The Off Season rappresenta la rinascita di J Cole

J Cole recensione the off season

Il nuovo album di J Cole, The Off Season, è il primo prodotto nato dall’epifania che ha colpito l’artista alla notizia dell’arrivo di sua figlia. Un apripista per il grande finale della sua carriera che si suddividerà in tre capitoli e sarà seguito da It’s a Boy e The Fall Off.

J Cole affila la sua spada e si prepara a restare nella storia con The Off Season

The Off Season spoglia J Cole da qualsiasi distrazione e disattenzione che lo ha pervaso negli anni in cui architettava 4 Your Eyez Only e KOD. Un momento nella sua carriera in cui la scrittura da MC si faceva più statica e prevedibile e che lo ha portato a trasformare quella grande sfida contro le regole dell’industria (non avere grandi collaborazioni nel disco) in una convenevole scusa per chiudersi nel suo mondo.

These past 5 years It’s been a fight against comfort – Applying Pressure: The Off-Season Documentary

Dopo anni di riflessione e allenamento la penna di Cole è come una spada rifinita, pronta a tagliare i cliché relegati all’artista veterano della sua generazione circondato da comfort e privilegi. Come espresso nell’interessante libro di Anthony Bozza su Eminem, essere un MC oltre che un artista Rap, richiede non solo talento ma anche disciplina.

Uno studio progressivo e fasico in cui le rime e i flow devono essere stressati in continuazione: è arte che incontra lo sport, una dicotomia che ha accompagnato J Cole figuratamente (e non) nei suoi primi anni di gloria con progetti come The Warm Up e Friday Night Lights.

Il primo brano di The Off Season non perde tempo a mettere in scena il bagaglio culturale del rapper di Fayetteville presentando mister Dipset in persona, Cam’ron. Su di un beat che richiama le migliori produzioni Hip-Hop dei primi anni del 2000, l’arroganza di Killa Cam è perfetta per ispirare Cole ad aprire le due taglienti strofe di 95. South in modo divergente.

È immediata la sensazione di trovarci dinanzi ad un nuovo capitolo per J Cole, una rinascita artistica statisticamente non necessaria considerando i suoi enormi numeri ma fondamentale per la sua passione.

Nonostante le diverse co-produzioni che hanno accompagnato i beat autoprodotti nei lavori precedenti, in The Off Season J Cole sceglie di abbandonarsi a suoni e pattern nuovi scegliendo di lavorare con giganti come Timbaland in a m a r i e altri sottovalutati come Jake One in my. life.

Proprio quest’ultima presenta un portentoso verso di 21 Savage e presenta un’altra novità, la presenza di guest-verses.

Nel grande quadro discografico odierno, la collaborazione è ormai una pratica abusata per attirare ancora più stream ma nel caso di Cole è un’ulteriore sfida posta a stimolare la sperimentazione in termini di flow e metrica.

Già in KOD Cole aveva iniziato ad assorbire i nuovi flow che stavano invadendo le classifiche del mondo ma l’esecuzione inedita perdeva di visibilità a causa dell’ennesimo concept a cui l’artista ambiva.

Il continuo sperimentare nelle 12 tracce che compongono il progetto ha portato Cole ad inciampare risultando un po’ fuori posto come in 100 mil’, ma le cadute durante l’allenamento sono tanto importanti quanto i rialzi.

Nonostante il punto più alto della discografia di J Cole è il concettuale 2014 Forest Hills Drive, i concept album arrivati dopo non hanno retto il confronto, portandoli ad inevitabili paragoni con il gigante Grammy-Nominated.

In The Off Season cambia campo, dietro questo disco non vi è un concept ma un’idea. La differenza si nota nella consistenza qualitativa e la sensazione di freschezza che pervade ogni elemento che seppure non connesso tematicamente, ci comunica che esce dallo stesso cosmo mentale.

Tutto ciò non indica una completa assenza tematica, The Off Season è lontano dall’essere un rappidy rap album puro e privo di temi. Brani come pride. Is. the.devil e close ne sono l’esempio più evidente. La prima elabora sotto forma di anthem quello che per Cole è il sentimento più diabolico provato dall’uomo, mentre la seconda racchiude in un singolo verso e in soli tre minuti le abilità autoriali di J Cole.

Da notare come anche nei brani più focalizzati tematicamente, The Off Season è un disco confezionato in uno state of mind e non in uno state of time. Mancano riferimenti agli eventi che hanno pervaso il mondo negli ultimi tempi dimostrando anche qui come J Cole sia stato capace di vivere il suo mondo per emanciparlo senza futili influenze e riferimenti politici forzati.

Nonostante The Off Season sia indubbiamente un disco più per Cole che per noi, questo non ha minimamente sacrificato la godibilità grazie a quello che forse è la qualità più preziosa del disco. Quasi nessun brano segue una struttura classica, lasciando la formula del verse-chorus-verse per fare spazio a intro impattanti, singoli versi asciugati di qualsiasi filler e outro cantati dall’incredibile Bas.

Ad aggiungersi a queste novità c’è il flow, vero e proprio muscolo di questo rinnovato braccio di ferro del North Carolina, J Cole attacca ogni strofa in modo diverso, rendendosi imprevedibile e fresco andando ad eludere le principali critiche rivolte contro di lui negli anni passati.

The Off Season è un progetto personale, non per i motivi per cui siamo abituati a sentire questa parola. Non c’è solo introspettività o una grande voglia di celebrare i propri traguardi.

C’è la fame, quella stessa che gli permise di farsi notare da Jay-Z la scorsa decade, tornata qui per preparare il grand finale di una delle carriere più belle a cui abbiamo mai assistito in questo genere.