’interno di un’opera fondamentale della letteratura mondiale come la Divina Commedia, ci sembrava un’operazione interessante e valida anche dal punto di vista culturale».

A proposito di colpe, ricollegandoci all’intervista fatta in occasione dell’uscita del disco in cui parlavamo del Covid come contrappasso per analogia per come ci siamo comportati nei confronti della sanità: abbiamo pagato abbastanza secondo te o siamo ancora nel pieno del nostro Infernum?

«Spero veramente che non ritorneremo più in una situazione di forte sofferenza della sanità perché saremmo veramente degli imbecilli a non aver tratto insegnamento da ciò che abbiamo passato. Che però la sanità in futuro non venga nuovamente erosa dagli interessi economici non ci scommetterei, anzi, darei per scontato che più in là nel tempo capiterà la stessa cosa…»

Speriamo di no…

«Speriamo di no, però purtroppo sappiamo che l’uomo tende a perpetrare i propri errori».

E con la Deluxe uscita pochi mesi fa siamo usciti definitivamente dall’Infernum di Claver e Murubutu o dobbiamo aspettarci ancora qualcosa?

«L’ultima sorpresa sono questi due remix che escono nella versione live delle Grotte di Castellana. Il capitolo Infernum è decisamente chiuso, anche se io continuerò a fare dei talk dato che siamo nell’anno dantesco. Umanamente questo tour è stata una bellissima esperienza e ci siamo parecchio divertiti io e Claver!»

Da Instagram abbiamo visto che la saga delle tesi su Murubutu continua: dal punto di vista didattico hai avuto altri riscontri in questo senso, in particolare per merito di Infernum, magari alle superiori? 

«Sì sì, mi arrivano diversi messaggi di studenti che dicono di aver utilizzato Infernum in classe o in modo più contingente hanno ascoltato le canzoni per poi tornare sull’opera originale, oppure che hanno sviluppato dei veri e propri percorsi didattici partendo da Infernum. Sono poi diversi i colleghi che mi hanno contattato per far degli incontri con i ragazzi e con gli studenti. Continua quindi l’interesse sia delle scuole secondarie, sia da parte delle istituzione culturali, tant’è che io a ottobre sarò al Festival Manzoniano, portando sempre la mia testimonianza di Infermum».

Magari avessi avuto io ai tempi del Liceo un disco come Infernum… Probabilmente avrei sopportato meglio gli endecasillabi studiati a memoria…

«Costretto a studiare a memoria corri il rischio di perdere il gusto di leggerti l’opera, certo.  Però non è che Infernum sia un album che possa sostituire il testo originale, ma può essere coadiuvato nello studio perché semplicemente tiene viva l’attenzione e la curiosità attraverso un altro linguaggio. Quello che forse alcuni colleghi non capiscono – e parlo di rapper, non di insegnanti – è che un album di questa tipologia, con tutti i suoi limiti ovviamente, è fondamentale per sdoganare il genere verso un altro pubblico, quello delle scuole, delle istituzioni culturali, degli eventi e dei festival culturali. Purtroppo c’è poca lungimiranza verso questa cosa qua, invece secondo me il rap ha tantissimo bisogno di essere un po’ sdoganato dal circuito giovanile e, soprattutto, dagli stereotipi legati al giovanilismo della microcriminalità, come gli ultimi episodi di Rondodasosa etc. etc.»

Condivido appieno, anche se ormai non mi sorprende più che un pubblico estraneo al rap, come quello dei media generalisti, non lo riesca a capire…

«È chiaro che se di fronte a un’opinione pubblica che non vede l’ora di etichettare in un certo modo, tu gli dai in pasto a piene mani cose di questo tipo, si fa veramente fatica a staccarsi dallo stereotipo. Non ci riescono a volte nemmeno critici musicali che sono cogniti di musica, figurati il pubblico generalista che non è assolutamente interessato ad approfondire…»

Volevo chiudere il capitolo scuola chiedendoti dell’anno accademico 2021/2022 ormai alle porte: come lo vedi questo ritorno a scuola?

«Io ritorno a scuola proprio domani (mercoledì 1 settembre, ndr) dopo un anno sabbatico che mi ha preservato dalla DAD. Io ci torno con tutti miei buoni auspici e buone speranze, nel senso che spero che quanto detto dal Governo sia vero, ossia garantire fino all’ultimo un anno in presenza, perché quella che c’è stata è stata una catastrofe educativa, oltre che sanitaria. Io voglio credere fortemente che sarà tutto un anno in presenza e non a distanza. Non penso che sia la vaccinazione dei minorenni che possa garantire questa cosa qui, penso che lo sia invece un supporto alla struttura dei trasporti e della scuola. Se c’è un impegno collettivo, riusciamo a garantire la presenza a scuola per tutto l’anno. Non ne possiamo veramente più di DAD, è qualcosa di pernicioso e speriamo di non doverla rivivere…»

Tornando invece al rap. La tua cultura personale e più nello specifico il tuo ruolo come professore, pensi ti rendano in automatico artisticamente incompatibile con tanti altri rapper?

«Io penso di essere incompatibile solo con i rapper che hanno dei contenuti che non condivido, ma non con quelli che li hanno differenti dai miei, ci mancherebbe. Io sono sempre aperto a conoscere e a collaborare con qualsiasi altro artista, anche se magari solitamente fa egotrip, grime o altro ancora. Ho collaborato per esempio con Mattak che fa un rap molto più performante che di approfondimento, però è veramente bravo e va benissimo così».

Mi ha infatti sorpreso vederti nel suo disco Riproduzione Vietata, nella traccia Narciso!

«Io sono fan da tempo di Mattak, ci conosciamo da molto io e lui. Era da un po’ che ci sentivamo e abbiamo realizzato più collaborazioni. È una persona estremamente umile e tranquilla, oltre che brava. Ogni volta che ci siamo visti ci siamo sempre trovati bene».

Siamo curiosi di sapere, vista la pubblicazione di Temporale, cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi progetti solisti.

«Sicuramente c’è un album in arrivo, spero prima della fine dell’anno. Dentro ci sono nuovi produttori e diverse collaborazioni che non posso anticipare. È un altro concept album come sempre, ma ho provato a sperimentare nuovi tipi di sonorità e ho provato ad evolvermi (senza capovolgere tutto quello che ho fatto finora) sia dal punto di vista della scrittura che dal punto di vista musicale».

Guarda, questa tua risposta mi dà l’assist per una più personale che volevo farti da tempo. Io ho sempre fatto fatica ad ascoltare artisti italiani che dal punto di vista della voce e del sound non riescono a prendermi pur riconoscendo il loro potenziale e la stessa cosa mi è successa anche con alcuni tuoi album precedenti a Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscoli. Da quel momento la cosa è cambiata e sono arrivato ad apprezzarti maggiormente, forse per una sorta di alchimia più forte tra la tua voce e i beat scelti che alle mie orecchie ti ha reso più appetibile. Vorrei chiederti se c’è stato un reale cambiamento o se e solo una mia impressione.

«Io credo di essere migliorato perché ho cercato di gestire la voce in modo sempre più adeguato rispetto al beat. Forse ho sviluppato anche una forma di musicalità maggiore e ho provato ad adattare meglio la mia voce. Ho sempre cercato di farlo, non è che mi sono impegnato in questo senso, è venuto naturale. Anche io, ascoltando vecchi album, noto che effettivamente c’è un suono più ostico, frutto forse anche del mixaggio o del seguente miglioramento delle macchine usate in studio. Ecco, credo sia frutto di tutte queste cose messe insieme».

Confermi quindi che c’è stata questa sorta di evoluzione costante che porterai nel tuo prossimo album in uscita?

«Sì sì, c’è e c’è una volontà di gestire la mia voce in un modo sempre più melodico, oltre che di trovare nuove forme di sonorità, anche per non rimanere ancorato sempre e solo allo storytelling. Mi ci riconosco molto ancora, ma non voglio che sia l’unica mia forma espressiva. L’obiettivo è rendere i miei brani sempre più musicali ma senza cedere sulla parte contenutistica e stilistica».

Sicuramente non ti sentiremo mai con l’autotune o robe simili!

«No, con l’autotune proprio no (ride, ndr)»

Ottimo, anche perché se no Claver si arrabbia ripensando ad alcune barre dette in passato.

Claver Gold che speriamo di ritrovare presto live, magari assieme a Murubutu per un altro album insieme.

Nel frattempo godiamoceli insieme dal 7 al 9 settembre con Infernvum alle Grotte e conversazioni dantesche presso le bellissime Grotte di Castellana.

Foto in copertina di Tamara Boscaino